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Rovolon Fotografia 2022 2023 / 3

La formula di Rovolon Fotografia, ormai collaudata essendo quest’anno all’ottava edizione, prevede mostre presenti in quasi tutti i negozi ed i ristoranti della zona, oltre che nella Biblioteca Comunale. Quest’anno però si è arricchita di una nuova sede presso la Sala Polivalente della Scuola Materna “Il Bucaneve” nella frazione di Carbonara, con uno spazio espositivo di ben 350 mq che ha potuto ospitare i lavori di 16 autori, portando in tal modo a 40 i fotografi presenti. Di seguito, per ogni autore, tre scatti tra quelli esposti  e la presentazione dei singoli lavori.

Manifestazione con Riconoscimento FIAF F37/2022

Cecilia CIARLY + Francesco PERTINI + Corrado COMPOSTELLA + Cristina SARTORELLO + Tiziana MARINI + Duilio AVEZZÙ + Letizia BRESSAN + Leonardo MARSILI + Lucio BRAGLIA + Carlo GALLIOTTO + Massimo DI VINCI + Leo Maria SCORDO + Maria Grazia COLCERA


Cecilia CIARLY – RITRATTI

Mi piace scattare quando la mia vittima non cerca di essere un’altra, ma si “accontenta” di essere se stessa.


Francesco PERTINI

JESOLO – 313’ GRUPPO ACROBATICO FRECCE TRICOLORI

Sul litorale di Jesolo da molti anni si svolge la manifestazione AIR-SHOW, che al suo interno prevede, oltre ad altre esibizioni, quella spettacolare della nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale, meglio conosciuta come FRECCE TRICOLORI.

Per un intero week-end decine di migliaia di spettatori possono assistere ad uno spettacolo unico con protagonisti i migliori piloti italiani e gli aerei più tecnologicamente avanzati, sullo sfondo del nostro mare Adriatico.

Gli scatti che presento sono stati eseguiti durante alcune delle esibizioni degli anni scorsi, e rappresentano solamente una piccola parte delle capacità di questi uomini e della bellezza delle loro evoluzioni.


Corrado COMPOSTELLA – VOP (Very Ordinary Person)

In contrapposizione con l’acronimo VIP , le persone ordinarie sono la maggioranza degli esseri umani. Se le osserviamo, ognuna di loro è unica,  e vive in un proprio piccolo “mondo”. La società in cui viviamo esalta lo straordinario, mortificando l’essere comune. E’ dalla “straordinarietà” dell’ordinario che questa mostra prende spunto.  In mostra, le foto di persone “Ordinarie”.


Cristina SARTORELLO – SCACCO MATTO 

A Marostica, nel territorio vicentino della Serenissima, correva l’Anno di Grazia 1454: c’era “Una fanciulla bellissima di nome Lionora e due giovani pretendenti pronti a sfidarsi a singolar tenzone per conquistarsi il diritto di impalmarla.  Ed un padre, Taddeo Parisio, castellano della città, che non voleva perdere nessuno dei due valenti giovani. Così il saggio Taddeo decise che Lionora sarebbe andata in sposa al pretendente che avesse vinto una partita al nobile gioco degli scacchi; lo sconfitto sarebbe divenuto ugualmente suo parente, sposando Oldrada, sua sorella minore, anch’essa giovane e bella. L’incontro si sarebbe svolto in un giorno di festa nella piazza del Castello da basso, con pezzi grandi e vivi, armati e segnati con le insegne del Bianco e del Nero, secondo le antichissime regole imposte dalla nobile arte, alla presenza del Castellano, della sua affascinante figlia, dei Signori di Angarano e di Vallonara, dei nobili delle città vicino e di tutto il popolo. Decise anche che la sfida sarebbe stata onorata da una mostra in campo di uomini d’arte, e da fuochi e luminarie, ballerine, suoni e danze.

E così avvenne!

