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Una sola notte d’amore.

Alberobello (BA) – Se è possibile attribuire ad un luogo un’aurea, non sarà tanto il luogo in sé, ma l’aurea a renderlo memorabile. A renderlo visitabile, e, in ultima istanza, fecondo dal punto di vista turistico. L’aurea del Pantheon è la maestosità. Quella di Mont Saint Michel il fiabesco. Sono solo due esempi. L’aurea dei trulli mi rimane a lungo oscura, finché credo di capire. Stilo una lunga lista di aggettivi sulla mia moleskine per avvicinarmi al punto. Ciò che affascina, qui, mi sembra di capire, è la raffinatezza estetica ottenuta in maniera tanto artigianale, primitiva e apparentemente futile, e la sensazione complessiva non è tanto di trovarsi in un luogo romantico ( malgrado poi affittino camere per una sola notte d’amore ), bensì in qualcosa che assomiglia ad una creazione infantile, e che della creazione infantile possiede i caratteri del surrogato: grazioso, gracile, con la praticità che sembra sacrificata all’estetica. Come una magnifica torta fatta col pongo.

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Le pietre dei trulli ( dei tetti ) sono piatte, quasi affilate, simili a selce, scure e screziate, del colore di una vecchia corteccia. Certe volte scoloriscono in un rosa slavato. Non sono raffinate, ma sgrezzate alla meglio. Più o meno sfalsate, accostate, digradano in circonferenze sottili, ognuna, scendendo, leggermente più ampia della precedente – benché questo andamento discreto, guardando da una certa distanza, sfumi letteralmente, cosicché il tetto sembrerà dolcemente conico. Ad uno sguardo complessivo, dal belvedere, i tetti richiamano tanti nidi di rondine capovolti. Ed è pieno di rondini, qui, folli,agitate e fulminee prima del tramonto come dopo la sirena antiaerea. In cima, i tetti, sono sigillati da una colata di calce che sembra un tappo di cera: un cappuccio dal quale si innalzano piccoli caratteristici pennacchi, forme diverse ma che si ripetono, e di cui si può fare un catalogo. Sono puntali, cuspidi, alfieri, pomelli, calici ( ho visto anche un grande vaso ). Laddove le pendici dei tetti si incontrano, scorrono canali per il deflusso delle acque, scivoli con piccoli salti che sporgono fuori, verso la strada, e sui tetti, frequentemente, campeggiano grandi disegni – sempre in calce – simili a simboli runici o rupestri. Non ho ben capito se ogni tetto designa un trullo o che so, comunque, ad ogni edificio in muratura corrispondono spesso due o più tetti, e altrettanto spesso ad ogni tetto corrisponde un numero civico. Anche se non è una regola generale. C’è poi da dire che i tetti cominciano da altezze variabili, a seconda dell’inclinazione del terreno, o per altri motivi che mi sfuggono. Non c’è un trullo perfettamente uguale all’altro. Gli intonaci sono bianchi come gusci d’uovo, oppure, nel caso di quelli meglio curati, come neve fresca e ancora compatta. Quando le pietre dietro l’intonaco sono più aggressivamente visibili, allora tutto il muro pare un pezzo di sapone artigianale. Altre volte – rarissime – l’intonaco non c’è proprio. Le strade sono o piccoli magici interstizi, o grandi vie maestre affollate di turisti ( quasi tutti stranieri ), ma sono sempre asfaltate, e di un asfalto fresco, bello scuro. Un discreto sopruso storico che però paradosso vuole contribuisca a potenziare l’effetto bicromatico che tanto abbacina, qui. Se è possibile attribuire ad un luogo un’aurea, non sarà tanto il luogo in sé, ma l’aurea a renderlo memorabile. A renderlo visitabile, e, in ultima istanza, fecondo dal punto di vista turistico. L’aurea del Pantheon è la maestosità. Quella di Mont Saint Michel il fiabesco. Sono solo due esempi. L’aurea dei trulli mi rimane a lungo oscura, finché credo di capire. Stilo una lunga lista di aggettivi sulla mia moleskine per avvicinarmi al punto. Ciò che affascina, qui, mi sembra di capire, è la raffinatezza estetica ottenuta in maniera tanto artigianale, primitiva e apparentemente futile, e la sensazione complessiva non è tanto di trovarsi in un luogo romantico ( malgrado poi affittino camere per una sola notte d’amore ), bensì in qualcosa che assomiglia ad una creazione infantile, e che della creazione infantile possiede i caratteri del surrogato: grazioso, gracile, con la praticità che sembra sacrificata all’estetica. Come una magnifica torta fatta col pongo. D’altro canto, l’abitabilità – benché, in realtà, persista – è diventata un motivo curioso col quale attirare i turisti, almeno nel Rione Monti, pieno di negozietti di souvenir dalla ricca e poco attinente cianfrusaglia, perché nessuno più se l’aspetta. Un cartello, in un angolo, recita: “Al numero 40 visitate il trullo abitato”.

Matteo Fulimeni

 

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

 

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© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

2 Responses to “Una sola notte d’amore.”

  1. Lucia scrive:

    “grazioso, gracile, con la praticità che sembra sacrificata all’estetica”…. ci sono stata quando ero bambina, ma le immagini che ho negli occhi si adattano perfettamente a questa descrizione, non avrei saputo trovare parole migliori! Sono perfettamente d’accordo! E comunque il cartello del trullo in affitto per una sola notte d’amore è divertentissimo, foto decisamente necessaria!

  2. franco oliva scrive:

    i trulli,
    bessissimi rarissimi e carissimi !!!

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