“A Casale Monferrato la chiamano semplicemente “la fabbrica” forse perché pronunciare la parola Eternit ci fa pensare alle migliaia di morti che i casalesi hanno pianto…” Ilenio Celoria
A Casale Monferrato ancora si muore di mesotelioma epitelioide pleurico, la causa è sempre il “polverino”, la polvere di amianto prodotta dalla lavorazione dell’Eternit. Le vittime sono anche tra chi non ha mai messo piede nella fabbrica, primi fra tutti gli abitanti della zona, un ambiente seriamente inquinato e a rischio. Compaiono dolori subdoli, fatica nella respirazione finché non si rientra nella tragica statistica che prevede un picco tra qualche anno perché gli anni di incubazione dall’ esposizione sono tra i 35 e 40. Il 1986 segna la fine della produzione. A spargere le fibre d’amianto erano stati gli stessi operai che rientravano a casa con le tute impolverate. Il trasporto dell’amianto grezzo, gli scarichi liquidi della lavorazione che raggiungevano il Po e la deposizione di polverino nell’ambiente circostante contribuirono all’inquinamento. Le lastre di eternit, che per decenni sono state usate in edilizia, possono rilasciare fibre di amianto se abrase, perforate, spazzolate o se deteriorate, con gravi conseguenze per la salute delle persone che ne vengono a contatto. Sono sufficienti bassissime esposizioni per provocare un tumore polmonare, il mesotelioma pleurico. I testimoni di quegli anni in cui la fabbrica era in funzione ed era un approdo ambito perché le retribuzioni superavano di gran lunga le retribuzioni medie, permettendo un certo benessere, raccontano di una città bianca. Non si vedevano alberi verdi, tutto era biancastro come se nevicasse. Era l’illusoria e costante nevicata della polvere d’amianto. Il ’78 fu un anno particolare, fino ad allora nessuno aveva percepito che si potesse morire, ma quando iniziarono a mancare i poco più che 50enni e tanti ad ammalarsi, arrivò la paura. Quanti di noi hanno in mente quell’ondulatino che ricopriva i tetti delle casette per gli arnesi in campagna, recintava orti, pollai, si trasformava in fioriere o quant’altro. A pensarci vengono i brividi eppure il nostro territorio ne era, o forse ne è ancora, disseminato. A giugno 2021 è iniziato il processo Eternit bis, la lotta per avere giustizia a fianco di chi soffre e dei familiari delle vittime non è terminata. Ilenio Celoria è nato proprio a Casale Monferrato e ciò probabilmente spiega la potente necessità espressiva della tragedia e l’efficacia del risultato. La forza di questo lavoro sta anche nell’essere composto di scatti fatti in un lunghissimo arco di tempo, vent’anni, dove presente e passato si mescolano senza un ordine cronologico. L’autore ci lascia intravedere i colori scomparsi, “sono immagini che hanno perso quasi completamente il colore, immagini che presto, forse, diventeranno un ricordo” afferma. Un passato doloroso che però non è ancora sbiadito e di cui non ci si può liberare facilmente. Negli anni tutti i rifiuti contenenti amianto abbandonati nelle discariche abusive hanno devastato l’ambiente e la salute dei cittadini. Bruciarli per non lasciare tracce ha prodotto roghi altamente tossici. Ne hanno sofferto anche gli animali, compresi quelli domestici a noi più vicini e le piante che hanno perso stabilità per l’amianto negli stagni e nei corsi d’acqua.
Piera Cavalieri
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