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“Toscana Rossa”, di Pietro Paolini

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“Toscana Rossa”, di Pietro Paolini

Tra le tante realtà di volontariato, ecco un viaggio di Pietro Paolini in quei luoghi di cultura e vita sociale che sono le “Case del Popolo” e i “Circoli”, soprattutto Arci. Titolo del lavoro è  “Toscana Rossa”, dalla regione che più di tutte registra la presenza di queste strutture ereditate dall’antica struttura del partito comunista.

Attilio Lauria

Pietro Paolini è nato a Firenze nel 1981. Si è laureato presso la Fondazione Studio Marangoni di Firenze nel 2005. Nel 2004 ha iniziato a rivolgere il suo interesse alla realtà del Sud America, con particolare attenzione ai nuovi paesi socialisti: Venezuela, Bolivia, ed Ecuador.

Nel 2006 ha fondato il collettivo TerraProject (www.terraproject.net/), che si occupa di questioni sociali e geografiche in Italia attraverso progetti collettivi di fotografia documentaria. Nel 2009 ha vinto il Canon Young Photographer Award. Dal 2010, è stato selezionato per far parte dei Reflexion Masterclass di Giorgia Fiorio e Gabriel Bauret. Nel 2012 il suo lavoro ‘Bolivianas’  ha vinto il secondo premio del World Press Photo nella sezioneDaily Life”.

 

  • Cos’è che ti ha spinto ad interessarti del volontariato?

L’idea di questo lavoro è venuta in modo abbastanza naturale, sono ambienti che frequento nella mia vita quotidiana. Ho sempre partecipato attraverso la fotografia e non a luoghi e situazioni dove socialità e cultura non sono un prodotto. L’occasione pratica è stata la collaborazione con Geo Germania a cui ho proposto la storia che hanno poi prodotto. Ero sicuro che sarebbero stati incuriositi da una realtà tipica italiana. In toscana abbiamo una tradizione molto forte da questo punto di vista.

  •  Per evitare il rischio di una rappresentazione retorica o semplicemente celebrativa è necessario approfondire la conoscenza del mondo del volontariato: come ti sei preparato all’approccio con questa realtà?

Non ci ho pensato molto, avevo già bene in mente cosa cercare. Alla fine l’ approccio è stato molto naturale, ho giocato un po’ con l’ironia e soprattutto con il sincero racconto delle persone e delle atmosfere.

  •  Altre qualità necessarie immagino siano empatia e rispetto per i soggetti fotografati

Questa è una regola assoluta nella mia fotografia, spesso le persone che si incontrano e le situazioni che si vivono sono più importanti delle foto a cui portano. Per me è sempre importante nella valutazione di un progetto fotografico la relazione tra il fotografo ed il suo soggetto; non credo mai alle fotografie, credo ai fotografi. In questo caso è stato facile dato i luoghi del reportage sono luoghi che fanno parte della mia vita.

  • Si riesce ad essere testimoni neutrali nel realizzare un reportage di questa natura, o si rappresenta comunque il proprio punto di vista?

La fotografia è sempre una scelta e nei media in generale si prendono sempre delle posizioni. E’ difficile essere neutrali, ma penso che nella fotografia documentaria contemporanea si stanno sperimentando linguaggi più complessi che permettono di attutire il proprio punto di vista o per lo meno renderlo più interessante, lasciando allo spettatore uno spazio interpretativo più ampio. I testimoni neutrali non sono mai esistiti, la storia e le storie sono sempre scritte da un punto di vista. Oggi è più chiaro perche abbiamo una visione meno parziale del mondo, e possiamo vedere e cercare più punti di vista stando seduti al computer. La sincerità è fondamentale, basta non confondere la propria interpretazione con la verità.

  •  Di questa esperienza umana ancor più che fotografica ti è rimasta impressa qualche storia in particolare?

Più che altro sono rimaste impresse al mio palato, per tutte le sagre e ritrovi gastronomici che ho girato.

  •  Dal punto di vista del linguaggio fotografico diversi lavori ricorrono ad una grammatica fatta ad esempio di luci e ombre incise per dare forza alla rappresentazione, o all’esasperazione drammatizzante dei contrasti, cosa ne pensi?

