Federico Garolla
Grande Autore della Fotografia Contemporanea FIAF
Inaugurazione venerdì 21 ottobre presso il Circolo Ricreativo Dipendenti Comunali di Torino, corso Sicilia 12
La mostra proseguirà alla Galleria FIAF fino al 4 novembre 2016.
Per comprendere l’operato di Garolla in primis andrebbe ricostruito il nesso tra produzione e fruizione dell’immagine, e, quindi, descritta la posizione dell’autore nel sistema dell’informazione e nel contesto della comunicazione visiva. Garolla non è, precisiamo, il fotoreporter mitizzato dal cinema e dalla letteratura: l’inviato nei teatri di guerra che documenta eventi storici di grande rilievo tra mille difficoltà. È un raffinato narratore della vita sociale e culturale del paese, dalla Ricostruzione agli anni sessanta, in un periodo storico di profonde trasformazioni. I suoi servizi fotografici sono pubblicati sui maggiori periodici, quando i rotocalchi sono un’insostituibile vetrina sul mondo e rappresentavano in Italia il più importante mass-medium. Per comprenderne il peso dobbiamo pensare che la RAI, pur iniziando le trasmissioni televisive domenica 3 gennaio 1954, arriverà a coprire l’intero territorio nazionale soltanto nel 1960. A fine anni cinquanta Arturo Tofanelli, dal 1946 al 1968 direttore di «Tempo», poteva ancora affermare: “ i principali settimanali […] «Oggi», «Tempo», «Epoca» e «L’Europeo» […] raggiungono da soli ogni settimana quasi due milioni di copie di tiratura”. I settimanali illustrati, d’altra parte, vivono del continuo dialogo con gli altri media, dal cinema alla televisione, e con il sistema produttivo, dalla moda al cinema, dalla editoria alla musica. Nel periodo esaminato, dal 1948 al 1968, Garolla documenta la nascita dell’alta moda italiana; ritrae i protagonisti della vita culturale italiana e i divi del cinema e dello spettacolo; racconta i fatti dell’attualità e gli eventi della cronaca, anche tragici, sempre con uno sguardo attento alle realtà sociale del paese. Appartiene a una nuova categoria di fotoreporter, come Patellani e Giancolombo,“uomini di cultura e di buona famiglia per i quali la fotografia diviene occasione per frequentare il mondo della moda, dell’arte, del cinema del dopoguerra… fotografi capaci di entrare con discrezione ed eleganza nel mondo dello spettacolo protagonista indiscusso della stampa del tempo”
Dalla presentazione di Lucia Miodini
BIOGRAFIA
“Mandi anche suo rullino”: con questa frase dal tono perentorio, contenuta in un telegramma che Sandro Pallavicini gli spedisce verso la fine degli anni ’40, ha inizio la carriera di uno dei protagonisti della fotografia italiana. Nato a Napoli nel 1925, Federico Garolla collabora già dal 1946 come giornalista per alcuni dei maggiori quotidiani di Napoli. Comincia con il Roma e il Corriere di Napoli che, per illustrare i suoi articoli, gli affiancano i loro fotografi, per poi affermarsi presso la prestigiosa redazione de Il Mattino d’Italia. Seguendo quella che allora considerava solo una passione, porta sempre con sé una Condor Ferrania, regalatagli dal padre, con la quale riempie rullini e rullini delle “sue” istantanee di luoghi, fatti e persone che poi racconta attraverso i suoi articoli. Rullini che prende l’abitudine di consegnare ai giornali insieme con i suoi pezzi, finché non comincia ad avere l’impressione che le immagini pubblicate siano proprio le sue. Quando gli arriva quel telegramma di Pallavicini (direttore de La Settimana Incom Carta, testata per la quale Federico Garolla aveva da poco iniziato a collaborare) ne ha la conferma. Il passaggio definitivo al fotogiornalismo avviene tuttavia nel 1949, quando viene chiamato a Milano dall’allora direttore Arrigo Benedetti a collaborare per l’Europeo. Come per i colleghi di quegli anni, anche per Federico Garolla il