Le pietre dei trulli ( dei tetti ) sono piatte, quasi affilate, simili a selce, scure e screziate, del colore di una vecchia corteccia. Certe volte scoloriscono in un rosa slavato. Non sono raffinate, ma sgrezzate alla meglio. Più o meno sfalsate, accostate, digradano in circonferenze sottili, ognuna, scendendo, leggermente più ampia della precedente – benché questo andamento discreto, guardando da una certa distanza, sfumi letteralmente, cosicché il tetto sembrerà dolcemente conico. Ad uno sguardo complessivo, dal belvedere, i tetti richiamano tanti nidi di rondine capovolti. Ed è pieno di rondini, qui, folli,agitate e fulminee prima del tramonto come dopo la sirena antiaerea. In cima, i tetti, sono sigillati da una colata di calce che sembra un tappo di cera: un cappuccio dal quale si innalzano piccoli caratteristici pennacchi, forme diverse ma che si ripetono, e di cui si può fare un catalogo. Sono puntali, cuspidi, alfieri, pomelli, calici ( ho visto anche un grande vaso ). Laddove le pendici dei tetti si incontrano, scorrono canali per il deflusso delle acque, scivoli con piccoli salti che sporgono fuori, verso la strada, e sui tetti, frequentemente, campeggiano grandi disegni – sempre in calce – simili a simboli runici o rupestri. Non ho ben capito se ogni tetto designa un trullo o che so, comunque, ad ogni edificio in muratura corrispondono spesso due o più tetti, e altrettanto spesso ad ogni tetto corrisponde un numero civico. Anche se non è una regola generale. C’è poi da dire che i tetti cominciano da altezze variabili, a seconda dell’inclinazione del terreno, o per altri motivi che mi sfuggono. Non c’è un trullo perfettamente uguale all’altro. Gli intonaci sono bianchi come gusci d’uovo, oppure, nel caso di quelli meglio curati, come neve fresca e ancora compatta. Quando le pietre dietro l’intonaco sono più aggressivamente visibili, allora tutto il muro pare un pezzo di sapone artigianale. Altre volte – rarissime – l’intonaco non c’è proprio. Le strade sono o piccoli magici interstizi, o grandi vie maestre affollate di turisti ( quasi tutti stranieri ), ma sono sempre asfaltate, e di un asfalto fresco, bello scuro. Un discreto sopruso storico che però paradosso vuole contribuisca a potenziare l’effetto bicromatico che tanto abbacina, qui. Se è possibile attribuire ad un luogo un’aurea, non sarà tanto il luogo in sé, ma l’aurea a renderlo memorabile. A renderlo visitabile, e, in ultima istanza, fecondo dal punto di vista turistico. L’aurea del Pantheon è la maestosità. Quella di Mont Saint Michel il fiabesco. Sono solo due esempi. L’aurea dei trulli mi rimane a lungo oscura, finché credo di capire. Stilo una lunga lista di aggettivi sulla mia moleskine per avvicinarmi al punto. Ciò che affascina, qui, mi sembra di capire, è la raffinatezza estetica ottenuta in maniera tanto artigianale, primitiva e apparentemente futile, e la sensazione complessiva non è tanto di trovarsi in un luogo romantico ( malgrado poi affittino camere per una sola notte d’amore ), bensì in qualcosa che assomiglia ad una creazione infantile, e che della creazione infantile possiede i caratteri del surrogato: grazioso, gracile, con la praticità che sembra sacrificata all’estetica. Come una magnifica torta fatta col pongo. D’altro canto, l’abitabilità – benché, in realtà, persista – è diventata un motivo curioso col quale attirare i turisti, almeno nel Rione Monti, pieno di negozietti di souvenir dalla ricca e poco attinente cianfrusaglia, perché nessuno più se l’aspetta. Un cartello, in un angolo, recita: “Al numero 40 visitate il trullo abitato”.
Matteo Fulimeni
“grazioso, gracile, con la praticità che sembra sacrificata all’estetica”…. ci sono stata quando ero bambina, ma le immagini che ho negli occhi si adattano perfettamente a questa descrizione, non avrei saputo trovare parole migliori! Sono perfettamente d’accordo! E comunque il cartello del trullo in affitto per una sola notte d’amore è divertentissimo, foto decisamente necessaria!
i trulli,
bessissimi rarissimi e carissimi !!!