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“Io abitavo qui”, di Enrico Bossan

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“Io abitavo qui”, di Enrico Bossan

A un mese dal terremoto che ha distrutto le comunità di Amatrice, Pescara del Tronto, Accumuli ed Arquata, il Corriere della Sera pubblica una piccola selezione di un lavoro di Enrico Bossan dal titolo “Io abitavo qui”. Sono ritratti accompagnati dalle storie di quanti sono rimasti.

Attilio Lauria

 

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© Enrico Bossan, Sabrina Fantauzzi

Sabrina, la blogger del post virale su Facebook

«Io, Amedeo e Filippo siamo vivi». Alle 4.40 del 24 agosto, alla luce fioca del telefonino quasi scarico, la blogger romana Sabrina Fantauzzi aggiornò così il suo status su Facebook dal buio di Illica, frazione di Accumoli, dove era in vacanza coi suoi bambini di 10 (Filippo) e 12 anni (Amedeo). Un post che diventò virale, perché fu il primo segnale di vita, un’ora dopo il sisma. «Sentimmo un’esplosione sotto il letto, come si fosse aperta la bocca di un vulcano», racconta Sabrina. La sua casa a due piani in piazza Italia ora è soprattutto macerie. Nelle case intorno sono morte 5 persone, 5 amici per Sabrina: «Giovanni, Vinicio, Dina, Assunta e Ana, spagnola di Granada, che era sposata con mio cugino Cristian…». Illica è una frazione che conta d’inverno poco più di 20 persone, d’estate diventano sì e no 400. Tutte case da demolire: la tentazione sarebbe quella di cancellare tutto e ricominciare da un’altra parte. Invece Sabrina che a questi luoghi è affezionata, perché da qui discendono nonna Maria e mamma Maria Cristina, ha già fondato il Comitato Illica Vive con più di 200 aderenti per convincere le autorità a ricostruire il paese. Ci riuscirà?

 

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© Enrico Bossan, Domenico Pala

Domenico, l’ex sindaco sopravvissuto al crollo.

Pescara del Tronto, strada Braccio numero 30, un indirizzo tra i tanti che non ci sono più. Venendo da Arquata, sulla panoramica, la casa di Domenico Pala, 62 anni, sindaco fino a pochi mesi fa, ora la riconosci dal tetto di cemento che è venuto giù quasi intatto, schiacciando il resto. «La prima scossa mandò giù la cameretta dove dormiva mia moglie Giovanna — racconta il signor Domenico, che lavora al Consorzio di Bonifica delle Marche —. Ricordo ancora il buio e le grida, le voci di quella notte. Poi arrivò la seconda scossa e tutte le voci cessarono di colpo. Io ho perso quattro zii, tre cugini e tanti amici…». Sua moglie Giovanna s’è salvata, sabato scorso è uscita dall’ospedale. Ora con il contributo di autonoma sistemazione sono andati a vivere a 30 km da qui, in affitto a Castel di Lama: «Abbiamo preferito prenderci un appartamento piuttosto che finire in un albergo sulla costa, perché è vero che lì mangi e dormi gratis, ma solo dentro una casa puoi tentare di ricostruire la tua famiglia». Suo figlio, Pierangelo, 25 anni, è alto quasi due metri e quella notte si mise a scavare con le mani per ritrovare sua madre. «Riuscimmo a vederla grazie alla luce del telefonino, così l’abbiamo salvata».

 

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© Enrico Bossan, Rita Marrocchi

Rita: la mia vita è qui, non me ne vado.

I sindaci del cratere vorrebbero trovare a tutti una sistemazione migliore, specie a quelli che sono ancora nelle tende, specie ora che insieme alla pioggia sta arrivando il gelo. Ma lei, Rita Marrocchi, 45 anni, sbuca con un sorriso splendente come un sole dalla tenda numero 10 del campo di Accumoli e giura che non se ne andrà: «La mia vita e il mio cuore sono qui — spiega —. Qui c’è sepolto mio marito, Silvestro Sergio Mauro Cascioli, già sindaco di Accumoli. Almeno finché non cadrà la neve, chiederò di restare vicina ai monti che amo. I miei amici mi chiamano Trilli, come la fatina dei boschi, perché mi piace perdermi tra gli alberi e andare a caccia sfidando la macchia senza paura. Eppoi non preoccupatevi: sotto la tenda non resterò mica da sola. Le mie amiche Pina, Paola e Domenica, hanno già detto che mi faranno compagnia».