Oggi come allora l’emozione si rinnova, in una fastosa cornice di costumi preziosi e di gonfaloni, affascinanti dame ed intrepidi cavalieri, scherzose maschere della Commedia dell’Arte, giocolieri, rinnovando negli animi il sapore antico di una appassionante storia d’amore, in uno dei borghi murati più belli al mondo!


Tiziana MARINI – AL TRAMONTO

Io, con la mia fotocamera mi sono trovata in queste spiagge, a piedi nudi a volte sola con qualche gabbiano che volava libero in queste distese avvolte in una luce surreale del tramonto.
Il mio cuore gonfio di gioia per la bellezza, ho iniziato a catturare più immagini possibili perché quei momenti rimanessero impressi…
Spero possano dare anche a voi la mia stessa emozione.

Il mio approccio alla fotografia è stato tardivo, ho avuto dei problemi ad un occhio, dieci anni fa ho risolto e mi sono messa in gioco .
La fotografia comunque è sempre stata presente nella mia vita avendo due fratelli fotografi professionisti che ho sempre seguito.
Amo tutti i generi di fotografia sport eventi rievocazioni storiche paesaggi, amo viaggiare e da ogni viaggio cerco, con i miei scatti, di catturare il più possibile usi e costumi dei popoli che visito.


Duilio AVEZZÙ – UNA TRADIZIONE ANTICA, UN RITO CHE CONTINUA…

Il settore carne suina, al di là dei mercati a carattere nazionale ed internazionale, è sempre stato un comparto tipico della parte nord dell’Italia e in particolare del Veneto. Infatti, fin dai tempi lontani, il maiale rappresentava un alimento essenziale per le famiglie soprattutto per quelle a basso reddito. Nelle campagne si allevavano i suini o porsei, (come li chiamiamo noi), che garantivano il cibo tutto l’anno, per cui diventava un grande momento l’uccisione del maiale alla fine dell’autunno all’arrivo della stagione fredda. Il rito prevedeva un coordinatore (norcino, in dialetto “masin”) attorniato dai collaboratori che lo aiutavano nelle operazioni: a lui il compito di selezionare la carne, di controllare la salatura ed effettuare la pesatura. Il prodotto poi finito veniva insaccato e appeso alle travi in un luogo che assicurasse una certa ventilazione atta a conservare il salume (salami, soprese, panseta e museti) fino alla maturazione alla fine della primavera successiva (boni anca se i ciapava un poco de ransin). Il rito è rimasto uguale negli anni e veniva fatto esclusivamente in casa; ora, in base alle nuove norme, è necessario svolgere le prime operazioni al macello e poi concluderle nell’ambito casalingo. La gestualità rimane la stessa dei tempi andati, così pure l’entusiasmo dei lavoranti che rimangono soddisfatti per il prodotto e per il senso di socialità insito in questo rito. Negli anni 50 in un documentario di Mario Soldati “Viaggio lungo il Po” arrivando nella pianura veneta il regista intervistava i contadini riguardo a questa tradizione e ricevette una risposta esemplare “bisognerebbe erigere un monumento al maiale: ha salvato intere generazioni dalla fame!”

Nato a Cavarzere, dove tutt’ora risiede, nel 1948. La sua passione per la fotografia inizia negli anni 70. Dal 1978 frequenta il Fotoclub Cavarzere dove allarga il suo interesse per la fotografia amatoriale ed inizia la pratica dello sviluppo e della stampa in B.N. I suoi soggetti preferiti sono: paesaggi, figure ambientate e ritratto. Nel 1980 si iscrive alla FIAF, inizia partecipare a concorsi fotografici valevoli per la statistica FIAF, ottenendo lusinghieri risultati. Nel 1985 dopo varie segnalazioni, primi premi, partecipa ad una rassegna fotografica con i migliori fotografi del Triveneto ( Sergio Del Pero, Giorgio Rigon per citarne qualcuno) e le oltre 40 ammissioni in concorsi nazionali gli avvalgono l’onorificenza A.F.I. (Artista Fotografo Italiano) . La passione per la fotografia e la storia del suo paese lo porta alla ricerca di foto di personaggi e avvenimenti successi negli anni addietro, per poter rifotografare, stampare e riproporre tali ricerche divenute un mezzo di conoscenza per le nuove generazioni, realizzandone fino ad oggi 15 accompagnate da 6 pubblicazioni. Dopo oltre 40 anni questo percorso prosegue con i mezzi fotografici digitali rispettando comunque il suo personale modo di fare fotografia.


