UN LUOGO BELLO di Alessandro Mallamaci
Venerdì 28 febbraio 2025 ore 20,30 - Galleria FIAF Le Gru Valverde

Lo sguardo lento è una pratica cara ai grandi maestri della fotografia di paesaggio, così come un approccio etico e rispettoso nei confronti di un paesaggio, quello della periferia italiana, che soffre.
Un luogo bello è il frutto di una ricerca di cinque anni in un territorio duro e difficile, in cui l’autore vive, a cui sono seguiti altri quattro anni di prove, selezioni, sperimentazioni, ricerche, legate alla scelta dei materiali e del formato, alla costruzione della sequenza, alla progettazione grafica, tutti aspetti strettamente connessi con il lavoro che contiene anche quattro brevi testi di quattro autori differenti (due calabresi e due non calabresi) che aggiungono ingredienti alla narrazione e non sono mai didascalie delle immagini.
La vallata della fiumara Sant’Agata trova asilo tra la terra rossa delle montagne dell’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria, e si spinge verso il mare, fino a tuffarsi nello Stretto di Messina. Il nome del corso d’acqua ha origine dal greco aghatè, legato a concetti quali bellezza, bontà e nobiltà; come se i viaggiatori del periodo magnogreco avessero subìto l’incanto di questo luogo.
Questa è la ragione per il titolo “Un luogo bello” che non ha come finalità la denuncia ma, caso mai, l’aspirazione a una sensibilizzazione verso problematiche condivise da tutto il sud Italia, quali la presenza della Mafia, la speculazione edilizia, l’abusivismo e, in generale, una mancanza di cura per lo spazio pubblico. Accanto a questi elementi, però, si leggono anche altri aspetti di una cultura ricca di tradizioni musicali e popolari, e di intere comunità, un tempo con vocazione pastorale e oggi vittime della gentrificazione.
Il corso del fiume guida l’occhio dello spettatore tra le immagini che spesso somigliano a sculture, a installazioni d’arte contemporanea, quasi delle apparizioni nella vallata. Diverse fotografie rappresentano il corso d’acqua, altre lo evocano. Elementi che ritornano ciclicamente nella narrazione, come versi in rima, in un sonetto.
L’intera sequenza fotografica è una lunga canzone d’amore a una terra che soffre, per parafrasare Giovanna Calvenzi che ha scritto la postfazione a questo lavoro.
Chiudiamo con le parole dell’autore: “Questo è il mio paesaggio. Non posso non amarlo. È un luogo bello.”