Mostra Fotografica “SUCCEDE PROPRIO QUI” dal 21/Giugno al 06/Luglio – Seregno per la Fotografia

“SUCCEDE PROPRIO QUI”
Quando si pensa al fotoreportage le prime immagini che vengono in mente sono quelle scattate in paesi lontani da fotografi entrati proprio per questo nella storia.
Già nell’Ottocento dove era difficile, faticoso e talvolta pericoloso viaggiare, emergono autori come Felice Beato che da Venezia era giunto in Giappone dove aveva addirittura dato vita a una scuola di fotografia, Roger Fenton che dall’Inghilterra aveva raggiunto la Crimea per documentare la guerra che lì si combatteva, il parigino Gustave Le Gray che con lo scrittore Alexandre Dumas raggiunse la Sicilia per fotografare Garibaldi e la Spedizione dei Mille.
È una caratteristica, quella del viaggiare, che accompagna nel Novecento reportage leggendari come quelli con cui Robert Capa e Gerda Taro raccontarono la Guerra Civile spagnola o quello con cui Henri Cartier-Bresson documentò in “D’un Cine à l’autre” la sconfitta dei nazionalisti cinesi.
Già, ma che cosa succede se, invece di percorrere migliaia di chilometri ci si ferma a due passi da casa?
Molti lo dimenticano ma le difficoltà personali incontrate da alcuni autori che per varie ragioni non hanno potuto o voluto viaggiare lontano da casa non li hanno certo costretti a rinunciare al loro intento, quello di continuare a fotografare con uno stile reportagistico da loro stesso trasfigurato.
Così, quando Josef Sudek, che pure aveva magnificamente fotografato la sua Praga, si stancò di farlo perché lavorare senza un braccio (lo aveva perso sul fronte della Grande Guerra), cominciò a mettere al centro dell’attenzione il suo studio.
In un periodo difficile della sua vita per le incomprensioni che lo circondavano, Andrè Kertész usò come unico soggetto Washington Square fotografandola in diverse stagioni dalla finestra della sua casa che su quella piazza si affacciava.
Anche Eugene Smith sempre a New York realizzò dal 1957 al 1965 un lavoro che intitolò “From my window” perché da lì osservò i suoi simili arrivando a utilizzare ben mille rullini.
Luigi Ghirri, invece, scelse un modo originale di viaggiare: nel seminterrato di casa rifotografò in macro i simboli che in un atlante geografico indicavano i luoghi geografici – monti, laghi, deserti, oceani, città – per dar vita nel 1973 a un bellissimo libro intitolato “Atlante” anche se non lo era.
Queste sono le considerazioni generali che ci hanno portato, proponendo ai fotografi di “Seregno per la fotografia” un seminario sul tema del reportage, a farlo imponendoci una situazione “a km zero” come nel linguaggio comune viene indicato, sottraendolo all’originario termine nato in ambito agroalimentare, tutto quanto non è molto distante dal luogo in cui si vive.
L’idea, più che alle oggettive difficoltà che avrebbe incontrato un progetto dove fossero stati previsti viaggi di lunga percorrenza, è legata a una nostra profonda convinzione: quella che spinge molti ad andare nel mondo alla ricerca di idee interessanti è molto spesso una esigenza dettata dall’incapacità di rivolgere con identica curiosità lo sguardo a quanto ci circonda.
Roberto MUTTI
Storico e Critico della Fotografia