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L’ottava piaga di Marco Carlone e Daniela Sestito

L’estate, la stagione di questo reportage, è ancora lontana ma immaginarla induce un certo sollievo. Aiuta a sopportare le difficoltà del presente.

Prima che la pandemia prendesse il sopravvento nelle notizie di ogni giorno e di ogni ora, il cambiamento climatico era il Tema.  In questo tempo nefasto che ha accelerato processi già in atto, l’aver acuito una certa sensibilità ambientale è ciò che di positivo ci resta. I temi sotto la lente d’ingrandimento e di preoccupazione internazionale sono noti : lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento delle acque, la probabile estinzione di alcune specie animali, l’aumento delle temperature. L’elenco sarebbe lunghissimo e le immagini che abbiamo negli occhi sono innumerevoli. Ecco perché diventa importante anche lo sguardo di alcuni fotografi che invece scandaglia il territorio italiano, per raccogliere immagini a noi più vicine, toccandoci in modo più diretto e invitandoci ad intervenire in modo attivo.

L’ottava piaga ci ricorda un’immagine biblica: l’invasione delle cavallette mandata dal Signore al Faraone per costringerlo a liberare gli ebrei e a lasciarli partire dall’Egitto. La conferma che la voracità di questi insetti sia un vero e proprio flagello è quanto è successo l’estate scorsa nella Valle del Tirso, nella Sardegna centrale. È in questa zona che Marco Carlone e Daniela Sestito hanno costruito il loro reportage. Le ripetute invasioni avvenute nei secoli hanno indotto la popolazione locale a utilizzare – soprattutto nella prima metà del secolo scorso – ogni mezzo per combatterle: dall’arsenico ai lanciafiamme, fino alle preghiere rivolte a San Narciso, patrono dei contadini e dei pastori sardi, meritevole di aver salvato il paese dalle locuste con un miracolo.

Siamo soliti pensare che l’agire umano abbia fatto molti danni, o almeno ne stiamo diventando consapevoli, ma è altrettanto necessario valorizzare gli interventi umani che invece hanno perseguito la cura dell’ambiente. È il caso di quanto è successo negli anni ’40 quando l’aumento dei terreni coltivati ha impedito la proliferazione delle cavallette che al contrario viene favorita nei terreni incolti. L’attuale spopolamento delle campagne interne, l’aumento delle temperature, le condizioni climatiche, siccitose e altalenanti hanno favorito il loro ciclo biologico e il fenomeno dell’invasione. In particolare i cambiamenti climatici e il conseguente caldo torrido del 2020, con un aumento della temperatura mai registrato, ha causato uno sviluppo anomalo delle locuste con “invasioni bibliche” che ricordano quelle del passato.

Carlone e Sestito sono stati in Sardegna nel giugno 2020, hanno intervistato pastori e contadini, hanno fotografato le loro case, gli ovili, gli orti, i campi invasi e la migrazione delle cavallette che hanno continuato a spostarsi per tutta la stagione calda. Si sono anche confrontati con entomologi e tecnici per capire le possibili soluzioni che potranno evitare il ripresentarsi del fenomeno negli anni a venire. In primis, un’operazione di monitoraggio e aratura di tutte quelle aree incolte dove sono avvenute le ovodeposizioni degli insetti, in maniera tale che i predatori naturali e le intemperie della stagione fredda possano ridurre il numero di uova prima della prossima primavera. La sequenza parziale, qui proposta, è un’immersione nella sofferenza del grembo fertile della Sardegna. Percepiamo nitidamente lo sgomento degli agricoltori fotografati che mostrano quel che rimane di cavoli, finocchi e foraggio dopo l’attacco ai loro campi, sorvolati da stormi di gabbiani a caccia degli insetti famelici.

Piera Cavalieri

 

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