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Testimonial SAMSUNG: Sergio Carlesso

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Testimonial SAMSUNG: Sergio Carlesso

Oggi è la volta dell’ultimo dei 10 Testimonial SAMSUNG, Sergio Carlesso, con il quale abbiamo fatto una lunga e piacevole chiacchierata…

Attilio Lauria

Sergio, sei considerato un fotografo concettuale, piuttosto che un reportagista, è stata un’esperienza nuova per te questa di TpT…

In effetti sono stato piacevolmente sorpreso quando ho ricevuto la telefonata di Roberto Rossi che mi prospettava l’opportunità di prendere parte come Testimonial Samsung al progetto, soprattutto perché ho capito fin da subito che avrei avuto la possibilità di approfondire il tema di “Tanti per Tutti”, il volontariato, in sintonia con quello che nel tempo è diventato il mio usuale metodo di esprimermi con la fotografia. E la proposta è venuta anche in un momento particolare, perché è da un po’ di tempo che sto approfondendo la possibilità di raccontare la persona, ed in particolare di fare autoritratto utilizzando immagini a livello quasi di astrazione, partendo dalla mia convinzione che l’uomo è “un’ opera d’arte”, complesso, a volte difficile da capire, la cui grandezza è percepibile solo attraverso una conoscenza approfondita e non superficiale: come un quadro, appunto, soprattutto se astratto.

Come hai approcciato questo tema dal punto di vista della poetica, e quali sono state le tue scelte operative?

Ho scelto innanzitutto di non raccontare un’organizzazione in particolare, rischiando di privilegiarne alcune rispetto ad altre, ma di concentrarmi di più sul concetto generale di volontariato. E questo è diventato un punto fermo della mia ricerca: i volontari sono persone normali, con pregi e difetti, che vivono vicino a noi, che molto spesso non mettono in mostra la loro parte positiva, ma ne fanno risaltare solo gli effetti. In questo modo mi sono liberato della mia “incapacità” di fotografare le persone: per quale motivo avrei dovuto ritrarle con tecniche o luci particolari, quando la loro “bellezza” sta nella semplicità, nell’imbarazzo di mostrarsi e nel loro “fare” quasi di nascosto? Ho deciso quindi di fotografare 100 volontari, senza sceglierli, ma semplicemente seguendo la casualità degli incontri, in modo da non interferire sul risultato della sintesi finale, e di “raccontarli” singolarmente con immagini nelle quali il mio operato fosse il più neutro possibile, lasciando a loro la scelta di come atteggiarsi di fronte al mio obiettivo, come se io non ci fossi stato: un singolo scatto, possibilmente. In questo sono stato aiutato dall’utilizzo della Samsung NX500, che mi ha permesso di avere una grande qualità tecnica senza obbligarmi a pormi di fronte alle persone con una reflex che probabilmente le avrebbe imbarazzate ulteriormente. Pur nella casualità della mia ricerca, o forse proprio per questo, ho potuto scoprire un mondo inaspettato, che credevo già di conoscere, ma che invece si è rivelato infinitamente più vario, importante, composto oltretutto anche da persone inaspettate.

Come nel caso di Daniele Cinciripini, l’esigenza di narrare la propria esperienza, insieme alle storie con le quali si è entrati in contatto, trova espressione in una particolare forma di presentazione del lavoro, piuttosto che nel “come” fotografico; in questo caso, in quattro immagini di sintesi. Come sei arrivato a queste immagini più personali?

Ho tratto le informazioni e gli input che mi hanno portato a realizzare le immagini di sintesi durante questo lavoro di “catalogazione” dei volontari, nelle quali ho raccolto le mie sensazioni, la percezione di un mondo così complesso e variegato. In queste quattro immagini sono contenute un’infinità di informazioni, sono sedimentate tutte le mie percezioni, anche se, a volte, i segni che le rappresentano sono ormai “sepolti”, nascosti da altri che progressivamente si sono sovrapposti, in un processo che di fatto è molto simile all’evolversi dei miei pensieri. A partire dalle coordinate del luogo di residenza di ognuno di loro, ho ricavato un grafico che ho sovrapposto a tutto, per rappresentare ciò che ritengo sia il fulcro del volontariato: la nascita di relazioni fra le persone, e la considerazione della persona come centro dell’interesse. Ne è risultata una stella dove tante linee si incrociano, rappresentando un mondo dove si vuole superare l’alienazione e l’isolamento, e il cui centro coincide con la mia casa, la mia persona. Il risultato è sicuramente un lavoro “ermetico”; lo è anche per me, mi rendo conto che è complesso, ma sarà la mia “espressione” questa volta. Non vedo altre strade per “raccontare” questa esperienza a me stesso; mi auguro che possa parlare anche agli altri.

Grazie Sergio, e complimenti per il tuo lavoro!

Le foto di Sergio Carlesso sono realizzate con una SAMSUNG NX500

  1. Andrea Angelini says:

    Sergio è un autore che realizza progetti concettuali di grande interesse. Genere fotografico a cui sono molto affezionato.
    Anche in questo caso le sue immagini di sintesi sono una analisi riepilogativa della sua ricerca.
    Come ogni opera reale, di finzione ed astratta viene interpretata in modo personale dagli spettatori che la osservano. Ed io mi voglio perdere e visionarla secondo il mio concetto visivo.
    Percepisco, dalla ricerca di Sergio, un intreccio di vite impossibili da sintetizzare, tanta passione e sacrifici dei volontari che per tanti non sono altro che facce invisibili. Visi nascoste nel caos della presunta ragione del soggiornare quotidiano. Una falsa ragione di vita che ci rende alieni proprio nei confronti di quei visi che vivono con valori veri.
    Facce che rimangano velate e diventano manichini privi di anima ho forse si tratta solo di inganni percettivi, dovuti al fatto che non sappiamo andare a fondo nelle immagini e cercare i loro nei vari piani spazio temporali sovrapposti quegli splendidi visi ora nascosti.
    Numeri, codici binari a cui non siamo più in grado di dare dei volti o forse non vogliamo dare de volti solo perché non li conosciamo.
    I volti dei volontari, che Sergio ci presenta, sono la chiave di lettura che l’autore interpone prima delle sue sintesi. Questi volti diventando coordinate numeriche inafferrabili. Pixel sintetici solo apparentemente che mi fanno tornare in mente i pixel di luce delle immagini bruciate dei film fotografati da Hiroshi Sugimoto.

    Sotto quello strato di luce c’è altro!
    Spetta solo a noi, ora, andarlo a cercare!
    Sono sicuro che ognuno di noi troverà il suo mondo!

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