Jan Lukas “Un tempo pieno di attese” Trieste, Risiera di S. Sabba fino al 4 novembre 2012 testo e foto di Olga Micol
Presso la Risiera di San Sabba a Trieste, fino al 4 novembre 2012, è possibile vedere la mostra di Juan Lukas “Un tempo pieno di attese” curata da Helena Lukas Martemucci, figlia di Jan Lukas, con la direzione di Maria Masau Dan, direttrice del Civico Museo della Risiera di San Sabba, Monumento nazionale e con il coordinamento di Francesco Fait, curatore del Museo e di Václav Šedý, direttore del Centro Ceco, Ceské Centrum di Milano. L’ingresso alla mostra è gratuito e l’orario è continuato dalle 9 alle 19, festivi compresi.
La mostra racconta la poco nota vicenda del campo profughi stranieri della Risiera di Sabba, attraverso le fotografie scattate nel 1965 da un noto fotografo: Jan Lukas, che appartiene alla generazione dei padri fondatori del fotogiornalismo ceco, Lukas si trovava in Risiera in veste di “rifugiato politico”. (catalogo a cura di Francesco Fait, edizioni Civici Musei di Storia ed Arte del Comune di Trieste, Euro 10,00).
La Risiera di San Sabba, ex fabbrica per la lavorazione dei riso, venne adibita a lager dai nazisti e dotata di forno crematorio (l’unico in Italia).
In Risiera vennero torturati e uccisi migliaia di oppositori politici e appartenenti alla Resistenza italiani, sloveni, croati e decine di ebrei; e furono ammassati migliaia di detenuti per ragioni razziali e politiche, poi deportati nei campi di concentramento e di sterminio.
Dal 1949 al 1965 la Risiera fu campo per rifugiati politici. Nel 1975 è stato inaugurato l’omonimo Civico Museo. Ogni anno la Risiera viene visitata da oltre 100,000 visitatori e vi hanno luogo celebrazioni, mostre, appuntamenti culturali.
Jan Lukas (nato nella Repubblica Ceca nel 1915 e morto a New York nel 2006) è uno dei pochi fotografi cechi, come Zdeněk Tmej (ha documentato il lavoro forzato durante la Seconda Guerra Mondiale) e Josef Koudelka (ha catturato l’intervento guidato sovietica in Cecoslovacchia nell’agosto del 1968), che ha creato una profonda testimonianza completa sui conflitti militari nel nostro paese.
Incomincia a fotografare a 12 anni e lo fa per tutta la vita. Ha fotografato nei decenni più drammatici del novecento: ha vissuto la seconda guerra mondiale e l’occupazione della Cecoslovacchia, ha immortalato la liberazione di Praga e tutti gli anni Cinquanta, quando i suoi libri furono mandati al macero dalla censura ceca. Anche dopo la sua fuga negli Stati Uniti nel 1965 gli fu vietato di pubblicare in Cecoslovacchia per i successivi venticinque anni.
Lukas che è una testimonianza fotografica della distruzione della democrazia e del sorgere del totalitarismo viene assemblato nella raccolta di 36 fotografie dal titolo Praga Diario 1937-1965, selezionate da una raccolta di ben 400 foto, da Josef Mucha, il direttore della monografia più recente Lukas (pubblicato da Torst nel 2003).
Anche in esilio Lukas è rimasto fedele al suo credo: “Guardare e conservare ciò che suscita il mio interesse, nella speranza che molti altri lo trovino interessante”.
Pur potendo viaggiare sia in Italia che in America, decide nel 1965 di lasciare la sua patria con tutta la sua famiglia e di trasferirsi in America e soggiorna nei campi profughi italiani, primo tra tutti la Risiera di San Sabba a Trieste, poi a Latina e a Capua.
Nel 1966 ormai a New York, opera come fotoreporter (Life, National Review), produce opere straordinarie come il ciclo Islanders ed espone in rilevanti mostre. Il suo ampio lavoro, modello per generazioni di fotografi, è oggi presente in alcuni tra i più prestigiosi musei del mondo.
Il suo metodo di lavoro nel fotografare, come lo chiamava lui stesso era un “momento fugace”: negli attimi fugaci solo uno scatto immediato sa cogliere un significato che va oltre il tempo.
Scorrendo le immagini di Lukas, raffiguranti ambienti provvisori e squallidi, le persone che li popolano sono dignitose e composte. Si può vedere la famiglia di Jan Lukas radunata attorno a un giornale, a cena, circondata dai panni stesi ad asciugare, o un bimbo che guarda oltre la finestra. Una testimonianza indelebile della vita che trascorre tranquilla nei campi profughi.
Regna però, sempre l’attesa per uno status provvisorio di esuli volontari, ma in tutte questo foto non manca mai la speranza in un futuro migliore.
Alla fine il sogno si avvererà, per la famiglia Lukas, descritto magicamente con l’ultima foto della mostra, quella della partenza verso quella libertà a lungo sospirata.
Olga Micol