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Testimonianze di Passione Italia – Serena Vasta di Catania

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Testimonianze di Passione Italia – Serena Vasta di Catania

Passione Italia è un progetto che mi ha conquistata sin da subito, mi ha incuriosito l’idea che in un giorno così importante per il nostro Paese, come i 150 anni dell’Unità l’Italia, tutti gli amanti della fotografia, scendessero in pista a raccontare quello fa e ha fatto il nostro Paese, le persone, le emozioni, i luoghi di identità nazionale. A dire il vero era impossibile non farsi travolgere da “Passione Italia”, al gruppo fotografico Le Gru se ne parla da tantissimo, siamo stati spronati e invitati a partecipare, a raccontare, a fare quello che ci viene meglio: fotografare!

Partecipare a Passione Italia è stata un’esperienza molto emozionante, il primo grande progetto non solo personale ma che fa parte di qualcosa di più grande. Sin dalle prime discussioni al club, mentre Pippo Fichera e Santo Mongioì ne parlavano, mi sono chiesta cosa avrei potuto raccontare. La mia città? Un posto caro? Un angolo di mondo in cui mi sento bene?  Poi l’1 ottobre 2010 sono andata a Giampilieri, ad un anno dall’alluvione che ha distrutto buona parte della città, e dentro di me è scattato qualcosa, allora ho capito che nel giorno in cui gli italiani festeggiavano con festoni, bandiere e palloncini, io volevo raccontare quel posto lì. Raccontare di persone talmente attaccate alla propria terra e alle proprie radici da ricostruirsi le case, spalare il fango, tinteggiare i muri, costruire di nuovo porte, finestre, ringhiere, piantare di nuovo alberi e fiori, adottare gattini e cagnolini. Restare nell’unico posto in cui ci si sente a casa, forse essere Italiani è questo, restare, reagire e lottare nonostante tutto, nonostante le tasse, i disastri naturali e tutto ciò che ognuno di noi conosce fin troppo bene, ma che a Giampilieri conoscono un po’ di più.

L’immagine che io associo alla mia “Passione Italia” è un signore che dopo aver messo a posto il suo balcone, la sua casa e la sua vita, pianta di nuovo i fiori nel suo balcone, in mezzo alle macerie, in mezzo a vicini che non ci sono più… un esempio di forza e di speranza che non può che commuovere e far riflettere sulle cose davvero importanti.

Ringrazio la Federazione FIAF per questa bellissima opportunità, il presidente de Le Gru, Pippo Fichera, per l’aiuto e i preziosi consigli e tutti i soci e gli amici che sono il cuore pulsante del club Le Gru di Valverde!

Serena Vasta

  1. Sere, mi hai smosso l’anima….

  2. Io non ho sentito il boato,
    ma il rumore è rimasto nell’aria attaccato alle macerie,

    io non ho visto la montagna sciogliersi e vomitare morte sulle case,
    ma ne ho visti i segni fino al secondo piano delle case

    io non ho sentito l’esplosione che ha distrutto la casa verde e dilaniato gli occupanti,
    ma ho letto nei legni bruciati e nel nero fumo degli intonaci la tragedia

    io non ho visto le case sbriciolarsi,
    la paura negli occhi
    le urla
    la puzza di putrefazione
    l’esodo
    la disperazione,

    ma li ho vissuti come in un déjà vu
    percorrendo quelli che una volta erano vicoli stretti fra le case ed adesso sono larghe strisce sottratte ai detriti.

    “Zia, si camminava sul fango, all’altezza del secondo piano. Si poteva entrare dai balconi”
    raccontava mio nipote.

    C’era un silenzio irreale, anche le cicale, che solitamente nella canicola d’agosto fanno un frastuono assordante, sembravano più silenziose.

    Non riuscivo a parlare.
    Le lacrime scendevano silenziose ed inevitabili.
    Scattare foto sembrava quasi violare l’intimità di quelle che, un anno fa erano case.

    Immaginavo le persone nella loro vita quotidiana.
    I ragazzi che facevano i compiti, le mamme ai fornelli, le tv accese.
    Quotidianità fermata dal fango.
    Le spazzole ancora sulla mensola del bagno,
    lo specchio appeso ancora intatto, i libri sullo scaffale..
    tutto questo era possibile vederlo perché una parete era crollata, proprio come negli spaccati assonometrici o nelle case delle bambole.

    Un pavimento rifatto da poco , sopravvissuto paradossalmente … senza più la casa intorno.

    Poi oggetti salvati quasi a sottolineare la tragedia.
    Uno scivolo di plastica, un giocattolo, un casco per lo scooter, un altarino improvvisato, una tessera dello Scarabeo con la lettera Z,
    la fine, appunto…

    E la rabbia che saliva al pensiero dell’ignoranza che ha fatto parlare di “abusivismo” e non di territorio massacrato, sfruttato e poi abbandonato.
    Dell’incuria e della strafottenza di chi sapeva e non ha fatto niente.

    La speranza negli occhi di chi vuole ricominciare e la paura di chi ha deciso di non tornare mai più.
    Alcuni giovani che coglieranno l’occasione per cercare di scappare in città ed altri che continueranno a battersi.

    Il paese non tornerà mai ad essere quello di prima, ma è giusto che torni a vivere, per la memoria di chi non c’è più e per la costanza e la forza di chi ha deciso di continuare a lottare.

    Un abbraccio a tutti.

    Giampilieri 1° Ottobre 2009- 1° Ottobre 2010

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