copertina020_ALB4492

Ilaria ha i capelli impigliati.

Lecce – Quaderno Pugliese

X

Nascosto oltre la china di un brullo affioramento, ripida, disseminato di rocce calcinate e nodose,  il lago del diavolo sta affondato, rotondo e allacciato da una fitta massa di giunchi altissimi e dalle teste lanose,dentro a una vecchia cava cilindrica dalle pareti rosse e scistose e dai calanchi malleabili e rigati, parecchio profonda. I giunchi fanno nel vento un lento movimento sedativo e frattale, agitandosi mollemente, asincroni e sfocati nella distanza. Sulla pellicola del lago, verde nafta, si rincorrono onde ad alta frequenza, come tanti piccoli, costanti fremiti, e spesso una raffica impetuosa accende sulla superficie, fulminea, lucente, un’aurora boreale di vapore. Proprio il vento dà vita, in alto, ad una sequenziale struttura di dune, ossidate, rosse e guarnite di dure praline di bauxite quasi avvitate nella terra, di arbusti friabili che terminano in stelle dalle raggiere ischeletrite e pini verde elettrico ancorati al terreno, bassi e gonfi, negli spiragli dei quali il vento trova una sua  partitura eclettica, oltre allo schianto impetuoso di oggi, fischi e brusii e ronzii e sbuffi caldi, surreali come i colori che impattano sul cielo cristallino, netto e appeso sopra un mare blu minerale dal quale si erigono, chiari fin da qui, improvvisi pennacchi bianchi che appassiscono e spariscono come strani animali marini in un tempo dilatato dalla lontananza.

XI

Tardo pomeriggio, direzione Lecce, un’altra masseria, come un piccolo arcipelago sugli argini di un asfalto nero smozzicato. Sembra senza fondamenta, posata lì da una mano di bambino, ariostesca, arabeggiante, il bianco dell’intonaco che luccica alla luce sbieca e quasi abbaglia, la merlatura semplice e fiabesca un seme di ramino. Quella che pare una nuda chiesetta a fare da spartitraffico. Soffia ancora del vento, l’erba è uno strato confuso di polvere grigia, una pelliccia di fibra sottile e offuscata che sfarina, e dai muri sbrecciati tutt’intorno, che precipitano e franano in sballottii di pietre tonde e scure e lisce, si inarcano, prostrate appena, le chiome pensili di pini molto alti a pennellare il cielo in abbozzi di archi verticali e semicircoli: nel celeste tenace e protocrepuscolare sbaffi e pugni bianchi di nubi fugate dal vento. Ilaria ha i capelli impigliati negli occhiali da sole, in un’entropia di lunghe ciocche sempre più sottili: le scatto una foto da dietro il parabrezza, che sporco com’è nel controluce, sembra smerigliato, e la nasconde.  

Matteo Fulimeni

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

Lascia un commento