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QUALE FUTURO – di Katty Nucera

QUALE FUTURO – KATTY NUCERA—QUA

QUALE FUTURO – di Katty Nucera

L’opera è stata realizzata nell’ambito del progetto organizzato dal C.F.
Grandangolo di Carpi (MO) “Futura, storie di donne” ideato e diretto da Antonella Monzoni.

“Immensità è quell’improvviso dilatarsi dell’anima di tempo e di spazio dove tutto semplicemente è”.

Con gioia silenziosa ho ricevuto l’invito di mia figlia a fotografare il suo mondo, il suo spazio quotidiano. Quella dimensione che è diventata tutta sua, di giovane donna, caparbia, entusiasta e piena di energie che affronta con serietà, in un percorso di sacrificio, la scommessa della vita, e si fa spazio seguendo il suo sogno: dedicarsi alla ricerca.

Gironzolo, con camice bianco, guanti blu e macchina fotografica, nei laboratori dove lavora, tra strumenti sconosciuti che lei pazientemente mi spiega, con parole semplici. Mi presenta alle persone che incontriamo, e in quegli istanti è figlia, è donna e questa costante dualità mi si propone in tutte le immagini. Eterna dualità che ogni donna porta sempre con sé cercando di trovare una risposta a Quale Futuro?

Florencia, giovane laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutica iscritta alla Università di Bologna nel Dipartimento di Scienze Biochimiche e Biotecnologiche, svolge il dottorato di ricerca nel gruppo di Nutrigenica e Nutrigenomica del Centro di Ricerca ed Innovazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento).

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4 commenti

  1. “Quale futuro”, di Katty Nucera, è un’opera animata da un’idea narrativa tematica per l’interpretazione soggettiva di un’esperienza lavorativa.
    E’ il secondo genitore che presenta un lavoro improntato su un sofferto senso del futuro dei propri figli.
    Penso che sia un sentimento diffusissimo tra i genitori, dietro ogni giovane che non trova lavoro ci sono le ansie di chi gli ha dato la vita.
    Il progetto “Futura, storie di donne” ideato e diretto dall’importante fotografa Antonella Monzoni ci mostrerà altre realtà femminili.
    Questa che l’autrice ci racconta è una bella storia di una giovane studiosa che ama il suo lavoro di ricerca, un traguardo splendido.
    Notevole è il suo stile narrativo che bello sciolto rappresenta la persona che è diventata sua figlia, lo fa mostrando significativi angoli del privato e del suo ambiente di lavoro con un buon gusto del frammento e del comporre ritratti dal significato mediato.
    Complimenti a Katty Nucera per la profondità raggiunta nel rappresentare la propria figlia, opera non semplice da compiere!

  2. Anch’io vorrei fare, ancora una volta, i complimenti a Katty per essere riuscita ad entrare nel mondo di sua figlia. Progetto nel quale si denota un senso di orgoglio nell’essere riuscita ad esternare l’amore che ha verso di lei, e di come sia contenta del lavoro che fa, anche se lontano da casa.
    Sono sicuramente complimenti di parte, visto che assieme ad Antonella ho organizzato il progetto di Futura, e anch’io mi sono cimentato in un mio racconto, però questo, e come tutto il corpo dei progetti presentati sono molto toccanti.
    Sicuramente grazie anche alla sensibilità della conduttrice del progetto condiviso.
    Danilo Baraldi, presidente del Grandangolo di Carpi.

  3. Bellissimo questo portfolio , quanta sensibilità , ma anche quanto orgoglio e stima di questa mamma verso la figlia. E’ assolutamente vero, facciamo sacrifici, insieme a loro crediamo nell’istruzione, poi appena laureati non riescono a trovare lavoro , e se lo trovano diventano precari per anni (mio figlio laureato con 110 e lode 8 anni di precariato) Il settore della ricerca dovrebbe essere il piu’ remunerato, è invece il meno stimato. Mi piace molto questa condivisione della mamma fotografa e della figliola ricercatrice,il portfolio diventa testimonianza di volontà , di energia ,di intelligenza, di responsabilità, di tutti i nostri giovani.

  4. Quanto grande e’ il cuore di mamma, e quanto grande e’ stata la capacità di Katty che è’ riuscita, in pochi scatti, a mostraci così tante cose: l”amore delicato tra madre e figlia, l’uscita dalla sicurezza famigliare verso la vita autonoma, la difficoltà e l’incertezza del mondo del lavoro.
    Entrare in punta di piedi non è solo un modo di dire per descrivere l’oggettività di un comportamento, in questo caso, credo calzi benissimo per descrivere l’uso del medium all’interno di un mondo che, come dice Lei stessa, e’ fatto di sensazioni, aspettative, sentimenti e timori.
    Perché se è vero che nel mondo ci dobbiamo entrare, prima o poi, è anche vero che il campo di battaglia, il rischio batteriologico comincia dove finisce il grembo materno.

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