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Polveri sottili.

Parma – La mattina era nebbiosa, nebbia in tutta la città, traffico al rallentatore, fumi di scarico, fumaioli. Drappi e ragnatele di nebbia che cadevano depravatamente dai lampioni, quella mattina, e dai rami degli alberi ossuti, come un’ estensione fuori controllo del grigio delle strade. Freddo. [ E la gente sofferente intorno alle pensiline, e i cappotti brutti, frusti. Disgustoso. Gli autobus disgustosi. Sentivo una difficoltà di esistere. Proprio quella mattina, ovvio. Di quel libro ricordo solo il titolo. La difficoltà di esistere, dico, di Cocteau. L’ho letto in treno. Per far colpo. Non ha funzionato. Ero giovane. Mi piaceva la Francia di quegli anni. Trovavo solo amiche. Volevo…non lo so che volevo ] (Adoro queste giornate di autunno inoltrato, e la nebbia, e anche lo smog. Mi piace anche lo smog. Riesco ad andare dappertutto provando una specie di intimità; di intimità ambulante. Davvero. E’ come se non ci fosse una cosa in grado di violarmi veramente. E, si, quella mattina, il mio desiderio più grande sarebbe stato di fare una lunga passeggiata sotto i portici, e prendere un tè da sola. Sedermi e ordinare un tè. Questa, come posso chiamarla?, nuova “autonomia”, mi fa sentire al sicuro, al di là di tutto. E poi, forse, avrei telefonato alle prime tre persone care che mi venivano in mente, un piccolo gesto creativo – a parte lui; che mi è ancora caro. Si, poi passare da mia madre, più tardi. Ma c’era…dovevamo fare quella cosa ) [ Una giornata di merda, sotto ogni aspetto ]. Firmano le carte del divorzio in un ufficio con la carta da parati gialla, nuova, i battiscopa grigi, nuovi, e i riscaldamenti spenti, verniciati di fresco. Dalla finestra dell’ufficio, pulitissima, si vede un cortile inutile, senza panchine, con un vecchio che presiede ai bisogni del suo cane, sul terreno duro e ghiacciato. Lui fissa a lungo la scena. L’avvocato è giovane; il suo dopobarba, forte. Il marito è medico, la moglie ( mi sono presa- sono  in aspettativa, ho diversi progetti interessanti, è un momento chiave ) [ Non li realizzerà. Nemmeno uno. Non realizzerà nemmeno uno dei suoi progetti del cazzo, i suoi sciocchi progetti femminsti, tipo quello del catering. Si può aver un’idea più? E’ un’idea adolescenziale, cazzo. Posso arrivare a giurare che le è venuta in mente quella volta che dopo la pazzesca litigata si è messa a guardare Hannah e le sue sorelle con le sue amiche fattone, a casa delle sue amiche, su quello stupido divano per sole donne; povere, aride, sciocche amichette drogate eternamente studentesse. Trent’anni hanno! Si arenerà, si impantanerà, tornerà da me, dirà di essere confusa, anche se adesso sembra decisa. E a quel punto cosa farò? Quando tornerà, dico. La rivorrò con me? Gli farò pesare tutto? Ma so che tornerà, non è mai stata decisa. Non ha mai deciso niente. E le sue amiche! Si odieranno. Sono donne. Si odieranno. Saranno disposte – mi scoperò la sua amica. La farò stare malissimo, la farò pentire. Le metterò una contro l’altra. La sua amica tettona, proprio lei ] (L’importante è ritrovarmi. Non so dove mi sono persa, dove ho cominciato a perdermi.  Ci sono delle persone che mi aiutano. E’ un momento delicato, di svolta. C’è una persona che mi aiuta. Sento una grande tenerezza, per questa persona. Ho un bravo, non lo voglio chiamare dottore. E’ bravissimo, posso chiamarlo quando voglio, anche a casa, di una comprensione umana infinita, che non avrei sperato, da un dottore. Ma lui – io non voglio chiamarlo così. Mi sento coccolata. Di una gentilezza. E’ tutto meno che un dottore. Non mi sento affatto sola.  