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La notte prima del weekend.

Sarnano (MC) – Ma nelle belle e pungenti giornate di fine febbraio, che seguivano le ultime tempestose nevicate figlie di un fronte freddo balcanico, o di una staffilata scandinava che piombava come una rasoiata su tutto l’adriatico, a suon di bora o tramontana, l’altresì nota “coda invernale”, a quei tempi niente era in grado di rivaleggiare con l’idea di addentare il pane fresco e croccante del panino del camion dei panini di Sarnano, farcito di prosciutto dolce, sottile e buonissimo, prima di affrontare le piste, mille metri più su. Il sapore del panino del camion dei panini di Sarnano è rimasto ineguagliato, nella mia memoria. Niente può scalzarlo. Il camion dei panini se ne stava defilato nella piazza, vicino al monumento dei caduti. Scesi a sera dalle piste, era tutto un chiarore di neon. Lo attorniavano auto in sosta, con le quattro frecce lampeggianti, e un gran numero di sciatori intirizziti, strizzati e intabarrati, stanchi morti, in doposci, spesso con famiglia al seguito, che ordinavano molteplici cartocci di patatine. Dorate e cotte con olio sempre fresco, venivano servite in quei piccoli imbuti di carta oleosa, occasionalmente guarnite di salse, e munite dell’apposito stecchino. Gli sciatori le consumavano in viaggio, per non farle raffreddare.

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Il due luglio, anche se è sabato, in piazza a Sarnano manca il camion dei panini. Oggi piove ed è squallido. Prima di uscire dal camper me ne sto a guardare catatonico il fumaiolo che dalla sigaretta di G, seduto al tavolino, con la cicca sporta dal finestrino, si avvita e transita veloce oltre l’oblò della zona letto. Siamo in un parcheggio terrazzato, sotto il borgo antico. E’ lucido di pioggia, e l’asfalto si è fatto più nero. I monti scompaiono dietro nubi pesanti e compatte. Ma nelle belle e pungenti giornate di fine febbraio, che seguivano le ultime tempestose nevicate figlie di un fronte freddo balcanico, o di una staffilata scandinava che piombava come una rasoiata su tutto l’adriatico, a suon di bora o tramontana, l’altresì nota “coda invernale”, a quei tempi niente era in grado di rivaleggiare con l’idea di addentare il pane fresco e croccante del panino del camion dei panini di Sarnano, farcito di prosciutto dolce, sottile e buonissimo, prima di affrontare le piste, mille metri più su. Il sapore del panino del camion dei panini di Sarnano è rimasto ineguagliato, nella mia memoria. Niente può scalzarlo.

Il camion dei panini se ne stava defilato nella piazza, vicino al monumento dei caduti. Scesi a sera dalle piste, era tutto un chiarore di neon. Lo attorniavano auto in sosta, con le quattro frecce lampeggianti, e un gran numero di sciatori intirizziti, strizzati e intabarrati, stanchi morti, in doposci, spesso con famiglia al seguito, che ordinavano molteplici cartocci di patatine. Dorate e cotte con olio sempre fresco, venivano servite in quei piccoli imbuti di carta oleosa, occasionalmente guarnite di salse, e munite dell’apposito stecchino. Gli sciatori le consumavano in viaggio, per non farle raffreddare. Poi tornavano a casa, a guardare i programmi della domenica sera, sotto pesanti plaid, coi termosifoni a un milione. Cioè, questo è quello che facevo io. Io guardavo la Corrida, per dire. Quando c’era Corrado. La piazza di Sarnano è quadrangolare, questo è incontrovertibile. La strada, che sfocia nella piazza dopo un lungo percorso curvilineo che sale da colli più modesti, fa un periplo attorno ad un sobrio giardinetto e ad un parcheggio, dove è quasi sempre impossibile trovare parcheggio, eppoi prosegue verso i monti: una salita ripida e costellata di tornanti che, dove il sole non batte, diventano infidi, spesse coltri di ghiaccio da affrontare con sottile perizia. I vecchi presidiano i bar, le pizzerie e le botteghe tipiche lungo il perimetro della piazza. Ce ne sono moltissime. E anche di vecchi. Presidiano pure la farmacia. E l’Hotel Termale.

L’avveduto sciatore, giunto nella piazza, con una breve valutazione di umidità e temperatura, può decretare con buona approssimazione lo stato della neve mille metri più in alto, una neve quasi sempre precaria, continuamente a rischio di essere spazzata via da repentini riscaldamenti il più delle volte dovuti a sciroccate maligne, che spesso giungono con crudele puntualità la notte prima del weekend, e che sono inesorabili. Ricordo ancora il silenzio di morte di quelle notti, laddove, nelle più vive speranze, si preparavano accanite delusioni: gli sci pronti sul pianerottolo, gli scarponi nelle guaine, la voglia di saltare la colazione per mangiare il panino del camion dei panini. Cosa che poteva avvenire anche se la neve non c’era. Il camion dei panini assumeva dunque i contorni di una garantita consolazione. In quelle giornate a Sarnano sembrava primavera; la luce era giallo intenso e faceva caldo. La gente girava senza aver bisogno del duvet, e con le maniche dei maglioni – o delle camicione di pile – tutte arrotolate. A vedere le piste ci s’andava comunque, chiedendosi se avrebbero retto fino al prossimo finesettimana: le si osservava apprensivamente deperire e sciogliersi e colar giù in rumorosi rigagnoli neri.

Matteo Fulimeni

 

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

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