mestiere non riguardava tematiche specifiche ma spaziava a 360 gradi, incalzato dalla fortuna incontrata dal rotocalco nel primo dopoguerra e dalle personalità dello spettacolo e della cultura tanto ricercate dai giornali del tempo: i soggetti che passavano davanti al suo obiettivo andavano dall’attualità alla cronaca dei grandi eventi. Nel 1951 diviene inviato speciale di Epoca, poi (1953) di Le Ore di Salvato Cappelli, a fianco di Federico Patellani, Giancolombo Paolo Costa e Franco Fedeli. Negli anni successivi lavora come freelance per i maggiori settimanali italiani: Tempo Illustrato, L’Illustrazione Italiana, Settimo Giorno, Oggi, e per rotocalchi stranieri come Paris Match, Colliers, Stern. A partire dal 1953 segue con la sua macchina fotografica la nascita dell’alta moda italiana. Riprende nei loro atelier i giovani stilisti alla conquista della scena internazionale e per le strade le modelle, fra gli sguardi incuriositi della gente. Sono di quel periodo i servizi apparsi su Annabella, Donna, Bellezza, Marie Claire, Linea, Arianna e poi Amica. Contemporaneamente coglie la vita culturale italiana in una serie di racconti fotografici che ritraggono pittori, scrittori, musicisti, attori e attrici di cinema e teatro, ma anche la gente comune, con un occhio sempre attento alle tematiche a sfondo sociale, dimostrando di inserirsi con sensibilità nella migliore tradizione del realismo del dopoguerra. Nel ‘56 l’avvocato Umberto Ortolani – a fronte di uno stipendio veramente invidiabile per l’epoca – gli affida la fondazione e la direzione di Foto Italia, l’interfaccia fotografica dell’agenzia giornalistica Italia. Ma Garolla resiste solo sei mesi chiuso in un ufficio; la sua indole infatti calza a pennello con una frase di Ennio Flaiano che egli spesso amava citare: “mi spezzo ma non m’impiego”. Negli anni ’60, pur mantenendo le collaborazioni con le maggiori testate dell’epoca, apre un’agenzia di pubblicità, dedicandosi così anche alle immagini di still life e realizza campagne per aziende come Cirio, Locatelli e Spigadoro. Nel frattempo illustra le rubriche di gastronomia – tipiche dei rotocalchi femminili – e i numerosi libri di cucina pubblicati da Longanesi e De Agostini di cui è autrice la moglie Ada. Sempre in quegli anni, la grande passione per la musica, ereditata dalla madre pianista, lo accompagna e lo guida nella copiosa produzione iconografica per l’enciclopedia Rizzoli Ricordi. Nel 1976 inizia a collaborare con la Rai in qualità di regista e presentatore per le rubriche del TG A come Agricoltura, AZ e La terza età con una serie di documentari, sull’arte in particolare, che lo portano in giro per l’Italia in compagnia dell’inseparabile macchina fotografica. Realizza reportage su musei d’arte e archeologici, su luoghi d’interesse architettonico e paesaggistico, sul turismo enogastronomico per importanti case editrici come Mondadori, Rizzoli, Domus, De Agostini. A partire dagli anni ’80, matura con l’editore e scrittore Mario Monti l’idea di pubblicare delle guide ai musei italiani e fonda una casa editrice che attinge proprio a quel cospicuo “serbatoio” di immagini raccolte nel corso del tempo. Dal 2003 torna a guardare al suo archivio. Alla sua morte, nel 2012, ha affidato il suo patrimonio fotografico alla figlia Isabella che si dedica alla sua conservazione, catalogazione e digitalizzazione. Collabora inoltre alla realizzazione di cataloghi e mostre fotografiche nazionali e internazionali che restituiscono alla fotografia italiana un autore troppo a lungo dimenticato e offrono la possibilità di riscoprire, attraverso il suo stile inconfondibile, una preziosa testimonianza delle mutazioni avvenute nella cultura e negli stili di vita del nostro Paese lungo il delicato trentennio successivo al conflitto.