Paolo Monti – di Orietta Bay, II° e ultima parte.

Paolo Monti – di Orietta Bay, 2° e ultima parte.

 

Con gli amici “fotografi veneziani” ( Gino Bolognini, Giorgio Bresciani e Luciano Scattola) fonda nel 1947 il Circolo Fotografico “La Gondola” che da subito cerca una propria via tra i linguaggi del tempo, una mediazione tra l’estetica neorealista e il formalismo. Non si era formato uno “stile” Gondola  anche se in Europa si accennava ad una “école de Venise” ma molti giovani fotografi si ispiravano alle loro immagini tanto che dopo pochi anni dalla sua fondazione “La Gondola” era vista, anche all’estero, come un movimento d’avanguardia. Monti porta all’interno del gruppo tutto il peso della sua cultura vasta e profonda, una conoscenza della storia della fotografia ma anche l’attenzione volta alle nuove tendenze internazionali americane (Strand – Weston e Adams) e per l’emergente movimento europeo della Subjektive fotografie (Otto Steiner) e le sperimentazioni off- camera.

Proprio dalla conoscenza e dal confronto con queste esperienze nasce e si sviluppa il suo lungo cammino fotografico che spazierà dai primi cenni realisti verso le astrazioni, dai muri ai riflessi sull’acqua ma anche ai ritratti e ai chimigrammi del periodo milanese. Un percorso al contempo esistenziale ed estetico che lo porterà ad elaborare una poetica fatta di intensità e vigore dai toni densi e graffianti. Molti fotografi prenderanno spunto dal suo fare fotografico per elaborare a loro volta nuove poetiche.

Giovanni Chiaromonte scrive:” Monti inventa una visione del mondo”.

Il suo coinvolgimento è crescente e nel 1953 abbandona il mondo amatoriale e entra nel professionismo. Si trasferisce a Milano e in breve diventa uno degli esponenti significativi della vita culturale milanese. Nel 1954 è scelto come fotografo ufficiale della X Triennale.

A Milano concentra il suo interesse per l’architettura, la scultura, il design e la fotografia pubblicitaria ma non abbandona i suoi soggetti preferiti o gli esperimenti astratti fino alla cosciente violazione di ogni norma tecnica.

In campo professionale amplia sempre più gli orizzonti che si estendono alla fotografia d’arte e di ambiente. Le sue immagini sono corredo di circa duecento volumi su regioni e città ma anche singoli artisti e architetti. Collabora con le maggiori e migliori riviste di fotografia e architettura.

A partire dal 1965 inizia un rigoroso lavoro di documentazione fotografica delle campagne e città italiane. Un lavoro impegnativo concepito sul modello dei grandi censimenti architettonici urbanistici e ambitali del Nord America.

Monti lo porterà avanti con impegno civile, passione ed esperienza per più di dieci anni, praticamente fin quasi alla fine della sua vita.

Nel 1967 inaugura con una sua mostra a Milano la galleria “iL Diaframma” fondata da Lanfranco Colombo che diventerà negli anni punto di riferimento e faro per la divulgazione dell’arte fotografica.

Monti, dicevamo più sopra, è stato un uomo di grande cultura ed si è dedicato con passione sia alla divulgazione culturale che alla realizzazione di straordinarie opere fotografiche che gli hanno permesso di essere annoverato tra i Grandi Maestri della Fotografia.

I suoi scritti, vari per approccio, perché rivolti a destinatari diversi, come presentazioni di mostre, articoli su riviste specializzate o testi, hanno in comune la capacità di coinvolgimento. Il suo dire parte sempre dalla  esperienza personale, base di ogni discorso intorno alla fotografia. Solo partendo da questa allarga il pensiero verso concetti più astratti e teorici.

Uno dei temi principali è quello della memoria, la possibilità che la fotografia offre di recuperare il tempo passato. Tutto si distrugge, anche la bellezza è fugace. La giovane e bella nipote Muriel, che Monti ritrae ripetutamente a distanza di anni, diventa il simbolo della fugacità del tempo e della potenza che la fotografia ha di lasciare tracce di quello che sarebbe perso per sempre.

Altro motivo è il legame tra arte e tecnica. Accoglie il colore non come un semplice miglioramento tecnico per interpretare la realtà ma un “nuovo mezzo espressivo” da sperimentare in tutte le sue potenzialità. Un mezzo per valorizzare “L’intensità visiva” che può sfociare nell’astrazione. “Tutte le specializzazioni mi annoiano…studiate a fondo la tecnica e poi operate vigorosamente anche contro di essa. Insomma siate liberi anche di fronte alle macchine”. Si definisce “Visivo visionario” e parla della sperimentazione nella quale a suo dire il caso è componente importante. La casualità di Monti è sempre ricercata e consapevole perché conduce a considerare la fotografia come un’arte viva, mobile, sempre in evoluzione. Afferma; “fate attenzione però, perché il caso, a differenza del postino del romanzo americano, non suona mai due volte”:

Egli ama sottolineare che la sua fotografia, il suo desiderio di sperimentare, che si attua in assoluta autonomia rispetto ai generi e alle tendenze di stile dominanti, contenga e racconti le ragioni della sua opera, che nasce, prima che da esigenze estetiche, da ragioni etiche ed esistenziali e lo fanno essere un acuto e speciale testimone di quel dinamico e contraddittorio periodo.

Orietta Bay
























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