Animatore Culturale

FOTOGRAFIA E DISCOGRAFIA – prima Parte – di Monica Pelizzetti

Animazione culturale.

Ci si potrà chiedere “Ma cosa ha a che fare la fotografia con un disco?” ebbene la risposta è “Molto! perché da quando la diffusione della musica pop e rock soprattutto si è avvalsa della vendita di LP musicassette e CD, il legame di richiamo tra le immagini delle copertine ed il contenuto musicale ha assunto un ruolo importantissimo”.

Non a caso le copertine di alcuni album sono diventate il simbolo di un gruppo musicale o di un cantate, tanto che l’associazione tra immagine di copertina e gruppo o cantante è immediata e riconoscibile.

Quasi sempre esiste un legame significativo tra l’immagine della copertina e il contenuto dell’album nel senso che l’una amplifica il senso dell’altro e viceversa; quando questo legame non è così esplicito sta all’ascoltatore trovare il nesso che collega le due esperienze visiva ed uditiva perché in definitiva è di questo che si tratta: comunicare l’armonia tra ascolto e visione unendo due arti.

The dark side of the moon PINK FLOYD (1973)

 

La cover grafica considerata la migliore di sempre   è   opera del fotografo e designer britannico Storm Thorgerson  per “The dark side of the moon “ dei  Pink Floyd . Il simbolo rappresenta 3 elementi: l’ illuminazione dei concerti della band, caratteristica legata alla suggestione psichedelica della loro musica, i testi delle canzoni che compaiono nella banda colorata inferiore e la volontà di  Richard Wright di realizzare un progetto visivamente e significativamente semplice ma audace. L’immagine del famoso triangolo che diventa un prisma rifrangente la luce, prosegue rovesciata sul dorso della copertina.

Abbey Road Beatles (1969)

 

Altra immagine copertina iconica quella di Abbey Road dei Beatles del fotografo scozzese Iain Mcmillan, una fotografia che ha fatto la storia delle cover anche per i messaggi subliminali che si sono voluti leggere in questa immagine. Il fotografo incontra i Beatles tramite  Yoko Ono  che lo presenta a John Lennon il quale gli affida la realizzazione della copertina dell’album che prende il nome dalla strada in cui  c’erano gli studi di registrazione della band. Mcmillan si piazza in bilico su una scala nel centro della strada e scatta pochi scatti tra cui questo che risulta essere il migliore per l’equilibrio tra i diversi elementi della composizione e l’allineamento dei 4 musicisti. E qui incominciano le leggende metropolitane sui  possibili significati della fotografia.

1 I Beatles stanno lasciando la loro casa discografica perché sono alla fine della loro carriera, anzi di un’epoca culturale musicale che li ha visti protagonisti indiscussi.

2 La loro posizione ed il loro abbigliamento suggeriscono la presunta morte di Paul (che il gruppo avrebbe nascosto sostituendolo con un sosia) perché John vestito di bianco rappresenta l’angelo, Ringo vestito di nero simboleggia la morte, Paul scalzo perché in Gran Bretagna i defunti vengono seppelliti senza scarpe, infine George sarebbe colui che scava la fossa. Sullo sfondo un’auto nera che richiama un carro funebre ( o forse semplicemente il classico taxi londinese) ed infine la targa del maggiolone su cui compaiono le lettere LMW28IF indicherebbe l’età del bassista se fosse stato vivo in quel momento (28IF, con “if” inteso “se fosse vivo”). Inoltre il resto della targa, LMW ha fatto nascere una serie infinita di supposizioni: “Linda McCartney Widow (vedova) , “Linda McCartney Weep” (piange) arrivando addirittura a leggervi un complicato Living McCartney Was 28 If, che, significherebbe “Se fosse in vita Paul McCartney,  avrebbe 28 anni”. Insomma una sorta di funerale simbolico, e oltre ai simbolismi e agli indizi nascosti, un altro particolare ha stimolato la fantasia di molti: perché Paul, mancino, tiene la sigaretta con la mano destra?

Intorno a questa fotografia ci sono molte narrazioni, ma resta il fatto che Iain Mcmillan ha scattato una foto che ha fatto la storia della musica pop.

Kirk Weddle (1991)

 

La storia di questa copertina è una delle più controverse; scattata dal fotografo Kirk Weddle specializzato in fotografie subacquee, l’immagine fu oggetto di accese polemiche riguardo al fatto che fossero visibili i genitali del neonato e che ciò potesse essere un ammiccamento alla pedofilia. In realtà l’idea venne a Kurt Cobain dopo aver visto un documentario sul parto in acqua e certamente oggi questa immagine non desta più tanto scalpore. Resta il fatto che il bimbo fotografato una volta diventato adulto ha intentato causa per avere i diritti dell’uso dell’immagine senza però avere successo.

Andy Warhol per Velvet Underground (1967)

 

Altra immagine che ha fatto la storia delle cover è questa di Andy Warhol anch’essa suggestiva di reconditi significati e pubblicata in due versioni, la prima con la buccia adesiva “sbucciabile”, la seconda con il frutto intero. Inoltre Warhol da artista poliedrico quale era, fu anche produttore del gruppo che però ebbe un breve successo.

Deep Purple “Rock” (1970)

 

Non è noto chi sia l’autore di questa copertina che però si sa essere stata realizzata con un collage antesignano di photoshop. Il messaggio è chiaro e dirompente: una band inglese si propone ed impone nel panorama musicale americano con la sua musica “rock” quasi profanando un simbolo della storia americana, il monumento del monte Rushmore che rappresenta i presidenti fondatori della Patria sostituiti dai componenti della band che sono 5 anziché 4 come i presidenti raffiguati, inoltre il termine “rock” come titolo dell’album ha il significato ambivalente di roccia come e richiama la montagna in  questione. Anche in questo caso una fotografia dai profondi significati.

Anche se non tutte le cover hanno storie particolari da raccontarci, resta il fatto che molti fotografi famosi hanno prestato la loro opera alla discografia sempre però collaborando a livello creativo con i musicisti dando vita ad una sinergia tra immagini e musica capace di creare emozioni che perdurano nel tempo.

 

Robert Mapplethorpe“Horses”per P.Smith(1975)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I                                               Irving Penn “Tutu” per Miles Davis (1986)

 

Richard Avedon “Fresh” per Sly Stone (1973)

 

 

 

Masayoshi Sukita “ Hroes” per D. Bowie(1977)

 

Naturalmente anche in Italia ci sono validissimi esempi di fotografi che hanno creato copertine iconiche che a pieno titolo entrano nella storia della discografia, ma questo sarà argomento della prossima puntata.

 

Monica Pelizzetti
Tutor Fotografico FIAF

Il post è stato sviluppato da un’idea nata nel Fotoclub L’IMMAGINE di Borgomanero (NO).

 

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