Storia della Fotografia

L’ALBA DELLA FOTOGRAFIA: THOMAS WEDGWOOD, di Claudia Ioan

 

In tutto il mondo, il cognome inglese “Wedgwood” è immediatamente abbinato alle leggendarie ceramiche e porcellane finissime prodotte dall’omonima casa inglese nata nel Settecento, agli albori della Rivoluzione industriale, che poté fregiarsi anche del patronato reale. Josiah Wedgwood, suo fondatore, fu un grande innovatore, competente e all’avanguardia, aperto alle arti, alle scienze e alle nuove tecnologie.

 

Tipico esempio di jasperware in tonalità “Wedgwood blue”, lavorazione che si affermò nel ‘700

 

Il cognome “Wedgwood” evoca anche, in noi che la amiamo, l’alba della Fotografia: Thomas Wedgwood (1771-1805), scienziato e inventore, figlio di Josiah, è colui che, tra i primissimi al mondo, ebbe il privilegio di assistere al miracolo di un’immagine realizzata attraverso l’impressione diretta della luce, senza l’intervento della mano dell’uomo ma grazie a un procedimento a tutti gli effetti fotografico (come ben ci racconta Italo Zannier). 

 

 

Giovane dalla mente brillante ma dalla salute cagionevole (morì a soli 34 anni), Thomas Wedgwood crebbe in un ambiente stimolante ed ebbe l’opportunità di misurarsi con tutte le innovazioni dell’industria paterna (tra cui la prima macchina a vapore industriale). Frequentò l’Università di Edimburgo e presentò alcune sue osservazioni scientifiche alla Royal Society. Per due anni lavorò nel laboratorio di famiglia; la produzione delle porcellane implicava una ricerca continua per migliorare i procedimenti di decorazione, che prevedevano l’applicazione di ornamenti e figure tramite tecniche varie, tra cui la decalcomania. 

Impossibilitato per motivi di salute a continuare il lavoro di ceramista, Thomas Wedgwood si dedicò – instancabilmente – all’impresa di produrre delle immagini grazie alla sola azione della luce.

Era un sogno millenario, che trovava le sue origini nella Cina antica: lo scienziato e filosofo Mozi fu il primo a lasciare, nel IV sec. a.C., un resoconto scritto del principio ottico della camera obscura.

 

Il filosofo e scienziato Mozi (470 a.C.-391 a..)

 

Ritroviamo il medesimo principio anche in Aristotele, il quale scrive della possibilità di «conservare la configurazione del sole e della luna, guardati attraverso un foro di qualunque forma». Gli scienziati arabi ed europei continuarono poi per secoli e secoli ad espandere le conoscenze in queste discipline.

 

Aristotele (copia romana del busto originale di Aristotele di Lisippo)

 

In effetti, se la proiezione dell’immagine ribaltata della realtà era un fenomeno scientificamente ben compreso, ciò che risultava impossibile era afferrare quelle immagini effimere e renderle permanenti. Il cammino della scienza sarebbe stato lungo: l’ottica doveva incontrare la chimica, e solo da quell’incontro sarebbe nata la fotografia.

Ai tempi di Thomas Wedgwood, la chimica stava per l’appunto approfondendo gli studi sui materiali fotosensibili. Il primo successo documentato nella Storia della Fotografia giunse nel 1790, o 1791, a quanto emerge dalla corrispondenza dello stesso Thomas Wedgwood con l’ingegnere e inventore scozzese James Watt: fu infatti proprio il giovane Wedgwood a produrre i primi disegni fotogenici della Storia trattando con nitrato d’argento carta, vetro e pelli animali di colore bianco, e utilizzandoli come supporti. Le parti esposte alla luce scurivano rapidamente, lasciando invece chiare le zone coperte da oggetti o su cui venivano proiettate delle ombre. 

Per una fortunata circostanza, Thomas Wedgwood conobbe a Bristol Sir Humphry Davy, suo connazionale, chimico, fisico e brillante conferenziere, tanto noto da essere citato esplicitamente nel Viaggio al centro della Terra di Jules Verne.

 

Sir Humphry Davy, National Portrait Gallery, Londra

 

Il loro sodalizio fu molto fruttuoso. Si resero ben conto dell’importanza della scoperta, ma sfortunatamente non furono in grado di conservare il risultato finale di quei tentativi: poiché non era ancora stato inventato il fissaggio (di epoca successiva, il cui merito è da ascrivere a Sir John Herschel), le immagini ottenute non erano stabili. Tutte annerirono rapidamente. Per ovviare a questo inconveniente, non appena realizzati, i disegni fotogenici venivano immediatamente posti al buio ed erano fruibili a lume di candela (meno violenta del sole); nonostante gli accorgimenti, nessuno di essi sopravvisse. 

Un altro fondamentale merito spetta a Thomas Wedgwood: fu anche il primo a pensare di inserire un supporto fotosensibile all’interno di una camera obscura per fissare in modo permanente l’immagine risultante; di fatto, è l’invenzione della fotografia moderna. Purtroppo, anche questi esperimenti non ebbero esito migliore, e nulla resta.

Era ancora presto, per la nascita ufficiale della Fotografia. Anche se a volte emergono dal passato nuovi tasselli che ampliano la nostra conoscenza di quel periodo di febbrile attività e ricerca (si pensi al “giallo” della Quillan Leaf, trattato in un precedente articolo) che sfociò nell’invenzione della Fotografia praticamente in contemporanea da parte di più figure (Hippolyte Bayard, William Henry Fox Talbot, Louis-Jacques-Mandé Daguerre, Hercule Florence) in più luoghi del mondo (Gran Bretagna, Francia e Brasile), ancora oggi questo momento epocale si colloca nel 1826 con la più antica fotografia conosciuta: Vista dalla finestra a Le Gras di Joseph Nicéphore Niépce.

A ogni modo, Thomas Wedgwood e Humphry Davy influenzarono direttamente lo sviluppo successivo della fotografia. Humphry Davy scrisse un resoconto delle loro ricerche e del loro metodo per ottenere profiles, come definirono le immagini ottenute. Lo scritto fu pubblicato il 22 giugno 1802 nel Journal of the Royal Intistitution di Londra; il titolo, “An Account of a Method of Copying Paintings upon Glass, and of Making Profiles, by the Agency of Light upon Nitrate of Silver. Invented by T. Wedgwood, Esq.”, indica chiaramente Thomas Wedgwood quale inventore del procedimento. Occorre dire che all’epoca il Journal della Royal Institution non era una pubblicazione a diffusione ampia, ma Davy illustrò personalmente i risultati alla Royal Society e li inviò a tutte le Accademie scientifiche europee. Come rilevato da Geoffrey Batchen nel 1999, i principi scoperti da Wedgwood e gli esperimenti ulteriori condotti da Davy entrarono nei testi scientifici, prevalentemente di chimica, già a partire dal 1803, determinando l’evoluzione delle ricerche che condussero all’invenzione della Fotografia. Resta quindi lo straordinario primato e merito, per il giovane Wedgwood, di aver ideato la Fotografia come la intendiamo oggi, ritagliandosi un posto nella Storia.

 

 

 

CLAUDIA IOAN, Direttrice Dipartimento Didattica FIAF

 

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