Quando si è stanchi dell’estetica straordinaria osservare la semplicità della natura diventa un conforto. Ma cosa è la natura ci è difficile esprimerlo. Sappiamo che è ciò che conosciamo, che abbiamo conosciuto. Può essere un fiume che a guardarlo ti fa risalire lungo i ricordi dell’infanzia. Così è per Andrea Buzzichelli che sul Cecina torna bambino, al tempo della spensieratezza, ai giochi all’aria aperta. Un tempo che, a tratti, almeno per certe generazioni, sembra sepolto negli archivi della memoria. Complice la pandemia e l’uso dei dispositivi digitali che enfatizzano questa sensazione. Dal contrasto tra il nostro innato bisogno di bellezza e la trascuratezza verso l’ambiente in cui viviamo nasce il progetto Fragile. In questo paradosso della realtà la fotografia, come linguaggio artistico, riveste un ruolo fondamentale: dare visibilità laddove l’attenzione si dissolve in un’inesauribile ripetizione della spettacolarità o della straordinarietà. A guidare la produzione ad effetti speciali sembra essere la continua attrazione verso l’esotico, ammesso che ancora esista. Guardare lontano da noi, in fondo, smorza il coinvolgimento o illude che la lontananza dalle attuali catastrofi non richieda una partecipazione attiva. La poetica di Ghirri può venirci incontro offrendo l’idea che la lentezza del guardare ciò che si conosce permetta di andare oltre il visibile, in uno spazio di immaginazione e di ricerca artistica che riverbera di un’altra bellezza. Nella delicatezza di Fragile si sente il bisogno di prestare attenzione. Non si tratta di nostalgia ma di una proposta di futuro: guardare ciò che è davanti ai nostri occhi e prendersene cura. Ad essere semplice è l’idea di trasferire gli odori e i colori dell’infanzia, vissuti prima del digitale, ai più giovani senza il sentimentalismo frusto o giudicante di chi è convinto di aver vissuto un tempo migliore. Oggi è la tecnologia a costruire il linguaggio dell’immaginazione che però non può nascere dalla macchina, almeno per ora, ma dall’esperienza. E allora diventa toccante il racconto dell’autore che, insieme ai figli, raccoglie le uova di rana e ne segue la crescita per poi riportarle al fiume. L’educazione ambientale si costruisce anche attraverso l’attaccamento affettuoso ai nostri angoli di mondo più familiari, proprio quelli sotto casa che, per la costrizione dell’attuale isolamento, abbiamo ripreso a frequentare. La cura ne diventa una conseguenza indispensabile. Il fiume Cecina ci parla di altri piccoli fiumi che ogni giorno rischiano di essere dimenticati o ancor peggio devastati irrimediabilmente. L’uso poetico del bianco e nero ci immerge nell’atmosfera del luogo, tra presente e passato. Il titolo è un invito alla riflessione sulla fragilità del territorio, sui danni possibili di una centrale geotermica e di un’energia non così pulita e rinnovabile, tema che sta molto a cuore all’autore e a chi sente un forte legame per quel luogo. Fragile è un altro modo di fare reportage ambientale. Andrea Buzzichelli parte da un racconto semplice, trasmettendoci un’emozione chiara e riconoscibile che ha a che fare con l’infanzia e le proprie radici, sollecitando una sensibilità ambientale più autentica ed operativa.
Piera Cavalieri
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