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La bellezza perduta – di Graziano Racchelli

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Ho sempre avuto una predilezione per le cose del passato più che per quelle attuali.
Questa ricerca fotografica lungo il corso del Po e nella Pianura Padana offre uno sguardo intimo su un mondo che sta scomparendo lentamente.

Queste immagini mi ricordano la bellezza della semplicità e l’importanza di preservare il patrimonio naturale e culturale di questa regione in cui sono nato e vivo. Attraverso la fotografia, credo di poter contribuire a preservare la memoria di questi luoghi e a celebrare la loro bellezza unica.

Ho ritratto i luoghi, gli oggetti, i manufatti che caratterizzano il paesaggio, le persone quasi assenti o presenti in piccole figure appena percettibili all’orizzonte, che svaniscono nella nebbia. La vita rurale della pianura fatta di velate trasparenze, scandita dal movimento lento di un passato giunto ai confini dell’oblìo.

Questo territorio ha ispirato fotografi di tutto il mondo, ma il tempo e l’evoluzione hanno fatto sì che molti di questi tesori siano in via di estinzione. Ritengo questa mia ricerca, in modo anche presuntuoso, un atto d’amore verso la mia terra e verso coloro che ne hanno tracciato i segni dimostrando la capacità di vivere in simbiosi col territorio e il profondo rispetto per esso.

Le fotografie riprendono la malinconia di questi luoghi, con le loro vecchie case coloniche, i campi abbandonati e le strade deserte. Si tratta di una bellezza austera e nostalgica, che mi ricorda quanto sia importante preservare il patrimonio agricolo e culturale di questa terra.

Graziano Racchelli

 

La bellezza perduta

 

 

 

 

Graziano Racchelli nasce  nel 1960 a Mezzani un piccolo paese sulle rive del Po in provincia di Parma.
Inizio a fotografare alla metà degli anni ’80 esplorando la fotografia in bianco e nero
sviluppata e stampata in proprio, per proseguire successivamente col digitale.

 

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2 commenti

  1. Graziano ci mostra ciò che resta di un paesaggio-mondo, il suo, che ha segnato nel tempo non solo la vita delle popolazioni che l’hanno abitato ma anche il loro carattere. Un paesaggio fertile, ricco che offriva opportunità di lavoro, di sussistenza, di comunanza e perfino di benessere a chi avesse avuto la capacità e la possibilità di sfruttarne le potenzialità. Luoghi fino a non molto tempo fa pieni di vita, di attività che oggi sono consegnati alla storia insieme agli edifici in cui quella vita scorreva. Da quegli edifici abbandonati, da quelle strade non più transitate emergono brandelli di una cultura, per certi versi millenaria, che oggi non ha più ragione di essere, travolta dallo scorrere inesorabile del tempo e dal vento sempre più impetuoso del progresso. Fa una certa tenerezza vedere i vecchi macchinari che solo pochi anni fa erano considerati un glorioso vanto della modernità, oggi ridotti a cimeli rugginosi del tempo che fu. E’ un’operazione intrisa di nostalgia e non è difficile vedere il Graziano bambino correre per quelle strade di campagna, barcamenarsi sull’altalena o rotolarsi felice nei prati intorno alle case. La fotografia è uno strumento duttile che si piega alle esigenze del fotografo e Graziano ci ha voluto far partecipi della malinconia che prova nel rendersi conto che quel mondo antico, il suo mondo, è andato scomparendo, nemmeno troppo lentamente, per l’inarrestabile procedere del progresso, lasciando un vuoto esistenziale nel cuore di chi in quel mondo ha vissuto.

    1. Grazie Massimo
      un commento a tratti commovente per me, soprattutto perchè ho effettivamente vissuto ciò che descrivi come se avessi le chiavi della mia macchina del tempo.
      Un caro saluto e grazie di nuovo.
      Graziano

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