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Post n° 38 – L’aura

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Post n° 38 – L’aura

Immagini del Gusto – 2008 – Mario Caramanna

L’aura

Che cos’è, propriamente, l’aura? “Un singolare intreccio di spazio e tempo: l’apparizione unica di una lontananza, per quanto questa possa essere vicina.” In questo modo Walter Benjamin definisce l’aura.

Come spesso accade, i grandi pensatori ci spiegano cosa avviene in noi; in questo caso viene data sostanza a quello che normalmente  chiamiamo: emozione. L’emozione di un incontro con la realtà in cui abbiamo provato: stupore, meraviglia, incanto, sorpresa, scoperta, seduzione, ecc… . L’emozione è indice di una appresa conoscenza estetica che è quella conseguita non con la logica ma attraverso i soli nostri sensi.

Se facciamo attenzione al significato aperto delle parole di Benjamin comprendiamo che in esse ci sono tutti gli elementi per definire, in modo molto raffinato, anche cosa è la fotografia. Infatti per noi fotografi quel singolare intreccio spazio e tempo grazie al quale avviene “l’apparizione unica di una lontananzaper quanto questa possa essere vicina.” è la fotografia.

L’apparizione unica è l’improvviso accendersi in noi di una visione illuminata della realtà che ci scuote profondamente fino a produrre nella nostra mente una spontanea interpretazione delle cose.

Per lontananza si intende quella percezione interpretata della realtà che se pur chiara all’intuizione – per quanto questa possa essere vicina – richiede lo sforzo di un percorso mentale per essere pienamente conosciuta.

L’aura pertanto non appartiene alle cose, non è oggettiva, è una “emozione“ soggettiva, sia nel senso del provarla o meno, ma anche nel senso di cosa proviamo di diverso gli uni dagl’altri.

Ogni fotografia è scattata in seguito ad un’aura sentita dal fotografo, il quale cerca di catturare nella foto l’immagine capace di rappresentare l’ ”emozione” da lui provata. Quante volte abbiamo sentito elogiare le fotografie che emozionano!

La fotografia può rendere visibile l’aura provata dal fotografo, e quindi in essa l’aura diventa oggettiva, per questo emoziona il lettore. Il fine inconscio di ogni fotografia è pertanto quello di comunicare, con la materialità del significante, un’aura da condividere tra il fotografo e il lettore.

Silvano Bicocchi

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