Ma quale "nouvelle identité”?
FOTOIT è la rivista della FIAF, Federazione Italiana Associazioni Fotografiche, federazione alla quale facciamo parte anche noi come Circolo.
Nel numero di aprile 2016 appare un articolo sul portfolio di Stefano Miliffi “Una nouvelle identité” premiato al concorso di lettura Portfolio: 9° portfolio al mare 2015 tenutosi a Sestri Levante.
Letto l’articolo (lo riportiamo alla fine), abbiamo dovuto rileggerlo perché la sfasatura tra foto e testo era completa.
Ma quale “nouvelle identité”?
Considerazioni su un concorso e relativa recensione
Essendo da una vita iscritto alla Federazione Italiana Associazioni Fotografiche (FIAF), ricevo regolarmente il mensile “FOTOIT”, che leggo con una certa attenzione. Già in alcuni degli ultimi numeri avevo notato un qualche deterioramento delle proposte fotografiche, ma questa volta l’articolo del mese di aprile a pag.56-57 mi ha fatto letteralmente trasecolare.
Trattasi di un resoconto dedicato al portfolio di Stefano Miliffi titolato “Una nouvelle identité” avente per tema la nascita di una moderna città satellite in Marocco. Leggo con stupore e turbamento che l’opera è la seconda classificata al Concorso di lettura portfolio “Nono portfolio al mare (2015)” di Sestri Levante. L’articolo è corredato da otto immagini (non si sa se sono l’intero portfolio o una selezione di questo), a parer mio di una pochezza espressiva disarmante. Dato che comincio ad avere una certa età ed ho bisogno di conferme, ho scannerato le immagini e le ho fatte vedere agli altri associati del Circolo Fotografico Scledense, chiedendone giudizio. Vi risparmio quanto proferito dai presenti, per amor di Patria e per amor di FIAF.
La prima domanda
Come fa un portfolio del genere ad essere premiato in una lettura-portfolio a carattere nazionale? Com’era il terzo classificato? E quelli non ammessi? Perché, delle due l’una: o la giuria (di cui purtroppo non vengono dati i nomi) non era, diciamo, in gran giornata, oppure il livello dei partecipanti era a dir poco preoccupante (propendo istintivamente per la prima ipotesi).
Ma la cosa non finisce qui, perché questo non è certo l’aspetto peggiore di questa storia: concorsi in cui non vengono premiate le opere qualitativamente e concettualmente migliori sono all’ordine del giorno.
Pieno risalto
Il fatto peggiore è che una rivista come FOTOIT ha pensato bene di dare pieno risalto a questo racconto malriuscito. Il commento è di Marcello Ricci, che non conosco personalmente, ma che so essere critico di chiara fama. Ebbene: tenete ben d’occhio le foto e sentite quanto detto: “...da notare, in tutta evidenza, il colore rossastro della terra del suolo… che contrasta con l’azzurro del cielo originando un’atmosfera particolare ove riecheggiano, talvolta, “segni” tipicamente arabeggianti“. Il colore rossastro del suolo? ma dove? a meno che non sia improvvisamente diventato daltonico, non lo vedo in nessuna delle otto immagini qui proposte: solo verde, ocra o cemento biancastro. E poi l’azzurro del cielo: un tenue azzurrino (non certo l’azzurro intenso del Marocco) compare sì e no in metà delle immagini, il resto è un cielo bianchiccio di stampo brianzolo. E infine i segni tipicamente arabeggianti: ma signor Ricci, lei sa cosa significa un segno arabeggiante? non sono certo i tetti piatti, men che meno le finestre rettangolari, e nemmeno gli archi a tutto sesto. Di arabeggiante nelle otto immagini proposte non c’è assolutamente nulla! Nelle immagini presentate non solo non c’è alcun elemento di rimando al mondo arabo, ma non c’è neppure per il Marocco: le stesse evidenziano una desolante sequenza di edifici anonimi che potrebbero essere stati costruiti in qualsiasi altra parte del mondo: il contrario del “fascino del mondo africano e della cultura araba“.
E allora, escludendo un momento di delirio da parte del commentatore, voglio immaginare un’altra ipotesi, e cioè che il nostro signor Ricci abbia commentato un numero ben maggiore di immagini, alcune delle quali (che però non compaiono nell’articolo) contenevano ragionevolmente gli elementi descritti. Questo potrebbe rendere meno severo il giudizio su chi ha scritto, ma peggiorare ancor più la posizione del direttore, che certamente non ha affatto “vigilato” (lo dico in modo eufemistico) su quanto andava in stampa. In ogni caso l’articolo rimane comunque un pessimo esempio di promozione fotografica: non fa del bene alla rivista e soprattutto non lo fa alla fotografia.
Paolo Tomiello
presidente Circolo Fotografico Scledense
Le immagini
Ed ecco l’articolo integrale apparso su Fotoit
PORTFOLIO ITALIA di Marcello Ricci
STEFANO MILIFFI
UNA NOUVELLE IDENTITE’;
Il portfolio “Una nouvelle identite” di Stefano Miliffi di Lucca è l’opera seconda
classificata al Concorso di Lettura Portfolio “9° Portfolio al mare (2015)”; di Sestri
Levante (GE)
Il lavoro di Stefano Miliffi è la prima fase di un progetto finalizzato ad affrontare il tema dello sviluppo sociale ed economico del Marocco, uno Stato che già oggi è tra i più avanzati paesi africani e che dimostra grandi possibilità e chiare intenzioni di intervenire sulle varie componenti di una società moderna. L’opera, pertanto, ha l’intento di introdurre uno degli aspetti più evidenti di quella spinta socio-economica, e cioè la nascita di una moderna “città satellite”, ed è strutturata con una sequenza di tipo documentario atta a rappresentare, appunto, gli elementi salienti di un nuovo centro urbano. Le immagini ci mostrano lunghe schiere di abitazioni col tetto a terrazza – molte delle quali arricchite da piccole aree verdi – circondate da spazi ampi e razionali con funzioni di “respiro”; o attrezzati per lo sport, per l’infanzia o per il parcheggio. Un complesso urbano percorso da vie per la circolazione veicolare, opportunamente organizzate, in modo da creare “permeabilità”; tra i vari elementi del sistema, concepiti con criteri di urbanizzazione avanzati e adatti alla presenza antropica di tipo residenziale ed ai servizi. Da notare, in tutta evidenza, il colore rossastro della terra del suolo – molto frequente in Africa – che contrasta armonicamente col bianco delle costruzioni e con l’azzurro del cielo, originando una atmosfera particolare ove riecheggiano, talvolta, “segni”; tipicamente arabeggianti. L’Autore è riuscito, con molta semplicità, a darci un’idea del processo di sviluppo. La tecnica di ripresa, sebbene dimostri un percorso fotografico propedeutico di futuri approfondimenti, appare corretta, sia per i contenuti sia per la forma. A sera, le luci accese all’interno degli appartamenti sono rare, come del resto risulta quasi inesistente la presenza dell’uomo, ma l’illuminazione generale dell’ambiente è, forse, “simbolo” intuibile di una vita già palpitante. La prima pietra del progetto ambizioso di Miliffi appare giustamente apposta, un progetto che sarà certamente da realizzare unendo la funzione paesaggistica con le componenti esistenziali dell’essere umano, in piena simbiosi col fascino del mondo africano e della cultura araba.