Tutti mi stanno aiutando, e sento che anch’io mi sto aiutando. Sento il calore, attorno a me. Mi sento forte. Mi voglio bene, finalmente. Non mi sono mai sentita così forte. A dirla tutta, non mi sono mai sentita così bene. Sono serena ) [Ecco come la penso: le cose orribili, quando succedono, non ti lasciano il tempo di avere paura di loro. Succedono e basta. Ed è per questo che ti traumatizzano: perché non ti lasciano il tempo di spaventarti. Perciò quando in ambulatorio trovo dei pazienti con le fobie li tratto abbastanza implicitamente da imbecilli, dato che passano il tempo ad avere paura di una cosa che non ti lascia il tempo di averne paura. Non so se faccio bene. La mia è una forma di crudeltà irresistibile. Questi fobici convinti di avere una seconda vita. Comunque, non sono uno psichiatra, un friggicervello. Invece no, le cose orribili succedono. Compreso il divorzio. Mi ricordo negli anni novanta, dove abitavo io, al mio paesino, era scandaloso, in pochissimi, pochi esemplari. E da allora per me è una cosa orribile. Un fallimento vero e proprio. Mi vergogno a parlare con i miei, in questi giorni. Io avevo giurato. Io, noi…quando mai? Diversi, noi, ci si può scommettere, fuori dai tempi. Le cazzate. Le sterminate liste di cazzate, cazzo. E non so proprio quand’è che abbiamo imboccato la strada per arrivare a questo punto, senza nemmeno accorgercene, come quando muore un parente, che lo sai quando è già morto, e non sai com’è che – abbiamo firmato le carte, insomma. Mia madre ce l’ha con lei. Io le dico: mamma, la colpa è di tutti e due. Ma non lo penso. Sono arrabbiato e adesso siamo per strada. La nebbia. E’ tutto finito. Dieci anni chiusi con una firma. Dio Cristo. Credo che lei vada dallo psichiatra. Dio Cristo. Dio Cristo. Chi l’avrebbe mai detto. Quella mattina che ha dovuto dirmi che la mia risata era sempre amara. Lei. La mia risata. Diceva che era la mia qualità. Che la riempiva di joie de vivre, cazzo, le cazzate, le cazzate ] ( Non sorrideva più come una volta. Sempre sardonico. Acido. Metteva tutti alla gogna. Era un sorriso amaro. Rassegnato. Conclusivo ). Per rendere tutto più ufficioso e meno doloroso, fanno una passeggiata sotto i portici, di comune accordo. Lui è molto gentile con lei. Lei è molto gentile con lui. C’è della complicità e del disagio [ Questa sua tranquillità è disarmante, come se tutto questo fosse normale. Ciao. Ti amo. Sposiamoci. Voglio dei figli. Non ti amo più. Vattenaffanculo – Firmate! Che senso ha, camminare qui con lei? Che ruolo ha, ormai? Chi è lei? E io, chi sono? E che ruolo ho, adesso? Ah. Sono sicuro che, a parte i suoi insignificanti progettini, i suoi futuribili palliativi, il suo futuro non ha vere incognite. Le questioni cruciali sono tutte sistemate. I bagagli fatti. I voli presi. E’ così. E’ così. Potrei prenderla a bastonate e non tirerebbe un urlo. E’ invincibile. Sono io. Sono io che – dovevo darle dei figli. Non mi sentivo pronto. La mia insicurezza mi ha condannato. Ma se poi mi avesse lasciato? Ci sarebbero andati di mezzo anche loro. La prole. Si sarebbe stancata con la prole ancora incontinente. Non finisce una cosa. E’ sconclusionata e con le amiche fattone] ( Gli voglio ancora bene. Mi piacerebbe che io e lui, beh, mi piacerebbe che ). Prendono un caffè al caffè del centro commerciale. Lei non prende il tè che avrebbe voluto prendere ( lo prenderò dopo, da sola, lo prenderò domani ). La barista del caffè è una ragazza dell’est guardinga ed esterrefatta, con una brutta voce, un fisico sopra la media, fredda e quasi marziale, un tatuaggio pacchiano a ghirigori che affiora dai pantaloni a vita bassa con una parannanza scura arrotolata, un portamento consapevole. Dopo un momento troppo lungo di silenzio simili a quelli della gente che si è appena conosciuta, lui dice fra sé, facendo in modo che lei senta – o dice a lei come se lo dicesse fra sé – [Cioè, capito? Le ho chiesto come sarebbe stato andare a letto con la barista. Come direi a uno dei miei amici. Così. Di punto in bianco. Che è stato un po’ come spolettare la granata e lanciarle addosso la spoletta. Ma poi, perché l’ho fatto? ] Ha usato l’espressione “andare a letto”. Non ha usato “scopare”, non ha usato  “fare sesso”, non si è azzardato a usare “fare l’amore”. Lei, nella sua risposta, usa invece un’altra espressione. ( Gli ho detto che secondo me sa la poteva fare, che secondo me lei ci stava, con un tipo affascinante come lui. Non sapevo che dire. ) [SSSBANG! – Dio Cristo] ( Qualunque cosa gli avessi detto, gli avrei fatto male. L’ho guardato un po’, mentre cercava di non darlo a vedere, che c’era rimasto male. Gli voglio ancora bene. E’ un bambino, alla fine. Alla fine, non sono che bambini ) [ Cercavo di capire perché l’avevo fatto, perché le avevo detto quella cosa. Che cosa speravo di ottenere? Coglione. Ferirla? Coglione. Volevo ingelosirla?  