Il futuro è già nel nostro presente e, come ci invita a riflettere il gruppo dell’ Associazione Flegrea Photo, prendendo spunto da “Le città invisibili” di Italo Calvino, non prescinde dal passato. L’opera pubblicata nel ’72 è testimonianza della straordinaria capacità visionaria di uno dei maggiori scrittori del ‘900. Calvino anticipa tematiche ambientaliste che oggi sentiamo più vicine: dal consumismo sfrenato allo spreco e all’accumulo di rifiuti. Inventa città surreali che sono lo specchio delle contraddizioni del nostro tempo.
Piera Cavalieri
“Spaziotempo”
a cura di Tiziana Mastropasqua e Paolo Caivano
Lab Di Cult 096 FIAF – Ass. Foto Flegrea
“A Maurilia, il viaggiatore è invitato a visitare la città e nello stesso tempo a osservare certe vecchie cartoline illustrate che la rappresentano com’era prima: la stessa identica piazza con una gallina al posto della stazione degli autobus, il chiosco della musica al posto del cavalcavia, due signorine col parasole bianco al posto della fabbrica di esplosivi. Per non deludere gli abitanti occorre che il viaggiatore lodi la città nelle cartoline e la preferisca a quella presente, avendo però cura di contenere il suo rammarico per i cambiamenti entro regole precise: riconoscendo che la magnificenza e prosperità di Maurilia diventata metropoli, se confrontate con la vecchia Maurilia provinciale, non ripagano d’una certa grazia perduta, la quale può essere goduta soltanto adesso nella vecchie cartoline, mentre prima,con la Maurilia provinciale sotto gli occhi, di grazioso non ci si vedeva proprio nulla, e men che meno ce lo si vedrebbe oggi, se Maurilia fosse rimasta tale e quale, e che comunque la metropoli ha questa attrattiva in piú, che attraverso ciò che è diventata si può ripensare con nostalgia a quella che era. Guardatevi dal dir che loro città diverse si succe sopra lo stesso suolo e sotto lo stesso nome, nascono e muoiono senza conosciute, incomunicabili tra loro. Alle volte anche i nomi degli abitanti restano uguali, e l’accento delle voci, e perfino i lineamenti delle facce; ma gli dèi che abitano sotto i nomi e sopra i luoghi se ne sono andati senza dir nulla e al loro posto si sono annidati dèi estranei.È vano chiedersi se essi sono migliori ori degli antichi, dato che non esiste tra loro alcun rapporto, così come le vecchie cartoline peggiori Maurilia com’era, ma un’altra città che per caso si chiamava Maurilia come questa”. (Italo Calvino)
Il testo di Italo Calvino, Le Città Invisibili è uno degli spunti di riflessione sul legame tra futuro e memoria tra passato ed immaginazione. Da qui parte lo studio per il nostro Lab Di Cult 096 Ambiente Clima Futuro proposto quest’anno dalla FIAF. Per poter costruire mentalmente il futuro c’è bisogno di avere a disposizione quella che viene chiamata memoria o ricordo. In una concezione lineare del tempo, il futuro è la parte di tempo che ancora non ha avuto luogo, è il settore spaziotempo nel quale si trovano tutti gli eventi che ancora non sono accaduti. In questo senso il futuro è l’opposto del passato e il presente.
Il futuro ha sempre avuto un posto molto speciale nella mente umana. È forse possibile supportare che l’evoluzione del cervello umano è in grande parte uno sviluppo di abilità cognitive necessarie a predire il futuro, per esempio l’immaginazione astratta, la logica e l’induzione. L’immaginazione ci permette di “vedere” un modello plausibile di una certa situazione senza osservarlo davvero. Le ragioni logiche forniranno di prevedere conseguenze inevita di azioni e situazioni e per questo la logica dà utili informazioni sugli eventi del futuro. L’induzione, invece, permette di associare una causa alle sue conseguenze.
Per arrivare alla descrizione del futuro partiamo dalla memoria, dalla sensazione di un ricordo, dal rimorso di un gesto, dall’immagine di una predizione. Osserviamo la magnificenza attuale con una malinconia verso il passato che non rinnega però le evoluzioni del presente.
Il futuro, quindi, rimane qualcosa da immaginare, proiettare in maniera onirica o realistica come una grande mappa dove il sogno continua il reale, dove il tracciato ogni giorno smette di essere pallido per divenire il nostro nitido oggi.
La memoria rimane invece qualcosa da cui attingere per tracciare linee precise su quella mappa.
A far riflettere sul legame tra futuro e memoria è anche il film del regista tedesco Wim Wenders “Fino alla fine del mondo”. Un film di fantascienza del 1991 ambientato nel futuro prossimo 1999. Per noi già passato! Tutto ruota intorno alla scoperta di una macchina che registra/fotografa immagini ed è capace di ridonarle ai non vedenti. Un uomo ricerca ricordi da registrare per donare un futuro visivo alla madre non vedente. La stessa macchina poi può registrare i sogni creando un mondo virtuale, digitale dove di giorno si vive nel sogno fatto la notte. Nasce una nuova forma di dipendenza. Vivere nel virtuale per rivivere il ricordo di un sogno.
