ArchivioDai tavoli di portfolio

TEMPO SOSPESO – di Marco Goisis

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L’ansia, la rabbia, la paura le conosco bene ma non ci sono mai andato d’accordo.

Anzi, ne ho sempre avuto paura.
 
Sì, paura delle mie paure, paura di vivere i momenti di rabbia, paura dell’ansia;
al punto da escogitare nel tempo strategie per controllarle.
Ma le emozioni non si controllano, non si razionalizzano. Si vivono.
Come si vive la gioia. Ci appartengono tutte.
 
La preghiera mi aiuta a diventare più forte,
a vivere le sfumature del dolore passandoci attraverso, anziché deviare.
Sono buddista.  L’inverno si trasforma sempre in primavera!
 
La fotografia mi aiuta a raccontarlo il dolore e a prenderne le distanze,
un po’ come quando scrivo.
E quando ascolto musica, i brividi lo tengono lontano.
 
Il Coronavirus ha portato alla luce la paura di ammalarmi e di morire
e il disagio di non sapere più come lavorare.
Sono un dentista e il mio lavoro mi espone al rischio di contagio.
Quando e come riaprirò lo studio?
 
Vivo in provincia di Bergamo, la più martoriata dall’epidemia.
Ho pianto per la mia città, per i nostri nonni, per tutti quelli che ci hanno lasciato.
 
Giornate lunghe a pregare, ascoltare musica e fotografare.
A mettere ordine tra i cassetti e le idee.
A giocare coi silenzi e i pensieri,
con le ombre e le luci del mio io.
 
Ho scattato queste fotografie anche per ricordo.
Ricordo di un tempo sospeso.
Nell’attesa di riabbracciare chi amo.
 
Marco Goisis

https://www.marcogoisis.it/

 

TEMPO  SOSPESO

di Marco Goisis

 
 
 

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12 commenti

  1. Questo lavoro di Marco è profondo, racconta la sua vita la sua famiglia in questo difficile momento, non è la prima volta che si racconta già lo fece qualche anno fa, in tutti e due i lavori emerge sempre il suo profondo legame con i suoi ragazzi. Il linguaggio del BN che ha utilizzato da ancora più forza al suo portfolio! Bravo Marco !

  2. “Tempo sospeso”, di Marco Goisis, è un’opera narrativa tematica per l’interpretazione del personale lockdown e quindi introspettiva.
    Pubblicheremo altre narrazioni di questo periodo inaspettato e sofferto, che indagheranno altri generi di esperienze e lasciare anche su Agorà Di Cult memoria di questa esperienza sociale straordinaria.
    L’autore ha già pubblicato sul nostro blog altri lavori introspettivi, questo ci dice quanto la fotografia sia per lui un linguaggio necessario sopratutto nel dare rappresentazione al proprio sentito. In questo senso, codesto processo creativo assume capacità terapeutiche per chi lo pratica.
    Parlare di Sé implica anche condividere la propria condizione di padre che vive da solo, e tutte le proprie passioni, credenze, angosce sul futuro.
    La sua professione di medico dentista gli ha fatto sentire in particolar modo il vivere un’estrema condizione di rischio in una delle zone più ferite d’Italia dal Covid-19.
    Apprezzo la compiutezza di questo portfolio che affronta “i tempi del rischio” sanitario, nella dimensione intima di fiducia nella vita, nella reazione consapevole di contrasto, i valori spirituali che da contorno della normalità si rivelano fondamentali quando le certezze ci abbandonano.
    L’autore penso che interpreti sentimenti vissuti da tanti, li interpreta con la propria dimensione domestica dei ritmi quotidiani volti all’arginare il senso di smarrimento provocato dalla paura e l’angoscia.
    Grazie a Marco Goisis per aver dato dimensione collettiva la propria sofferta esperienza individuale con immagini private che consentono una lettura universale.