Che perspicacia. Tutto quel po’ che sapevo sulle donne, non è valso a niente. La figura di merda. Idiota. Idiota e coglione. Sentivo una specie di violento desiderio di urlarle addosso tutti gli epiteti più sofisticati e temibili,  perché comandava lei, non c’era verso ] ( Non sono che bambini, e tocca a noi prendercene cura ) [ Non sono misogino, è la situazione che mi rende nervoso, è la situazione che la rende una troia ]. Poi, in libreria, dove dodici anni prima lui l’ha baciata all’improvviso mentre lei consultava assortamente un libro di economia aziendale – una mossa che gli era sembrata geniale e imprevedibile. Lei spulcia dei libri, lui li commenta, insieme si muovono fra gli scaffali. Dice che tutto quello che è stato prodotto dall’editoria italiana degli ultimi vent’anni è indegno, lezioso e sentimentale, e che per comunicare un buon sentimento, scrivendo, di tutto c’è bisogno tranne che di leziosaggini e sentimentalismi [ quei suoi romanzetti che sembrano libri di self help, triti e senz’anima ] ( A trentasette anni sarebbe il caso che qualcuno gli spiegasse che il suo sentirsi esperto di tutto non lo aiuta sul piano della simpatia. E anche che non può essere esperto di tutto davvero. Sarebbe il caso che qualcuno gli spiegasse che leggerezza non significa menomazione mentale. Questa sua seriosità. Quando gli è presa? Di questa, mi sono innamorata? Non mi era parso così. Perché è cambiato? La sua risata degli ultimi anni, sempre amara. Il suo giudicare tutti, come uno che non ha più niente da imparare ) [ La verità è che vorrei fare l’amore adesso, ancora, da qualche parte, va bene ovunque, purché lo facciamo. Lo facciamo? Ti piacerebbe? ]. Vanno a pranzo. Sanno che è l’ultimo atto. Il ristorante è in pieno centro e pieno di gente. Si sentono le posate e la gente che parla. [Vorrei che questa gente non ci fosse ] ( Devo telefonare a mia madre ) Oltre la vetrata appannata e scivolosa si vedono spettri con le ruote realizzare sulla piazza inquietanti incroci, apparizioni e sparizioni nella nebbia fitta e artigliante. Lui ordina filetto al pepe verde. Lei ordina cous cous col curry – è venuta in questo ristorante perché qui lo fanno. (Sono sicura che ha da dire sul curry ) [ Il curry puzza della puzza di cui devono puzzare i piedi restati ammollo a lungo nella puzza. Questo suo esotismo culinario à la page fa il paio con la storia del catering. Sono sicuro che se fossimo da soli. Sono sicuro che ]. Lui pensa che la nebbia là fuori suggerisca che basta allontanarsi di pochissimo per non riuscire più a ritrovarsi. [ Mi pare di aver pensato una cosa così, più o meno ] Mette educatamente tre dita della sua mano ancora con l’anello sul dorso della sua mano già senza più l’anello. Dice: “Non lo so se, forse se, ci potremmo insomma, si potrebbe ” [Non sono sicuro di non amarti più, di farcela senza di te ] Lei pensa un attimo a cosa dire (Adesso è tardi, io non ti amo più ). “Adesso è tardi, io non ti amo più” – gli dice.

Matteo Fulimeni

© Giovanni Marrozzini

 

© Giovanni Marrozzini

3 Responses to “Polveri sottili.”

  1. Giada scrive:

    Bellissimo! Bellissimo e nebbioso!

  2. Paolo scrive:

    Non ho letto il libro citato, quindi non so se “quelli”, sono brani tratte dal libro. La nebbia da un lato intristisce, dall’altro, ispira introversione, meditazione, dona intimità. E’ il bello e il brutto di vedere cose che lentamente spariscono nel nulla. Allo stesso modo avrei visto un testo più stringato. Poche frasi, incomplete, che ad un certo punto si affievoliscono, fino a sparire, lasciando al lettore l’incertezza del finale. In questo, trovo questo post un po’ troppo discorsivo, troppo lungo, dal mio punto di vista troppo in contrasto con le immagini. Senza nulla togliere alla bellezza del componimento nel suo insieme, ma solo come considerazione personale. Mi sarei voluto perdere anche io nella nebbia in questo week end. Peccato….Sarà, spero, per la prossima volta.

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