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© Enrico Bossan, Alfredo Ferretti

Alfredo: non posso lasciare le mie mucche.

Molti altri resistono e non se ne vogliono andare. Alfredo Ferretti, per esempio, 58 anni, allevatore. Con 400 pecore, 300 capre, 100 mucche e 40 maiali ancora nelle stalle, tutti sopravvissuti alle frustate terribili del sisma, diventa difficile pensare di andar via. Alfredo, la notte del 24 agosto, insieme agli altri della cooperativa «Rinascita ‘78», Carlo, Lorenzo, Emilia, Sandra, Mara, corse ad estrarre le persone da sotto le macerie. Ora ha chiesto alle autorità di rimanere. Permesso accordato, naturalmente, per una delle realtà produttive più vitali del reatino. Uno dei soci è il vicesindaco di Accumoli, Antonio Valentini. Insieme ce la faranno: «Anche se c’è stato il terremoto — dice Ferretti — noi dobbiamo continuare a mungere le vacche. Pure la mattina del 24, con tutto che eravamo impegnati a recuperare i feriti, siamo dovuti andare in stalla. Da pochi giorni è ripartita la produzione del formaggio a pieno ritmo. Non possiamo mollare adesso».

 

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© Enrico Bossan, Maria Teresa Cicconetti

Maria Teresa: la mia farmacia riaprirà.

Sono intatte solo le rose del giardino. Per il resto la casa Anni 70, al piano terra di piazza Augusto Sagnotti 12, della dottoressa Maria Teresa Cicconetti, 58 anni, la farmacista del corso principale di Amatrice, ormai è da demolire. Ha le pareti sventrate e da quelle si scorgono i letti disfatti dell’ultima notte, quando lei e suo marito Salvatore rimasero lì, paralizzati dalla paura, mentre tutto intorno rovinava al suolo. «Mi nascosi sotto il letto, poi terminate le scosse mi alzai e cercai l’uscita. Ma solo dopo realizzai che ero passata dal muro, perché le porte non c’erano più…». Nelle case di piazza Sagnotti, morirono in 25; altri 6 nel palazzetto che ospitava il suo negozio. Lei conosceva tutti e ancora li piange. L’unica cosa bella è che forse domani riaprirà la farmacia, in un container. Con suo marito dorme in tenda, ad Amatrice, nell’attesa delle casette di legno. Ma la dottoressa Cicconetti ha poca voglia di spostarsi: «In una casa di mattoni ci rientrerei col collo storto…», ammette, alludendo alla paura che ritorni il terremoto. «Da lunedì, comunque, andrò ad abitare a 5 km da qui, nel complesso residenziale di Poggio Castellano, grazie al contributo di autonoma sistemazione». E lì ripianterà le sue rose.

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© Enrico Bossan, Alessandra Cappellanti

Alessandra: resto per difendere le case dagli sciacalli

Raccontano in paese che Franz Grass, figlio di Günter, il grande scrittore tedesco, premio Nobel per la letteratura nel ‘99, mise radici ad Illica (frazione di Accumoli) circa 25 anni fa (oggi ne ha 50) dopo aver puntato l’indice a caso su una cartina dettagliata del Centro Italia. Franz Grass puntò su Illica e ad Illica trovò moglie, Giovanna Cappellanti, oggi fisioterapista in Germania. Custode della loro casa, ora distrutta dal terremoto, è la cognata Alessandra, la sorella di Giovanna, che ha avuto danneggiata anche la sua e adesso vive in una roulotte piazzata all’imbocco del paese. Di lì la signora non se ne vuole andare. E spiega perché: «La Protezione civile ha smontato la tendopoli, nessun militare presidia più il paese. La luce non c’è e di notte diventa una goduria per gli sciacalli. Molte case sono già state saccheggiate». L’unico antifurto sembra rimasto il suo volpino Rock, un cagnolino che abbaia in continuazione. Anche Franz Grass, che fa l’insegnante e il primo ottobre tornerà in Italia per una raccolta fondi, fa sentire la sua voce: «Farò di tutto per salvare il mio paese». Già, lo ama così tanto che negli anni, consultando gli archivi del Comune e della Chiesa di San Pietro e Paolo, ha ricostruito l’intero albero genealogico di Illica, che adesso è esposto sulla strada principale: «Anche per questo non me ne vado — conclude Alessandra —. La storia va difesa».

 

© Enrico Bossan/Corriere

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