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Mostre 2009

Giovanni Marrozzini

“Hebron H2”
Mostra fotografica di Giovanni Marrozzini
Data di vernissage : Venerdì 29 maggio alla presenza dell’Autore.
Data di chiusura : 12 giugno 2009

Presentazione:
“A metà degli anni Settanta, quando ho iniziato a interessarmi alla fotografia, credevo fermamente che la pratica impegnata e onesta del fotogiornalismo potesse contribuire a cambiare il mondo. Con un’informazione corretta, con la denuncia, con la testimonianza di fatti ed eventi che i mezzi di comunicazione sembravano, mi sembrava, voler trascurare”.
Il tempo e l’esperienza non hanno completamente cancellato le ingenuità delle speranze e quando si ha la fortuna di veder nascere e crescere il lavoro di un autore come Giovanni Marrozzini, si ha la consapevolezza che se la fotografia potrebbe avere delle difficoltà nell’impresa di cambiare, se non il mondo, ma almeno lo stato di molte cose, serve sempre e più che mai a far conoscere, a informare, a commuovere e a far pensare.
Certamente la fotografia ha cambiato la vita di Giovanni Marrozzini, una vita idealmente scissa in due epoche, prima e dopo la fotografia. La sua carriera professionale inizia nel 1997, viaggiando e raccontando un’Italia turistica. Nasce subito dopo l’idea di una rivista semestrale d’arte e cultura, “Village”, da lui creata e distribuita per oltre due anni nell’area di Bologna. Nel 1999 ha un grave incidente che lo costringe a letto per otto mesi, costretto a vedere solo soffitti e a sognare spazi più ampi, nei quali perdere davvero lo sguardo. Dopo l’incidente inizia a collaborare con associazioni di volontariato: la fotografia è il suo mezzo di espressione, lo aiuta a reagire, lo obbliga a concentrare su altri la propria sofferente attenzione.
Nel 2003 è quindi in Zambia, nel villaggio di Fisenghe, per raccontare la vita in una missione cattolica, le attività mediche e assistenziali. Lui stesso definisce “reportage” questo suo primo importante progetto, ma il contatto con una realtà tanto intensa lo costringe a trovare forme narrative che si discostano da subito da una documentazione giornalistica diretta. “Avevo capito – dichiara – che quello che mi interessava era realizzare progetti a lungo termine. Mi sembrava tardi per dedicarmi alla collaborazione con i giornali e ho preferito invece lavorare con associazioni umanitarie o enti che lavorano nel sociale”.
Nel 2005 un nuovo viaggio, questa volta in Etiopia, per documentare la vita all’interno del St.Mary General Hospital di Dubbo. Sempre in collaborazione con associazioni di volontariato, sempre a contatto con realtà dolorose in una regione che ha gli indici di mortalità più alti al mondo. In Etiopia tornerà ancora per altri due progetti negli anni successivi: la “Wolayta School for the Blind”, una scuola per dare una nuova prospettiva di vita ai ragazzi ciechi e una delicata indagine sul tema delle mutilazioni genitali femminili sempre a Wolayta.
Parlando oggi di questi suoi due lavori Marrozzini sottolinea quanto siano stati utili per raccogliere fondi per aiutare la scuola o per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Non parla di fotografia: le sue immagini parlano da sole, sembra voler sottintendere, e quello che conta davvero è che siano servite ad aiutare. Tuttavia con queste due storie inizia a vincere premi e a essere conosciuto. Ricordo di aver fatto parte di una giuria dove, in finale, erano arrivate entrambe e l’ammirato stupore con il quale i giurati si passavano le sue immagini e si chiedevano da dove arrivasse un autore tanto sensibile e ancora poco conosciuto. Nel 2005 aveva anche affrontato per la prima volta un viaggio in Argentina, dove sarebbe tornato poi nel 2007. Sono nati così altri due progetti, “Hotel Argentina” e “Echi”. “Hotel Argentina” racconta la storia degli uomini e delle donne, delle città e dei paesaggi, per frammenti, lungo una distesa geografica di settemila chilometri. In questo suo lungo viaggio incontra spesso quegli “italiani d’Argentina” che vivono di ricordi e sogni. Propone quindi al Comune di Fermo di realizzare una nuova inchiesta sugli emigrati marchigiani, i loro figli, le loro storie. E una volta di più si interroga sul “cosa” e sul “come”. Non vuole raccontare la loro vita in Argentina, le loro case, il loro lavoro, i loro volti. Il suo progetto diventa più ambizioso, ai limiti dell’infotografabile: vuole raccontare i loro ricordi, i loro sogni.
“Echi” è un omaggio generoso ai marchigiani d’oltreoceano, commosso e commovente, “il più toccante che nella mia carriera mi sia capitato di affrontare”.
Nel 2008 Marrozzini parte di nuovo. Con Médicos del Mundo, una ONG spagnola che lavora in Israele e nei Territori palestinesi. Va a Hebron per realizzare un lavoro presso le famiglie che hanno subito traumi e che frequentano un centro di salute mentale. È una realtà lacerata e inquietante che fa sorgere in Marrozzini nuovi interrogativi: “In realtà non so quello che sto facendo. Forse non è fotogiornalismo. Forse le mie foto sono troppo personali. Mancano gli ambienti, mancano le informazioni”. Ma non mancano – e questo non è Marrozzini a dirlo – di empatia, di partecipazione, di emozione profonda, sentimenti capaci di trasformare l’atto del fotografare in un gesto d’amore e le fotografie in vere opere di creazione, formidabili strumenti capaci di cambiare se non il mondo almeno la conoscenza che ne abbiamo.

Giovanna Calvenzi

Orari di apertura : dal lunedì al venerdì con orario 9.30-12.30 ; 14.30-17.00 Giovedì chiuso
Ingresso libero
Orario del vernissage : ore 21
Patrocini : Regione Piemonte, Assessorato alla Cultura
Curatore : Renato Longo
Artista : Giovanni Marrozzini

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