Letizia BRESSAN – Tuscany 2022

Immagini tratte da un breve viaggio toscano in ottobre 2022, assieme ad un gruppo di amici fotografi Cinesi dagli Stati Uniti;
sono state intensificate le relazioni, gli scambi di vedute, le opinioni e le avventure, rafforzate vecchie e nuove amicizie;
la fotografia può essere anche questo.


Leonardo MARSILI – Ritratti 

Forza, magia, dolcezza, passione, simpatia. Quindi… Donna.


Lucio BRAGLIA – In cammino 

Lucio Braglia è un fotografo. Un fotografo? Davvero lo è?

Ma davvero sono fotografie queste sue immagini così scabre così “prosciugate, così refrattarie- come avrebbe detto Ungaretti- così totalmente disanimate”? E poi, siamo sicuri che queste sue forme che virano verso l’astrazione siano davvero donne e non invece i loro fantasmi, proiezioni di corpi astrali oppure di qualsiasi altro frammento di una indecifrabile realtà?

E davvero siamo certi che queste macchie e forme evanescenti che s’imprimono sul foglio come pallida e frammentata sinopia, ricavate da una tavolozza di magri ed avari colori di cui poi si perdono progressivamente le tracce, inabissate in chissà quale nulla, siano immagini fotografiche?

No, niente è come sembra, in Braglia. Finzioni e artifici alla Borges, sono infatti queste sue fotografie: immagini che scompaginano le nostre certezze visive, che ci danno l’illusione di trovarci davanti a qualcosa d’altro e diverso rispetto ad una foto; forme che sembrano nascere ed affiorare dalla superficie di fondo come un lieve, materico rilievo del supporto cartaceo, bianca materia increspata di onde, di pieghe, di valori tattili, di luce e di ombre.

Infatti queste immagini non potrebbero vivere senza il loro supporto di carta, che è l’aria che esse respirano, che è l’humus da cui prendono forma: forma di spiriti sottili talvolta dagli incerti e labili confini, forma che si dà per sottrazione, ovvero “per via di levare e non per via di porre”, come avrebbe detto – “si parva licet componere magnis” – il sommo Michelangelo.

Sia come sia l’effetto è fascinoso, di forte valore estetico e non serve conoscere i processi “alchemici” con cui l’autore trasforma la materia per far nascere l’opera. L’unica cosa che possiamo dire è che Braglia appartiene di diritto a quell’arte contemporanea che si è formata attraverso il nomadismo culturale, la coesistenza e la mescolanza di linguaggi e tecniche diversi. Quell’arte, insomma, che ha fatto dello sconfinamento dei ruoli e del “meticciato” dei generi e delle discipline una caratteristica della propria nuova identità.

Lucio Braglia, tra i nostri fotografi, sembra averlo capito tra i primi: per questo la strada che egli percorre si addentra, con esiti ricchi di suggestioni, nei territori di quella dilatata regione che già molti critici hanno battezzato con il nome di post-fotografia.

Prof. Giuseppe Berti


Carlo GALLIOTTO – Cagliari – Sant’Efisio 2019

Sant’Efisio è il patrono della città di Cagliari e venerato in tutta la Sardegna; da oltre 360 anni ininterrottamente viene celebrata questa festa della durata di 4 giorni e con una processione che con vari mezzi porta la statua del Santo da Cagliari a Nora (circa 42 chilometri) e quindi di nuovo a Cagliari entro la mezzanotte del quarto giorno.

