Luoghi Perduti
I luoghi abbandonati seducono i fotografi a caccia di immagini testimonianza anche del passato, un irresistibile richiamo alla ricostruzione di una temporalità che ci sfugge di mano, nel tentativo di eternizzare momenti vissuti da altre vite diverse e lontane dalle nostre.
Mi sono avvicinato a questo genere solo da alcuni anni, trovando in esso la possibilità di ridare vita, attraverso i miei scatti, a un mondo che vive un’esistenza parallela intorno a noi, di cui spesso non conosciamo l’esistenza e che sta lentamente scomparendo. Ognuno di questi luoghi ha una sua storia, dei ricordi celati nei muri scrostati, nelle tappezzerie ormai lacere, ma soprattutto nella sua destinazione d’uso. Sanatori, ospedali, manicomi, fabbriche o ville, hanno tutti un denominatore comune: una storia fatta di persone. Ciò che più mi interessa, di questi posti, è coglierne l ’essenza. Quando sono entrato la prima volta, ho girato per un po’ di tempo nel silenzio guardandomi in giro e toccando. Il contatto fisico con le pareti, i corrimano delle scale, gli oggetti rimasti è ciò che più mi avvicina a quel mondo scomparso, una sorta di macchina del tempo.
Viviamo in un mondo che tende a dimenticare il passato, a lasciar morire il ricordo, a cancellare, ma ciò che siamo noi oggi è anche frutto del nostro passato, bello o brutto che sia. Dovremmo ricordarcene più spesso per evitare di ripetere gli stessi errori.
Quello che provo quando sono dentro in questi spazi è che per la maggior parte delle persone quel posto non esiste. E’ come se le persone che vi sono state non esistessero, cancellate dal ricordo e tutto ciò è molto triste.
L’uso del grandangolare spinto, in qualche caso, non è una scelta soltanto di stile ma anche un modo per raccogliere, in una immagine, un intero mondo e lasciarcelo intuire.