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MOSTRA FOTOGRAFICA: ANTONIO FACCILONGO E GABRIELE CECCONI

presso ISTANTI FOTOGRAFIA E CULTURA - Perugia

Istanti Fotografia e Cultura ha il piacere di presentare un’unica mostra fotografica che vedrà protagonisti due lavori e due autori di grande spessore:
Habibi di Antonio Faccilongo
e
TiàWùK di Gabriele Cecconi.
Le mostre verranno inaugurate  venerdì 8 aprile alle ore 18:00 – presso la sede Istanti in Via Cartolari, 19 – Perugia

Ingresso libero – aperto il week end dalle 18.00 alle 20.00 fino a domenica 15 maggio.

L’espressione mondo arabo è usata convenzionalmente per indicare i ventidue stati appartenenti alla Lega Araba. Circa 500 milioni di persone fanno parte di questa lega.
Questo mondo seppur unito dal nocciolo tradizionale comune dell’islam, è attraversato da forti differenziazioni e contrasti dovuti alla peculiarità etniche, culturali ed economiche dei singoli stati.
Lo scopo di questa esposizione è quello di cercare un dialogo (o scontro) tra due visioni opposte e complementari di questo
mondo, mettendo così a confronto due realtà apparentemente inconciliabili, quelle di Kuwait e Palestina.
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Habibi è la cronaca di una storia d’amore ambientata in uno dei più lunghi e complicati conflitti contemporanei, la guerra israelo-palestinese.
Le mogli dei prigionieri palestinesi si sono rivolte al contrabbando di sperma per concepire figli dai loro mariti che stanno scontando lunghe pene nelle prigioni israeliane. Circa 7.000 palestinesi sono detenuti, e quasi 1.000 affrontano pene di 20 anni o più.
Negli ultimi 7 anni, secondo l’ospedale Razan di Nablus che fornisce trattamenti di fecondazione in vitro in Cisgiordania, sono nati circa 100 bambini. Questi trattamenti sono offerti gratuitamente a queste donne perché i loro mariti sono considerati dalla collettività come martiri viventi che hanno rinunciato alla loro libertà per la patria.
Le visite coniugali sono negate e i prigionieri palestinesi possono vedere i loro familiari più stretti attraverso una finestra di vetro. Con la scusa di fare regali ai loro figli, i prigionieri mettono il loro sperma in tubi di penna vuoti e lo nascondono dentro barrette di cioccolato. Questo è il metodo più comune tra i prigionieri e l’unica speranza per le loro mogli di avere nuovi figli e crescere una famiglia.
La vita di queste donne è sospesa in un’eterna attesa del ritorno dei loro cari. La fecondazione in vitro è un modo per non arrendersi alla condizione di prigionia dei loro mariti e affrontare con coraggio le difficoltà della vita quotidiana crescendo i loro figli da sole in una zona di guerra. Questa zona troppo spesso viene mostrata solo come un luogo di guerra e di conflitto, pieno di contrasti, soldati, azioni militari e armi. Habibi, che in arabo significa “il mio amore”, cerca di mostrare l’impatto del conflitto sulle famiglie palestinesi analizzando le difficoltà affrontate nel preservare la loro dignità umana e cercando di capire la realtà nascosta dietro la guerra.
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Antonio Faccilongo è un fotografo documentarista e filmmaker italiano, docente di fotografia alla Rome University of Fine Arts.
È Fujifilm X-Photographer e rappresentato da Getty Images.
Dopo la laurea in scienze della comunicazione e un master in fotogiornalismo, ha focalizzato la sua attenzione sull’Asia e il Medio Oriente, principalmente in Israele e Palestina, coprendo questioni sociali, politiche e culturali.
I suoi progetti a lungo termine sulle donne e le loro famiglie in Palestina hanno ricevuto diversi premi e sovvenzioni tra cui il World Press Photo story of the year, il 1° premio nella categoria progetti a lungo termine al World Press Photo, FotoEvidence Book Award con World Press Photo, Getty editorial grant e il 1° premio World Understanding Award al POYi Pictures of the year International.
I suoi lavori sono stati esposti a livello internazionale in numerose mostre e festival tra cui 2 volte al World Press Photo Festival, Les Rencontres d’Arles, Zoom Festival, Festival della fotografia etica, ed è stato pubblicato in alcune delle più importanti pubblicazioni internazionali tra cui National Geographic, Time, Stern, Der Spiegel, Le Monde, Geo, The Guardian, 6Mois, Paris Match, Focus, Sette, L’Espresso, Internazionale e molti altri.
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Questa esplorazione visiva è un viaggio su un altro pianeta. Tiàwùk è un pianeta situato in una galassia abbastanza vicina a noi, è piccolo rispetto alla terra e le condizioni ambientali sono estreme ma abbastanza adatte alla crescita e all’adattamento della vita umana. Dopo anni di osservazione astronomica l’umanità ha trovato per la prima volta un altro pianeta con vita umana e questa è la sua documentazione visiva. Questo pianeta è abitato da 4 milioni di persone e solo il 6% della terra è coltivabile. I veri cittadini sono solo circa 1 milione e gli altri abitanti sono espatriati che vi lavorano da altri pianeti vicini. Secondo le informazioni a nostra disposizione il pianeta è stato colonizzato di recente e dopo molti anni è stata scoperta una fonte segreta di energia: in pochissimo tempo è diventato una dei pianeti più ricchi di tutto l’universo. Una parte della popolazione che solo recentemente ha scoperto la ricchezza economica, secondo le nostre osservazioni, soffre di disturbi psicologici i cui sintomi si ritrovano in una visione pseudo-materialista e distopica del mondo circostante. Sappiamo che il mondo esterno che creiamo e viviamo è un riflesso del nostro mondo interiore e sappiamo anche che la mancanza di consapevolezza interiore e l’attaccamento sono le fonti della sofferenza che proiettano la mente umana lontana dal sè. In Kuwait il disagio interiore esacerbato da un’errata ricezione del modello capitalista incontra la ricchezza economica dando forma al concetto di “economical fantasy” che disvela la costruzione di una visione distorta della vita e della realtà tesa tra i suoi eccessi e le sue contraddizioni.
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Gabriele Cecconi è un fotografo documentarista italiano interessato a questioni culturali, politiche e ambientali. Si è avvicinato alla fotografia dopo una laurea in legge e nel 2015 è stato selezionato da Camera Torino e Leica per una masterclass con il fotografo Magnum Alex Webb. Da allora ha realizzato diversi reportage fino al 2018 quando ha iniziato a lavorare su progetti a lungo termine.
Il suo progetto sulle conseguenze ambientali della migrazione dei Rohingya nel sud del Bangladesh ha ricevuto numerosi premi internazionali tra cui il Yves Rocher Photography Award al Visa pour l’image, Andrei Stenin Grand Prix, PX3 photographer of the year e il LUMIX Sustainability award tra gli altri.
Il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale in musei, festival e gallerie tra cui il Museo di Stato Ermitage, la sede delle Nazioni Unite, Photo Vogue Festival, Ethical Photography Festival ed è stato pubblicato da giornali italiani e internazionali tra cui L’espresso, National geographic, Internazionale, Newsweek, Courrier international.
Parallelamente svolge attività di ricerca sul rapporto tra cultura, potere e rappresentazione e sugli aspetti spirituali e pedagogici delle arti visive.
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