Come cavare una foto da un buco – di Enrico Maddalena

Come cavare una foto da un buco – di Enrico Maddalena

Il libro “La fotografia stenopieca” di Enrico Maddalena è edito dalla FIAF
Anche una grande quercia nasce da un piccolo seme. Il seme che mi ha portato a studiare e praticare la fotografia stenopeica risale alla mia infanzia ed il seminatore è stato mio padre (al quale ho dedicato il libro). Mi costruiva infatti delle scatole di cartone con un foglio di carta oleata da un lato ed un piccolo foro dall’altro. Le chiamava “il mondo alla rovescia” ed io restavo estasiato a vedere quelle immagini capovolte sul piccolo rettangolo di carta.

Qualche anno fa mi costruii la prima camera stenopeica in cartone, col foro praticato su di una lastrina dell’alluminio di una lattina di Coca Cola. Pensavo di stare realizzando solo una semplice camera stenopeica e non mi rendevo conto che invece stavo costruendo una “trappola” che mi avrebbe catturato senza via di scampo, aprendomi un mondo affascinante e del tutto nuovo.
Agli antipodi del digitale. Una macchina stenopeica è infatti un qualcosa di estremamente semplice, in perfetta antitesi con le sofisticate tecnologie delle fotocamere odierne. Una scatola ed un buco sono sufficienti per produrre immagini eccezionali. In fondo la fotografia è una cosa semplice, anche se l’industria vuole convincerci del contrario. L’anno scorso stavo fotografando una chiesa. Era in ombra ed il tempo di posa si aggirava sui 5 minuti. Un’auto che doveva parcheggiare si fermò in rispettosa attesa. Finita l’esposizione, la famiglia che nel frattempo era uscita mi si avvicinò per chiedermi cosa stessi facendo con quella strana scatola sul cavalletto. Spiegai loro di cosa si trattava ed aprii la scatola. Ancora mi risuonano nelle orecchie le parole di meraviglia della signora: “Ma non c’è nulla dentro!”.
A Civitella Alfedena stavo fotografando un vicolo, seduto appena fuori dell’albergo dove ero alloggiato, prima di recarmi a far parte di una giuria fotografica. Tempo di esposizione un quarto d’ora. In quei lunghissimi minuti mi si sono avvicinati l’albergatore, un inglese in vacanza, una bambina ed un gatto. Ho spiegato loro (forse il gatto non ha capito) che mentre noi stavamo conversando, la luce stava compiendo lentamente il proprio lavoro disegnando il ciottolato, il vicolo, i vasi con i gerani. Se fossi passato di lì con una digitale, forse non sarei nemmeno stato notato ed avrei perso quei contatti umani, quelle piacevoli conversazioni.
Una cosa estremamente semplice, ma quanta fotografia c’è in una semplice scatola con un foro! Quando, anziché acquistare, ed a caro prezzo, un apparecchio fotografico, siamo noi a costruircelo, ci troviamo di fronte ad una serie di problemi tanto inaspettati quanto affascinanti.
Oltre ad un capitolo dedicato alla storia, ho trattato della geometria dell’immagine, della costruzione del foro perfetto (è il segreto per ottenere delle immagini di alta qualità), dei diversi tipi di otturatore, dei mirini, dell’esposizione (con anche due metodi ed un regolo di mia ideazione).
Ho poi riportato i progetti dettagliati delle mie 7 camere stenopeiche con le foto con esse prodotte fino alle istruzioni per lo sviluppo e la stampa analogica di carte e pellicole. Ho esposto anche l’utilizzo del foro stenopeico sulle macchine digitali, anche se la ritengo una blasfemia.
Tutti gli approfondimenti, le formule matematiche, i problemi della diffrazione, il modello di Airy (cose con cui debbono fare i conti anche i moderni sensori) li ho inseriti in box separati di colore arancio così da non spaventare i matefobici ma al tempo stesso soddisfare quelli di bocca buona che vogliono approfondire e conoscere ogni dettaglio, ogni risvolto.
Ho ideato poi degli chassis di cartone che hanno passato il collaudo a pieni voti. Infatti le mie uscite mi permettevano una sola foto per volta e questo aveva un innegabile fascino. Una sola possibilità mi obbligava a concentrarmi sul soggetto, sull’inquadratura, sulla luce, sulla composizione. Poi di corsa a far rotta verso la mia camera oscura.
Ora ho sette chassis che carico prima di ogni uscita o di ogni viaggio. Vi dico che non sono mai riuscito ad esporli tutti.
Buona luce stenopeica
Enrico Maddalena
 

“Libro”: Copertina del libro
“Libro”: Copertina del libro

“Stenos Opaios II”: la mia seconda camera stenopeica con mirino pieghevole (anche un buon mirino va calcolato)

“Stenos Opaios II”: la mia seconda camera stenopeica con mirino pieghevole (anche un buon mirino va calcolato)

“Stenos Opaios IV” : camera con livella a bolla e chassis, il mio modello di lusso in legno lucidato e maniglia in ottone.
“Stenos Opaios IV” : camera con livella a bolla e chassis, il mio modello di lusso in legno lucidato e maniglia in ottone.
“Chassis”: I miei chassis in cartone con il porta chassis
“Chassis”: I miei chassis in cartone con il porta chassis
Civitella Alfedena
“Civitella Alfedena”: il vicolo di Civitella Alfedena
“Gioia Vecchia”: la chiesa dell’incontro con la famiglia di turisti
“Gioia Vecchia”: la chiesa dell’incontro con la famiglia di turisti
 “Stenos Opaios V”: la fotocamera stereo
“Stenos Opaios V”: la fotocamera stereo
“Coppia stereo”: una delle coppie stereoscopiche realizzate. Un caricatore girevole dall’esterno mi permette l’autonomia di 4 scatti stereo oppure 8 mono.
“Coppia stereo”: una delle coppie stereoscopiche realizzate. Un caricatore girevole dall’esterno mi permette l’autonomia di 4 scatti stereo oppure 8 mono.
“Stenos Opaios VII”: fotocamera panoramica con cui ho realizzato la foto di copertina del libro (prima di assurgere a sì nobile scopo, conteneva il mangime per la mia tartaruga acquatica).
“Stenos Opaios VII”: fotocamera panoramica con cui ho realizzato la foto di copertina del libro (prima di assurgere a sì nobile scopo, conteneva il mangime per la mia tartaruga acquatica).

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