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Humus di Pietro Guidugli

“Humus”, di Pietro Guidugli, è un titolo quanto mai azzeccato se riferito al valore fondamentale dell’agricoltura biodinamica: la continua rigenerazione del suolo in modo che lo strato di humus sia sempre ricco e nutriente.
L’agricoltura biodinamica, come l’agricoltura biologica, non fa uso di sostanze chimiche di sintesi né di OGM, ma se ne differenzia perché mescola pratiche agricole basate su evidenze scientifiche con credenze filosofiche, spirituali ispirate al pensiero di Rudolf Steiner. Chi la sostiene ne evidenzia, oltre all’attenzione all’ambiente, l’approccio in armonia con le forze della natura.
Rudolf Steiner tenne le sue celebri lezioni sull’agricoltura nel 1924 nel castello di Koberwitz, in Polonia, dove formulò una teoria secondo la quale l’azienda agricola deve essere considerata come un organismo vivente, in cui ogni singola parte contribuisce al benessere del tutto. Oltre che sulla rotazione, sulla concimazione vegetale ottenuta interrando colture per mantenere la fertilità del terreno e sull’assenza di trattamenti chimici, la biodinamica si basa sulle cosiddette influenze astrali ed energie cosmiche. L’operatività agricola segue un preciso calendario lunare e planetario. Si tratta di tecniche che sembrano riportarci alla sapienza antica dei contadini, in realtà la biodinamica utilizza delle pratiche piuttosto controverse, tanto da diventare un tema piuttosto divisivo con detrattori che a tratti la descrivono in modo quasi caricaturale, dandone un’immagine stregonesca.
In Italia le aziende che seguono i criteri dell’agricoltura biodinamica sono ancora una nicchia tuttavia in crescita, diventa quindi interessante capire meglio aiutati dalle belle immagini e dalle spiegazioni di Guidugli sui preparati che vengono utilizzati.
“I preparati vengono prodotti a partire da sostanze naturali quali letame, corna bovine, interiora di animali, quarzo, fiori di Tarassaco, Achillea, Camomilla, Valeriana, piante quali Ortica.
Fiori di Achillea millefoglie ad esempio sono posti a riempire la vescica di un cervo maschio, tenuta in estate all’aria, sotterrata per alcuni mesi e infine usata in piccole dosi a presiedere i processi legati allo zolfo e al potassio nella gestione della sostanza organica da compostare e apportare al suolo.
Il preparato 500 o cornoletame è il preparato principale. Corna di mucca che abbia partorito almeno una volta, riempite di letame freschissimo, vengono seppellite in inverno e riesumate a Pasqua. Il letame posto internamente alle corna si trasforma in humus inodore, scuro, colloidale: l’esempio di humus allo stato puro.
Viene utilizzato sciolto in acqua “dinamizzata”, cioè mescolata per un’ora creando dei vortici, a ricreare quel flusso costante che contraddistingue l’acqua in natura e far sì che le molecole d’acqua si ossigenino e mantengono “vive” anche le sostanze chimiche in esse disciolte, a partire dai preziosi sali minerali.” Queste pratiche qualche tempo fa hanno creato una certa indignazione nel mondo scientifico e una nota discussione in Parlamento, bisogna comunque riconoscere che le aziende biodinamiche non inquinano e sono sostenibili.
È con queste necessaria premessa che possiamo apprezzare il progetto di Guidugli che ci descrive le fasi del lavoro in un’azienda vinicola biodinamica della Garfagnana, in provincia di Lucca. È una piccola realtà, parte di un gruppo di altre piccole aziende sparse in tutta Italia, che produce anche preparati per questo tipo di agricoltura.
Per quanto bizzarre o addirittura alchemiche possano sembrare, queste pratiche hanno un certo fascino. Forse è quell’esigenza di armonia, di equilibrio e di cura di ogni organismo vivente a renderle attraenti in questo nostro tempo di degrado ambientale e cambiamento climatico. Un tempo che sta vivendo l’esperienza viva della catastrofe in corso e dell’esigenza di invertire l’irrazionalità di un progresso tecnologico nei suoi aspetti più nocivi per l’uomo.
Pietro Guidugli ci offre un’altra via da esplorare o comunque una bella suggestione da sviluppare per questa grande mappatura dei terreni agricoli italiani del progetto Agrosfera.

 

Piera Cavalieri

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