La ricerca dell’uomo di un futuro perfetto che prende dal passato/sogno le malinconie, i ricordi, i gesti che però possono rivivere solo attraverso una macchina digitale. Quindi il tutto si mescola formando un anello d’unione in cui l’essere umano continua vorticosamente a girare.
Non è nelle stelle a contenere il nostro destino ma in noi stessi. (Shakespeare)
Tiziana Mastropasqua
Tutor Fotografico FIAF
Studi/lavori in corso per Lab di cult Ambiente Clima Futuro:
Francesca Cilento
Sono passi. Nei luoghi nei territori, tra gli elementi. Terra. Acqua. Fotogrammi di memoria. Negli sguardi. Fermi. Imprigionati tra le pupille. Sono i segni. Di ciò che ha camminato ieri e continua a mostrarsi oggi. Segni in essere o segni in disuso. Lo sguardo, nave del tempo. Memoria per il futuro. Negli occhi serrati. Emozioni rarefatte.
Mariana Battista “Con le sue stesse mani”
Ultimamente si parla sempre più spesso di catastrofi “naturali“senza accorgersi che coinvolgono l’essere umano in prima persona. Dagli incendi in Siberia allo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia, all’innalzamento del livello dei mari, hanno evidenziato l’accelerata degli effetti dei cambiamenti climatici innescati dalle attività umane. Di fronte a tale disastro, di cui non si vede la fine e, anzi, si possono facilmente intuire e leggere prossimi peggioramenti, mi domando: Perché l’uomo continua imperterrito a distruggere la natura?
Nonostante almeno mezzo secolo di avvisi e allarmi sempre più stringenti lanciati dalla comunità scientifica e nonostante i disastri più o meno naturali molti palesemente di origine antropica, l’uomo riuscirà a distruggere con le sue stesse mani il mondo in cui vive? La speranza, in una transizione ecologica che nasca dal bene comune, non deve abbandonare le nostre azioni. Le nostre mani non distruggeranno ancora ma creeranno le basi per migliorare il futuro.
Antonio De Simone
La tecnologia accompagna da sempre il genere umano nella sua evoluzione; ad oggi l’elettronica e l’informatica hanno cambiato il suo modo di vivere, fornendo gli strumenti per una maggiore interazione uomo/macchina in ogni aspetto del suo rapporto con l’ambiente circostante, nell’intento di migliorarne la qualità della vita nel rispetto dell’intero ecosistema.
Paolo Caivano “Le città invisibili”
In questo tempo attuale così impreciso strano, a volte inadeguato, artificioso, meccanicistico, accelerato, abbiamo bisogno di ripensare al passato per poter definire un possibile futuro. A quando la nostra mano non aveva ancora trasformato tutto. C’è quindi, per me, un ricordo da rendere reale per nutrire future speranze. Allora il vestito da indossare è forse quello passato, un effetto vintage, ma quanto può la nostra memoria essere capace di tornare indietro, ed il segno del ricordo quanto preciso può essere. C’è un ambiente moderno attuale, giusto o non giusto che sia, al quale la memoria associa un ricordo che può corrispondere quasi ai primi tempi della trasformazione. Ma sia l’attuale, che il ricordo sono magma per la nostra fantasia, sono stimoli alla nostra intraprendenza, sono cibo per la nostra mente.
“Leggerezza”. (Italo Calvino)
Oggi l’altopiano di Leggerezza è dominato da una foresta di alberi moderni. Alberi che non assorbono più anidride carbonica ma l’energia di Eolo, che per un tempo infinito è stato il vate e la linfa vitale di Leggerezza. Oggi Baobab tecnologici hanno imposto la loro presenza ed il suono della rotazione delle pale è quasi un coro che incanta i viaggiatori, attirandoli sull’altopiano, lasciandoli stupiti di fronte all’enormità di questo bosco tecnologico. Eolo è stato sempre l’elemento primario di quei luoghi.
Tempo addietro batteva sull’altopiano, incessante e periodico, lì dove gli alberi avevano funzione di protezione, ed in quel bel mare verde su di uno spuntone roccioso si ergeva Leggerezza.Leggerezza sembrava quasi un vascello sulla cresta di un’onda gigantesca, nel mezzo di un mare agitato. Eolo era la linfa di Leggerezza, che avvolgeva la linfa con un vortice, che raccoglieva tutto, portandola in alto, combinando e fondendo tutto in una nuova veste, ridando vita nuova ed altrettanta energia a luoghi ed abitanti. Ed ogni volta era un nuovo inizio una nuova vita.
Il vento era l’energia di una periodica trasformazione, che quasi in controsenso aveva prodotto un equilibrio stabile nella comunità di Leggerezza.
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