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Al di là del muro, tra gli alberi > Carpi

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AL DI LA’ DEL MURO, TRA GLI ALBERI fotografie di IVANO BOLONDI
In questa serie dedicata dell’ex-Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG) di Reggio Emilia, Bolondi si è
inoltrato ben oltre, consegnandoci immagini impregnate di una pittoricità immediata, che paiono volere
apertamente competere con la pittura – quella che se ne sta sull’impervio crinale tra figurazione e
informale –, anche se, a ben vedere, ciascuna fotografia non fa che riprodurre una porzione, per quanto
angusta, nitidamente incisa o sfocata, del reale da lui incontrato. Non ci sono, in queste fotografie, le
vedute a largo respiro dell’interno dell’OPG, quelle che permettono di documentarne, e di rivelarne a chi
non lo conosca, il suo aspetto nei suoi elementi costitutivi: i padiglioni, le mura, i camminamenti e i cortili,
l’interno delle celle. Qui ci sono solo dettagli minimi, residui, fiati di realtà senza un apparente valore,
sedimenti fossili, come se fossero riemersi dalle viscere di un mare, che sono tuttavia l’esito, la traccia
dell’esprimersi della natura e dello scorrere delle vite che qui furono rinchiuse. Non sono certo, queste
fotografie di Bolondi, neutre, mai hanno la fredda oggettività di certi reportage naturalistici, e sono
lontanissime dalle “cartoline” che vogliono compiacere lo sguardo, rassicurandolo sull’aspetto di una certa
cosa che già conosce o intuisce, finendo per ritrovarsela riprodotta esattamente come l’ha vista, o
immaginata, o sognata. Né ci parlano apertamente, queste immagini, di quella sorta di inferno dantesco
che doveva essere l’OPG: una “nave dei folli” arenatasi qui, quasi nel cuore della città, in cui convivevano
pazzie e deliri autentici, pagati nella propria carne, e abili finzioni di una follia simulata esibita per sottrarsi,
o illudersi di farlo, a un più duro destino, anche se basta tuttora entrare in una cella e cogliere i segni della
promiscuità obbligata, con l’eliminazione di ogni personale intimità, per rendersi conto delle umiliazioni e
delle offese che erano il sale quotidiano del vivere in quel luogo. Bolondi ha scelto invece di restituirci, con
le sue fotografie, qualcosa di totalmente “altro”: ciò che lo sguardo di un recluso in quel terribile luogo
poteva percepire, accentuandone – e questo è ovviamente l’esito del suo modo di vedere – il lirismo, la
sommessa lingua dei toni, le vibrazioni cromatiche e luminose, tanto che queste immagini possono a
ragione essere definite “poesie in forma di fotografia”.
Sandro Parmiggiani
(Tratto da Lo sguardo recluso, in Al di là del Muro, tra gli alberi. Fotografie di Ivano Bolondi, Palazzo dei
Principi, Correggio, Reggio Emilia 2007)
 

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