Queste fotografie sono una piccolissima testimonianza della partecipazione delle migliaia di persone partecipanti alla processione con il loro carico di fede e accompagnati dai costumi tradizionali di diversi comuni della Sardegna.


Massimo DI VINCI – Con un po’ di ironia.

Quante cose singolari e divertenti succedono attorno a noi mentre camminiamo in città o facciamo una passeggiata?
Spesso, basta lo spirito giusto, un po’ di leggerezza che guidi il nostro sguardo, per accorgerci di scene simpatiche e magari anche buffe che ci strappano un sorriso.


Leo Maria SCORDO – ISLANDA

Il fascino estremo del nord
L’ uomo è un animale politico” e, cercando di comprendere il “piacere” di fare fotografia, ho concluso che questa passione scaturisce dal bisogno di relazionarsi con l’altro, con la varietà degli esseri viventi e le meraviglie della natura, del paesaggio naturale o artificiale in cui si svolge il nostro vivere.
È questa la linfa che anima il fotografo e pertanto è accattivante e appagante l’input che anima appassionati come noi ad affrontare viaggi avventurosi per rubare segreti alla notte, immortalare la magia e l’ incanto dell’alba, fermare le multiformi immagini attraverso quel la connessione emotiva propria di ciascuna interiorità…
E poi, come non sottolineare il piacere, anzi il bisogno di relazione sociale, di interscambio, di confronto.
Questa mostra è dedicata ai miei allievi che spesso sono anche i miei compagni di viaggio.
Racconta tre anni di avventure vissute intensamente in islanda alla ricerca della luce migliore.
“La fotografia di paesaggio è la prova suprema del fotografo, e spesso la sua delusione suprema” Ansel Adams


Maria Grazia COLCERA – Perdonare Marghera

La fotografia è per me una grande passione che mi accompagna ovunque.
Mi permette di vedere il mondo con occhi diversi,con una sguardo al passato ma proiettata nel futuro, con il desiderio di scoprire,
la voglia di emozionare e il gusto di catturare,cerco di trasmettere tutto il mio vedere.
Fotografando non voglio limitarmi a fornire la mia interpretazione, ma mi piace aprire delle porte che stimolino ad osservare la realtà che ci circonda con occhi diversi.

Con questa mia mostra “PERDONARE MARGHERA” La città del lavoro nella memoria post industriale, La città metropolitana di Venezia potrà riconciliarsi con il proprio passato industriale?

All’alba del XXI secolo la pluridecennale storia della città del lavoro sorta all’immediato ridosso di Venezia consuma una frattura epocale con se stessa.
I vari gradi di giudizio tra il 2001 e il 2004 del processo ai dirigenti della Montedison per la morte di 157 operai; l’incidente avvenuto il 28 novembre 2002 negli impianti del Petrolchimico di Marghera, che ha sfiorato la catastrofe ambientale; il referendum cittadino del 2006 sul futuro della chimica: negli ultimi anni questi episodi hanno contribuito ad una profonda rielaborazione dell’identità urbana di Marghera.
Da avamposto del progresso e della modernità, il polo industriale dell’entroterra veneziano è stato vieppiù percepito come un disastro continuato, una minaccia innescata, il residuo tossico di una storia conclusa, e rimosso dalla rappresentazione spaziale della città.
Se la storia della fabbrica è la storia di un “crimine di pace”, allora il “tempo della fabbrica” viene delimitato come “tempo di guerra”, e come tale portatore di violenza e traumi, produttore di vittime, causa di divisioni e contrasti fra la popolazione.
Ciò ha modificato il modo di vivere la prossimità agli impianti industriali, le aspettative per il futuro, ma anche la memoria del rapporto tra gli abitanti e i lavoratori, tra i residenti e la fabbrica.

Testo ricavato dal libro Perdonare Marghera di Laura Cerasi

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