  3. Ho iniziato a fotografare il mio lockdown appena chiuso lo studio
    Il mio obiettivo iniziale era quello di cercare di fotografare il virus, un nemico invisibile che mi faceva paura. Ma come si fa, mi sono chiesto, a fotografare ciò che non si può vedere?
    L’invisibile non si può fotografare ma l’emozione che suscita sì. E allora l’obiettivo l’ho rivolto verso di me. Mi sono proposto di prendere in mano la macchina fotografica tutte le volte che mi sentivo inquieto o avevo paura. Così è nato ‘Tempo Sospeso’.
    Anni fa, ricorda bene Silvano, ho pubblicato su AgoràDiCult un altro racconto introspettivo. Ho raccontato la mia separazione coniugale. In quella circostanza l’obiettivo era condividere sentimenti di solitudine ma anche l’amore per i miei figli a cui insegnare che le difficoltà vanno affrontate, che non bisogna arrendersi mai.
    Il racconto di questi giorni di quarantena ha invece avuto per me anche una valenza terapeutica perchè mi ha aiutato a gestire il dolore e la paura.
    Se non ci fosse stata l’emergenza Covid starei per allestire la prima mostra con le fotografie di Aurora, la ragazzina disabile affetta da sindrome di Rett, che ho seguito negli ultimi anni. E avrei iniziato un nuovo progetto a sfondo sociale sulla vita in un villaggio solidale. Tutto rimandato.
    Grazie a Silvano per la pubblicazione e a tutti per l’attenzione.

  4. Grazie Marco per questo lavoro che interpreta anche i nostri sentimenti vissuti appunto di questo tempo sospeso . Mi complimento poi con te per esserti aggiudicato il secondo posto al concorso “autoritratto senza di me” promosso dall’Afip international, proprio con una di queste immagini.

  5. Parto dal titolo perché esprime in sintesi una mia stessa impressione. Per chi durante la quarantena è stato costretto a rimanere in casa e a limitare le sue uscite al fare la spesa e poco più, il passare del tempo ha assunto connotati diversi dal solito. Abitualmente il nostro tempo è scandito da azioni abitudinarie, quali svegliarsi sempre alla stessa ora, la colazione, la doccia, il viaggio verso il lavoro o la scuola, ecc., inframezzate da qualche evento improvviso e imprevedibile, fonte di gioia, divertimento, ma anche di preoccupazione e stress. E sono proprio questi avvenimenti che ci danno la sensazione dello scorrere del tempo. In questi giorni quarantenici per molti di noi tutto questo si è annullato, ci siamo trovati improvvisamente in una situazione in cui le cose da fare erano pochissime e abbiamo dovuto inventare uno scorrere del tempo plausibile e soddisfacente. Col passare dei giorni però, con la ripetizione continua delle poche cose fattibili, si è fatta strada la sensazione che il tempo si fosse fermato, fosse sospeso e ci siamo trovati in una sorta di limbo nell’attesa di un futuro quanto mai incerto. Le foto di Marco fotografano, scusate il gioco di parole, esattamente questa sensazione, grazie innanzi tutto alla scelta del b/n che annulla ogni riferimento alla gioiosità del vivere e concentra l’attenzione sui sentimenti di sospensione, incertezza e inquietudine. Tale sensazione è rinforzata dalla scelta del formato quadrato che delimita fortemente la scena anche da un punto di vista emotivo. Mi sembra azzeccata la scelta delle foto di apertura e chiusura. La prima ci mostra una strada che si allunga fino all’orizzonte. Non ci è dato di vedere dove essa porti a significare il lungo cammino che ci aspetta per uscire dalla situazione d’emergenza. Nell’ultima l’autore, dal balcone di casa, guarda verso l’orizzonte. Il cielo, un po’ sereno, un po’ nuvoloso, testimonia che, in un futuro che appare più sereno, dovremo ancora affrontare difficoltà non del tutto risolte. L’occhio di Marco si posa spesso sull’esterno, ma quell’esterno è sempre impedito da qualcosa o appare come una sua sublimazione. In particolare mi ha colpito l’immagine n° 7, in cui la luce esterna entra in casa da una porta semiaperta. C’è una forte tensione in questa immagine, una voglia di fuggire dal buio esistenziale, causato dalla quarantena, verso una liberazione che appare però impedita dall’esiguità di quello spiraglio. Altre immagini ci mostrano sbarre, barriere di vario tipo che si frappongono tra il dentro e il fuori, tra la costrizione e la libertà, assumendo un valore di rappresentazione dello stato psicologico a cui porta la costrizione.

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