Comunicazioni del Dipartimento

SOSPENSIONE – di Piera Cavalieri

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Cronache Di Cult

 
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Questo libro è il frutto di un laboratorio che ho svolto nel 2019, l’anno successivo al crollo del Ponte Morandi.
 

 
Il degrado è un concetto contemporaneo, nulla ha a che fare con gli entusiasmanti anni Sessanta. È declinabile in ambientale, architettonico, sociale, politico e ci costringe ad una costante immersione nella decadenza, dove la bellezza lotta per sopravvivere.
Noi siamo parte dell’ambiente e se è vero che l’ambiente influisce sul nostro stato di benessere sia fisico che mentale c’è da chiedersi come ha influito su di noi e sulla nostra condotta. Se è altrettanto vero che esiste una relazione tra il crescente disagio esistenziale e l’aumento del degrado ambientale, mi chiedo cosa ha provocato l’annientamento della certezza che un’infrastruttura, il Ponte Morandi, fosse indistruttibile.
Quel mattino d’agosto tutti ci siamo incollati, sgomenti, agli schermi che ci mostravano l’apocalisse del crollo. La città e chi la abita, non ha avuto il tempo per leccarsi le ferite, ha dovuto mettere in moto da subito la capacità di rialzarsi. Ogni genovese ricorderà per sempre quando è passato l’ultima volta sul Ponte, convivendo con la sensazione di un miracoloso scampato pericolo, che provoca angoscia, paura e rabbia.
A distanza di un po’ di tempo, è stato possibile avviare un progetto fotografico che ha tentato di raggomitolare i sentimenti che si sono generati dopo il crollo, nel doloroso percorso di ricostruzione e quella sorta di malinconico genius loci che avvertiamo nella natura urbanizzata.
L’idea che ho proposto è stata, inizialmente, accolta con timore. Il terreno era delicato, era facile cadere in una sorta di retorica fotografica o nella ripetitività di immagini documento che si sono susseguite in questi mesi. Il fine del progetto invece era provare a raccontare fotograficamente quel sentire a cui i genovesi sono stati costretti.
I quattro autori, chi residente a Genova da anni, chi da sempre, hanno accettato di percorrere questo sentiero accidentato.
La ricostruzione di finzione del Ponte che ne ha fatto Paola Bernini ha dato sostanza a quell’idea, sottesa nel titolo, di Sottosopra, quella sensazione di disorientato ribaltamento che ha accompagnato la città intera. Ha usato la bellezza dell’immagine come sfida alla crudeltà del dolore.
Con Quello che rimane di Clara Cullino percepiamo l’immensità del dolore.  Sono sufficienti alcune, tristi macerie per sentire lo schianto che le ha prodotte e il silenzio di quelle morti. A dirci che dobbiamo e possiamo resistere sono delle esili infiorescenze che si sono fatte strada fino ad avvolgere quella strana linea di demarcazione.
Le parole che si sono spese attorno a questa tragedia sono state eccessive, liberatorie, bugiarde, utili e inutili, sono il bla bla bla della serie di Antonietta Preziuso. Abbandonando il repertorio più realistico, l’autrice utilizza un linguaggio evocativo, all’apparenza dei segni grafici che ci conducono nella vertigine del crollo.
In Prima del cielo, Massimiliano Morini guarda all’inquietudine che genera il territorio attraversato da gallerie e viadotti. L’addomesticamento della natura che ha galvanizzato gli anni delle grandi costruzioni è stato deposto da una più incombente malinconia. La seduzione delle grandi opere sembra non appartenere più al nostro tempo lacerato da una crisi climatica e ambientale senza precedenti.
Piera Cavalieri
 

SOSPENSIONE

 

Paola Bernini

 
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Clara Cullino

 

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Massimiliano Morini

 

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Antonietta Preziuso

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Estratto da “I piloni del ponte Morandi ad Agrigento” di Tano Siracusa

