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Philippe Daverio e l’etica dell’anonimato nell’altruismo

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Philippe Daverio e l’etica dell’anonimato nell’altruismo

Al Festival del Volontariato in corso a Lucca ieri è stata la volta di Philippe Daverio, con una “lezione” su “Identità, comunità e patrimonio culturale. “Il volontariato in Italia è presente maggiormente che in altre nazioni – ha detto Daverio – e fa parte proprio della cultura e della storia del nostro Paese. Basti pensare alla Misericordia di Firenze, fondata nel XIII sec., che può essere considerata la prima Croce Rossa d’occidente. Da sottolineare il fatto che i membri delle classi agiate, che facevano parte della Misericordia, stavano per strada e usavano un cappuccio che gli coprisse il volto per non farsi riconoscere, e quindi curavano gli altri nel più totale anonimato, una forma etica di fare del bene”.

Attilio Lauria

Uno spunto, questo sul valore dell’anonimato nell’altruismo, particolarmente interessante nella società dell’immagine; riproporre l’etica dell’anonimato vuol dire in questo momento farne una questione di civiltà.

Daverio ha anche ricordato, nel corso della sua lezione, come il volontariato sia “l’espressione più pura dell’italianità. La sfida dell’oggi è tutta nella dicotomia tra questa tradizione del dono, e uno Stato che sembra non rendersi conto di questa miniera di ricchezza”; e sebbene i termini oggi più usati siano fundraising e charity, in realtà già a metà del ‘400 a Milano fu fatta la Festa del Perdono come raccolta fondi per la costruzione della Ca’ Granda, con Papa Pio II Piccolomini che diede un’indulgenza a chi partecipava. La tradizione del fundraising non è dunque anglosassone, ma nasce proprio in fondo alla nostra civiltà.

daverio

 

ph. credit: http://www.vita.it/it/

 

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