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Fotografia e performance per sensibilizzare sulla preservazione dell’Ambiente: Liu Bolin, l’artista invisibile

Riconnettersi con la natura, entrare in un’intimità così stretta fino a sparire in essa per sentire di farne davvero parte. Liù Bolin sembra evocare questa via e l’appassionata  riflessione di Susanna Bertoni sulla potenza di queste straordinarie interpretazioni è anche un importante spunto per immaginare la fotografia ecologica del futuro, in tutte le sue declinazioni. Forse dovrà sovvertire il punto di vista e considerare, come sostiene il nuovo ecologismo, che tutte le forme di vita sono unite in un’unica grande rete di relazioni. La responsabilità e la cura sarebbero la migliore delle conseguenze.

Piera Cavalieri

 

 

Fotografia e performance per sensibilizzare sulla preservazione dell’Ambiente: Liu Bolin, l’artista invisibile.

 

Siamo davanti a quattro fotografie concettuali, di una potenza devastante, del fotografo-performer Liu Bolin, detto l’”Uomo invisibile”. Un artista di fama mondiale, noto per avere unito, nelle proprie opere, la fotografia, la performance (di cui egli stesso è attore) e l’arte del camouflage, ribaltando, quindi, il consueto rapporto fotografia/performance, qui non il fine ma lo strumento per arrivare al messaggio lanciato dall’immagine finale. 

Pur essendo affermato, richiestissimo, anzi, nell’ambito della fotografia commerciale e pubblicitaria, non nega il proprio supporto alle grandi battaglie sociali dalla parte degli ultimi e degli oppressi, senza mai snaturare la sua cifra stilistica, ormai sua firma inconfondibile, conscio di riuscire a catalizzare l’attenzione di un pubblico enorme. Si fa carico, quindi, di portare a conoscenza dell’opinione pubblica, attraverso le proprie opere, fatti spesso intenzionalmente minimizzati, distorti o tenuti nascosti dall’informazione mainstream.

Non poteva non avere a cuore il problema dell’inquinamento ambientale in Cina, il Paese dove è nato e dove tutt’ora risiede. Fra i molti suoi lavori sul tema, sono interessanti, in particolare, quattro fotografie che denunciano, con una forza straordinaria, questa piaga della contemporaneità. Nella prima, forse la più nota, “Dongji”, 2015, un gruppo di persone è mimetizzato contro gli alberi scheletriti e apparentemente privi di vita di un bosco autunnale, avvolto da una nebbia densa che richiama lo smog causato dalle lavorazioni industriali. L’effetto finale è quello di uno scenario post-atomico, quasi surreale.

Nella seconda, “Coal Pile”, del 2010”, l’artista scompare contro un cumulo di carbone che rappresenta, nel Paese, il combustibile più utilizzato, fortemente inquinante in termini di produzione di CO2 e polveri sottili, malgrado l’impegno assunto dalla Cina davanti al mondo a rivolgere l’attenzione verso le fonti di energia rinnovabili.

La terza, “Cancer Village”, del 2013, riguarda alcuni abitanti di un villaggio nella provincia dello Shandong, dove l’aria, l’acqua ed i terreni agricoli sono fortemente inquinati dagli scarichi industriali del comprensorio. Li ritrae in un campo di grano, sul cui orizzonte si stagliano le sagome delle industrie dalle ciminiere minacciose. Il camouflage ancora una volta, fa letteralmente sparire uomini, donne e bambini che prendono le sembianze e le forme di ciò che li circonda, pressoché invisibili, come tanti fantasmi immobili. Gli esseri umani, rispetto alle fabbriche, sono infatti completamente annientati, sono nullità, sono senza voce, sono trasparenti.

La quarta, “Greenbelt”, 2010, ricorda l’importanza del verde, una protesta contro la deforestazione a scopi agricoli-commerciali-industriali.

Il messaggio lanciato da queste metafore vuol essere un monito alla nostra generazione per preservare la Natura e, di conseguenza, la vita che da essa dipende. Sono opere che puntano il dito contro la logica imperante dello sfruttamento delle risorse naturali, della produzione indiscriminata e del profitto ad ogni costo.

Quale insegnamento può trarne chi si trova ad affrontare il nostro progetto nazionale “Ambiente Clima Futuro”? Che è possibile affrontare una tematica solitamente indagata attraverso il genere documentario anche con il linguaggio concettuale, meno diretto ma altrettanto incisivo. Con pari forza, possiamo certamente aggiungere.

Susanna Bertoni

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