…Il crollo di un ponte può essere, come è stato a Genova, innanzitutto una tragedia. Difficile da elaborare. Difficile da commentare.
Se  il commento viene affidato, come in questo caso,  al  linguaggio della fotografia, visivo e asintattico, è  più facile  forse riconoscere come il crollo di un ponte sia anche  il venir meno di una prospettiva visiva dall’alto, aerea e in movimento.
Una prospetitiva  insolita, capovolta,  e perciò eccitante…
…Il  suo crollo     allora  è  la scomparsa di una funzione,   di  un’impronta umana sul paesaggio, ma anche di un segno che era  un disegno, una forma…
…Vedere queste fotografie da Agrigento è  particolarmente perturbante.  E’ come guardare la sciagura che poteva accadere  anche qui e non è accaduta.
Ad Agrigento il ponte Morandi che collega la periferia sud della città alla periferia nord di Porto Empedocle,  è  infatti ancora al suo posto, ben visibile, con i suoi piloni ciclopici  che affondano nella  necropoli  greca: disegno e segno però, e niente altro. Il ponte è infatti stato chiuso nel 2015 perchè quei piloni  minacciavano di crollare.  Da allora non è stato riaperto…
…A Genova  invece il crollo ha strappato   le forme della modernità novecentesca,   sostituendo  a un segno umano il vuoto, ad una scrittura la pagina bianca.
Su  quella pagina  Clara Cullino, Paola Bernini  Massimo Morini e Antonietta Preziuso  hanno rintracciato i segni  dolorosi del prima, immaginato  fra angosce e fascinazioni quelli del dopo, mostrato la cifra di un presente che rischia di trasformare anche le tragedie in chiacchiera mediatica…
 
 

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2 commenti

  1. Chi è di Genova, ci abita oppure la conosce come Ligure, anche attraverso la letteratura, la musica d’autore, la poesia, la fotografia d’autore e tante altre espressività, sa che Genova è una città prigioniera tra terra e mare. Questa caratteristica l’ha portata, nel tempo, a svilupparsi in altezza ma anche stratificandosi in virtuosismi architettonici. Forse è proprio per questa mentalità che il progetto di Morandi è stato, come per la sopraelevata, accettato e amato dalla popolazione che ha visto in questi due progetti, la rappresentazione del grande sviluppo e potere economico di una città e del suo porto.
    Il tempo però ci ha mostrato l’altra medaglia, il degrado contemporaneo, appunto, è il risultato di un modello sociale e politico che non funziona.
    Il crollo del Ponte Morandi, così come le innumerevoli e disastrose alluvioni, sono il simbolo di un cosa e come che non devono ripetersi e che devono invece essere sostituiti da un’etica che privilegi l’uomo al denaro.
    Le sagge ristrutturazioni ci hanno permesso di godere di grandi opere del passato, in questo caso, ahimè, bastava una saggia manutenzione!
    Il nuovo ponte ha la firma di un grande architetto contemporaneo, segnerà un’epoca e, speriamo, un cambiamento.
    Le immagini qui proposte esprimono questo dissapore, mostrano quello che resta, oltre la realtà.
    Il commento non può essere anonimo, prego inviare il nome scrivendolo nei commenti altrimenti verrà cancellato

  2. Queste immagini sono toccanti, riportano vivissimi alla memoria i
    momenti di sgomento che hanno sconvolto le nostra vita in quel terribile giorno ed in quelli successivi. La riflessione che segue, anche leggendo l’articolo che accompagna le fotografie, è che nulla può darsi per scontato, né per quanto riguarda la natura né tanto meno per quanto riguarda le opere umane. Tutto ciò che è stato costruito nei favolosi anni del boom economico italiano è stato successivamente poco curato se non addirittura abbandonato a sé stesso, tramandando una triste abitudine che sembra contraddistinguere il nostro bel Paese. Un po’ ovunque il degrado sta soffocando la bellezza manifestando esteriormente la mancanza di valori , o quantomeno il prevalere di valori negativi, che caratterizzano la società contemporanea. Circa tre secoli fa Il filosofo Gianbattista Vico parlava di ” corsi e ricorsi storici”. Avremmo dovuto imparare dalle società e dalle vicende del passato, che l’adagiarsi sul proprio benessere lasciando che tutto passi e scorra porta inevitabilmente alla decadenza, tanto più in un mondo come quello odierno in cui tutto accade ad una velocità vorticosa.
    Questa SOSPENSIONE di valori e di azioni non è più tollerabile, dobbiamo cambiare rotta per non finire nel baratro. E’ spontaneo quanto inevitabile il nesso tra le considerazioni proposte dal post e dalle immagini con le problematiche legate al tema “ambiente clima e futuro” su cui tutti siamo tenuti non solo a riflettere, ma soprattutto ad impegnarci nel concreto per dare al nostro mondo ed a noi stessi una possibilità di riscossa.

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