La diversità degli uguali – Maurizio Lupi
The Magic Eye
di Knulp Malevich
La diversità degli uguali
La serialità ricorsiva, cardine organizzativo dei processi industriali, ovvero la successione di azioni che causano apparentemente lo stesso effetto, quando si presenta in progetti visivi come in “The Magic Eye” molto spesso da adito ad una lettura denotativa superficiale e frustrante che banalizza e svuota purtroppo la conseguente lettura connotativa dei significati.
Infatti se non approfondiamo la lettura attraverso l’osservazione dei particolari di ogni scatto cadiamo in un trabocchetto semplificativo dove le immagini che Knulp Malevich ha realizzato sembrano tutte uguali: una serie di fotografi famosi ritratti con una lente davanti ad un occhio.
La chiave di lettura che ci fa superare la prima apparente visione di banalità ce la da proprio Malevich che è recidivo nei lavori di serialità ricorsiva in quanto ha già avuto modo con il lavoro “Corridoio Cinese” di farci vedere cosa può esprimere il suo occhio fotografico con il punto di ripresa fisso.
L’autore ci dice che ha fotografato d’istinto, con il cuore, e che nel momento dello scatto si è fatto completamente trascinare dalla magia dell’incontro con il maestro ritratto, dalla sua disponibilità, e dalla percezione che aveva dell’uomo e poi dell’artista, dal luogo, dalla luce.
Ogni volta tutto con un ordine diverso.
Proviamo a riguardare le immagini in sintonia con il suo modo di sentire il momento dello scatto alla ricerca di questa magia.
L’osservazione dei particolari ci spinge a vedere ciò che prima ci sfuggiva, ovvero l’anima di ogni maestro magicamente rappresentata dall’ingrandimento dell’occhio prodotto dalla lente.
L’espansione dell’occhio, simbolo della visione dell’uomo sul mondo, mette in nuce in maniera così forte le diverse e molteplici sensibilità umane dei fotografi tanto da rendere unico ogni singolo ritratto.
In ognuno di quegli occhi ingranditi c’è un mondo di amore per gli altri e per la vita stessa.
Occhi che hanno pianto davanti al dolore del mondo e sorriso davanti alle gioie, partecipi e non osservatori passivi nel momento stesso che rappresentavano la realtà attraverso la fotografia.
E l’apparente mancanza di legame logico tra le immagini con una lettura superficiale fa spazio alla unicità di ogni scatto che per ossimoro diviene il vero collante semantico del lavoro.
Ma non c’è solo la lente con la sua forza simbolica, ci sono altri indizi compositivi a rendere unico e significativo ogni fotogramma.
Infatti con una lettura più attenta viene a galla anche il legame per assonanza di forma e di concetto che l’autore ha voluto creare tra il soggetto ripreso e la sua contestualizzazione.
Ferdinando Scianna con la fortezza della sua sensibilità culturale.
La scultura tersicorea dietro Bernard Plossu in linea con il suo stile operativo leggiadro e saltellante a guisa di un H.C. Bresson post litteram.
I muri di Robert Frank disordinati come le sue ciglia.
Il nero avvolgente Chiara Samugheo a simbolo dello spettro della morte che l’ha sempre inseguita.
Lo sfavillante fuori fuoco dietro Nino Migliori a fare il verso alla sua ecletticità e creatività fotografica.
Gianni Berengo Gardin nel più grande archivio italiano del reportage introspettivo: il suo.
Letizia Battaglia rossa come il sangue delle strade di Palermo.
Tano D’amico spettatore attento nel teatro della vita.
Mario De Biasi con i suoi giocattoli in grembo.
Tutti diversi nell’uguaglianza, tutti uguali nella diversità, nelle mille diversità.
Maurizio Lupi
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Complimenti vivissimi a Maurizio Lupi che con la sua riflessione su “The Magic Eye” di Knulp Malevich avvia nell’Archivio di Agorà Di Cult i Post dedicati ala “Critica fotografica – Opere”. Un genere di Post che vuole raccogliere le riflessioni sulle opere che scoprite nelle mostre, nelle serate di Circolo a volte anche inedite nell’incontro spontaneo con l’autore. Ben vengano le riflessioni sui grandi eventi espositivi, ma non c’è bisogno che sia un’importante evento, o un importante autore, a stimolare il vostro pensiero critico perchè a noi basta l’attribuzione di valore che voi date all’opera scoperta. Mi auguro che giungano tanti di questi Post a mostrarci ciò che viene visto non solo in Italia ma anche all’estero.
Il surreale Salvator Dalì, fin dall’inizio della sua carriera, amava farsi fotografare intento a scrutare il mondo attraverso una grossa lente!
Sono diversi i suoi ritratti così rappresentati, un grosso occhio ingrandito che scruta attraverso l’unicità dell’iride.
E’ proprio questo particolare che mi è venuto in mente mentre guardavo i bellissimi ritratti di Malevich.
L’iride è personale, unica, come le impronte digitali ma, a differenza di quest’ultime, imprime su se stessa tutto il nostro vissuto, tanto da essere strumento di anamnesi per i medici iridologi.
E’ questo forse il messaggio di Malevich, ogni interpretazione fotografica è unica, così come unico è sempre il nostro sguardo sul mondo e l’umanità che lo popola.
Sembra un concetto semplice, eppure così complesso è l’approccio che ognuno di noi ha verso il prossimo.
E’ proprio in questo gioco di sguardi dilatati verso l’altro e la sua diversità che diventiamo empatici.
L’”empatia salverà il mondo” sostiene il sociologo Rifkin in un suo recente saggio, utile per tutti noi è guardare attraverso gli sguardi di chi sa imprimere all’immagine fotografica il peso del mondo.
Bellissimo il lavoro di Malevich fatto d’immagini schiette e surreali, come solo la vita consapevole sa dare.
Isabella Tholozan
Molto interessante la serie d’immagini di Malevich, presentate in maniera dotta e incisiva da Maurizio. Il simbolismo della distorsione in ampliamento dell’occhio nei vari ritratti non è solo surrealismo, ma forse la ricerca più profonda dell’anima di ogni personaggio.
Lugo
Bellissima introduzione di Maurizio Lupi, che non conoscevo, grazie alla frequentazione del blog ho avuto questa possibilità. Il portfolio di Malevich,è straordinario, apparentemente sembra semplice e superficiale,riguardando ogni fotogramma riesci a mettere in relazione l’ambiente nello sfondo e i dettagli con la personalità del soggetto fotografato. Certo non di facile interpretazione perchè si presuppone di conoscere anticipatamente la personalità e le caratteristiche di ogni soggetto fotografato.