Questo lavoro è nato per l’ editoria, realizzato in 35mm ed in digitale, quindi comunque sono più in linea con il reportage classico, ma nel mio lavoro personale uso ancora la pellicola e non ritocco praticamente niente le foto, amo le giornate grigie quindi con poco contrasto. La scelta della postproduzione è una scelta estetica che spetta ad ogni fotografo, il problema è quando l’estetica sovrasta il contenuto, una foto deve essere forte per quello che contiene non per i suoi contrasti. E’ il contenuto della foto che fa la differenza tra un bravo fotografo e uno scarso non come scelgono di ritoccare. Purtroppo molte volte gli spettatori sono tratti in inganno da queste estetiche spettacolari o si usano con consapevolezza per rendere drammatico ciò che non lo è, in questo caso è un errore deontologico dal mio punto di vista.

  • C’è spazio secondo te per lavori concettuali, oltre il reportage documentario?

Oggi è sempre più importante rappresentare la realtà nella loro complessità, creare domande nella testa di chi guarda le foto. Quindi sicuramente c’è più spazio e interesse per un approccio concettuale che infatti si sta facendo spazio anche nella fotografia documentaria.

  • Immaginiamo di essere in un tuo workshop, quali consigli ti sentiresti di dare ai nostri lettori?

Di seguire sempre il proprio istinto, di cercare sempre la propria originalità, specialmente quando si è giovani.

  • È questo il mondo possibile?

Quando ero ragazzo speravo in mondo diverso, ma purtroppo più conosco il mondo viaggiando e più mi rendo conto che non sta cambiando proprio niente. Confido nelle persone, nei popoli, ma purtroppo le forze con cui si scontrano sono troppo forti. Quello che un uomo può fare è vivere la propria quotidianità e le proprie relazioni mettendosi in gioco e non appiattendosi con ciò che ha attorno. Sicuramente il volontariato e attivarsi per la propria comunità senza scopo di lucro sono modi per tenere viva la speranza di un mondo migliore.

 

Tutte le foto cortesia dell’Autore

Firenze, settembre 2010 – Circolo Arci “25 Aprile”; Firenze, settembre 2010 – Circolo “S.M.S. Rifredi”; Firenze, settembre 2010 – Archivio Storico della resistenza; Firenze, settembre 2010 – Circolo Arci “Le vie Nuove”; Scandicci (Firenze), settembre 2010 – “Festa Rossa”, la festa organizzata da Rifondazione Comunista Toscana; Borgo San Lorenzo (Firenze), settembre 2010 – Celebrazione ufficiale per la liberazione di Borgo San Lorenzo organizzata da ANPI Associazione Nazionale Partigiani Italiani; Firenze, 25 aprile 2011 – Festa della liberazione – Pranzo popolare organizzato da ARCI.

 

  1. Massimo Pascutti says:

    Pietro Paolini ci mostra una realtà che in alcuni regioni è ancora molto radicata: la passione , quasi nostalgica, politica e sociale, che fa si che lo spirito di aggregazione sia il collante necessario per rimanere aggrappati ad un ideale.
    Di fronte ad uno scenario politico che di passionale ormai non ha più nulla, vedere queste immagini ci riporta indietro nel tempo, quando ancora esistevano Peppone e Don Camillo, quando bastava una stretta di mano per raggiungere un accordo .

  2. Andrea Angelini says:

    Spesso il tema del volontariato viene aggregato al solo lavoro, dimenticando invece che in ogni associazione di volontariato, vedi ad esempio anche i nostri circoli fotografici, esiste una componente ludica, di autopartecipazione agli eventi. Organizzare eventi è ovviamente ancor più piacevole quando si condividono interessi ed amicizie. Questo è lo spirito che muove migliaia di persone a lavorare per altri su temi o progetti a cui sono direttamente interessati. Anche questo è volontariato. Non dimentichiamolo. Paolini ci mostra momenti di divertimento che sono il risultato di una partecipazione attiva all’associazionismo. Momenti da condividere che sono possibile grazie solo alla volontà di tanti aggregati che credono al gruppo a cui fanno parte. Grazie a Pietro per averci mostrato il suo portfolio. Passione + volontà = FIAF + TpT

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