SHOOT FOR THE MOON – OBIETTIVO PUNTATO VERSO IL CIELO, di Claudia Ioan
“Shoot for the Moon. Even if you miss, you’ll land among the stars.” (“Punta alla Luna. Anche se la manchi, arriverai tra le stelle“)
Norman Vincent Peale, 1988
Sono incalcolabili, le visioni e i sogni di chi ha alzato lo sguardo verso il cielo e ha osservato la Luna: a partire dall’antichità è stata cantata, narrata in versi e in prosa, dipinta, disegnata, osservata tramite cannocchiali e telescopi, ma solo la fotografia ha reso possibile fissarne una rappresentazione autentica fruibile da un pubblico ampio nel tempo, capace di innescare nuova ricerca scientifica e nuovi sogni fotografici.
La notte del 26 marzo 1840, John William Draper, insigne storico e Professore universitario di chimica e botanica, salì sul tetto dell’osservatorio della New York University (dove insegnava) e realizzò una delle primissime (e uniche) immagini leggibili della Luna (altre sono andate distrutte). Era l’esordio ufficiale dell’astrofotografia, che consentiva finalmente una rappresentazione visiva non effimera dei corpi celesti. Il dagherrotipo di Draper è rovinato; paradossalmente i danni, rendendo l’immagine meno descrittiva, lasciano più margine all’immaginazione: evocano un oggetto osservato al microscopio o una galassia selenocentrica della fantasia.
Nessuno era mai riuscito nell’impresa di fotografare la Luna: in molti avevano puntato il loro obiettivo verso di essa, mancandola (o meglio, non riuscendo a metterla e a mantenerla a fuoco per il tempo dell’esposizione); si dice che lo stesso Louis Daguerre, inventore del dagherrotipo, avesse tentato ripetutamente senza mai produrre un’immagine nitida.
Cosa vi era davvero, sulla Luna, invisibile ad occhio nudo dalla Terra? L’immaginazione del grande pubblico nel frattempo era stata accesa da quella che è passata alla Storia come “The Great Moon Hoax”, “La Grande Burla della Luna”: nell’estate del 1835, il New York Sun aveva pubblicato una serie di articoli “scientifici” in cui si annunciavano i risultati epocali dell’osservazione della Luna da parte – nientedimeno – che dell’astronomo, fisico e matematico Sir John Herschel attraverso il telescopio del Capo di Buona Speranza. Gli articoli descrivevano una Luna dai paesaggi lussureggianti abitati da specie animali ignote e da curiosi uomini-pipistrello volanti (Vespertilio Homo), che pur in apparenza non minacciosi apparivano vagamente lovecraftiani (in linea anche con l’immaginario di Edgar Allan Poe, che scriveva testi simili per la stampa).
L’intera burla era ben congegnata e rientrava nello stile della nascente Science Fiction: vi erano dettagli tecnici e scientifici assolutamente accurati e plausibili, e si faceva riferimento al Supplemento dell’Edinburgh Journal of Science: un’ispirazione certa per chi, come Joan Fontcuberta, ha architettato operazioni mediatiche affini in epoca contemporanea, facendo riflettere sul potere dei media, sulla credulità del pubblico e anche sulla “Scienza” descritta a livello popolare e divulgativo sui giornali. Le vendite del New York Sun ebbero un’impressionante impennata; la notizia ebbe risonanza in tutto il mondo: negli anni, trovò spazio sulle testate internazionali e in pubblicazioni varie, con illustrazioni immaginifiche; l’autore degli articoli, Richard Adams Locke, bizzarramente all’inizio negò di averli firmati; dal canto suo, Sir John Herschel giudicò l’intera operazione un “divertimento innocente”.
È proprio a questo punto, una manciata di anni più tardi, che si inserisce il dagherrotipo della Luna di John W. Draper (1811-1882), scienziato e studioso dal talento multiforme, autore di scoperte scientifiche importanti nonché di libri di chimica, filosofia naturale, fisiologia, storia e memorie scientifiche. Nel 1839-40, Draper migliorò notevolmente la dagherrotipia, e non a caso è suo il primissimo ritratto nitido di una donna (Dorothy Catherine Draper, sua sorella) tramite questa tecnica, risalente proprio a quegli anni. Il suo dagherrotipo della Luna aveva richiesto venti minuti di esposizione e nuove ingegnose soluzioni, e fu il primo a risultare dettagliato e nitido; consentiva a chiunque di osservare il satellite terrestre e di scoprirne i dettagli: rappresenta quindi una tappa importante nella Storia della Fotografia e nei rapporti tra Scienza e Religione (tema sul quale Draper scrisse interi volumi). Ha inaugurato inoltre un genere, l’astrofotografia, parte integrante degli studi condotti anche dal figlio di Draper, Henry, e dalla nipote Antonia Maury, entrambi valenti astronomi. Come previsto da François Arago nel suo celebre discorso all’Accademia delle Scienze di Parigi del 1839, la fotografia ha consentito a tutti (non solo agli addetti ai lavori) anche di osservare il cielo, gli astri e la Luna, aiutando la Scienza e dando forma concreta al sogno; ci ha fatto letteralmente atterrare sulla Luna e tra le stelle, senza mancare né l’una né le altre, e noi le abbiamo potute guardare direttamente, a lungo, finalmente da vicino.
Testi: Claudia Ioan, Direttrice Dipartimento Didattica FIAF
Immagini: Wikimedia Commons
Ottimo lavoro.
Grazie per aver dedicato tempo e attenzione a questo esordio del DiD come Redazione strutturata per fornire contributi relativi alla Fotografia. L’attività sarà regolare e cadenzata: ti invitiamo a seguirci!
Grazie per l’articolo.
Come sempre interessante e ottimo spunto per ampliare il bagaglio culturale personale.
Saluti e buon anno! ?
Grazie, Marco, per il gradimento. La Storia della Fotografia è uno scrigno praticamente inesauribile di notizie e vicende, da esplorare e rivisitare. Immersi nel nostro presente, conduciamo attività fotografiche le cui origini sono talora sorprendenti. L’astrofotografia non fa eccezione, e ci regala gustosi aneddoti che condividiamo con piacere.
Davvero interessanti i contenuti dell’articolo che contribuiscono a fornirci un ulteriore mattoncino delle necessarie conoscenze di cultura che impattano sulle immagini e sulla fotografia. La luna è sempre stata sempre motivo di ispirazione in tanti campi dell’arte. Nella musica in epoca recente, agli inizi degli anni 70, i Pink Floyd con lo stupendo album The Dark Side of the Moon ne traggono ispirazione osservandola come metafora dell’alienazione. Ed esteticamente bellissima è la stessa copertina dell’album, ideata da George Hardie, che strizza l’occhio ai principi di composizione e decomposizione dei colori in fotografia. Su sfondo nero su un triangolo a vertice rovesciato entra un fascio di luce bianca decomponendosi nei sei colori rosso, arancione, giallo, verde. blu e porpora.
È sempre stimolante, scoprire i tanti fili che legano una data tematica ai nostri ambiti prediletti: la luna ha sollecitato la fantasia e ispirato legioni di intellettuali e artisti, oltre ad aver fatto sognare l’intera umanità. Non sorprende che sia praticamente onnipresente in tante opere disparate; ti ringraziamo per aver evocato anche un capolavoro come The Dark Side of the Moon, che adottiamo volentieri come colonna sonora di questo articolo.