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L'immagine (3° parte)

L’immagine.
III° Parte – I “Linguaggi Tecnici”

Zona industriale – 2012, foto di Silvano Bicocchi

L’immagine tecnica appare all’uomo per la prima volta con la fotografia, mostrandosi misteriosa con “le forme dell’impronta”. Subito viene definita “lo specchio del mondo” e  indissolubilmente è legata ad esso.

Nell’immagine tecnica sono fuse insieme, come nel corpo degli esseri viventi, la fisicità concreta (dell’impronta esistenziale) e la spiritualità (dell’icona linguistica).

Immediatamente i precursori notano che cambiando le caratteristiche tecniche della fotocamera cambia anche la raffigurazione dell’oggetto rappresentato nella fotografia.

Risulta quindi evidente che la macchina fotografica non mostra “il volto del mondo” ma ne può mostrare tanti diversi in base alla concezione tecnica della fotocamera: formato, obiettivo, materiale sensibile, ecc…

Nasce in tal modo l’immagine interpretata del mondo non più attraverso un sentire umano ma con un dispositivo tecnico. Da qui la grande varietà di fotocamere e accessori ideati per ottenere i più disparati effetti visivi, per esempio : ottiche più o meno luminose e più o meno incisive; pellicole più o  meno rapide, prima in Bianco e Nero poi tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 la grande conquista del colore, fino all’era digitale che noi stiamo vivendo nella sua fase iniziale.

Nascono già nell’ottocento tanti diversi dispositivi per fotografare che cambiano anche radicalmente i legami tra l’immagine e la realtà (rispetto allo Statuto originario), ad esempio: la macchina panoramica, ad obiettivo rotante, che produce immagini non più con una sola fuga prospettica ma con un’infinita successione di fughe differenziate angolarmente in tutto il campo di rotazione dell’obiettivo, da 120° fino ai 360°.

L’attesa – 1998, foto di Silvano Bicocchi, Realizzata con macchina panoramica a obiettivo rotante

Ma molte altre sono le tecniche che cambiano i legami dello Statuto Originario della fotografia, che un tempo venivano chiamate parafotografiche, anche solo attraverso il processo creativo di ripresa come avviene, ad esempio, con le esposizioni multiple che possono essere realizzate con varie modalità.

In  tal modo l’uomo scopre delle interpretazioni visive del reale non immaginabili prima della fotografia; icone di fascino e modernità tali da sconvolgere gli stili della visione pittorica.

Ognuno di questi dispositivi o processi tecnici creativi è caratterizzato da propri specifici legami con la realtà; per questa ragione ognuno di essi è un diverso linguaggio fotografico rispetto a quello dello Statuto Originario.

Labirinti – 1993 di Omar Lorenzoni. Macchina analogica, esposizioni multiple dello stesso negativo con mascheratura in ripresa.

Nascono in tal modo numerosi “Linguaggi Tecnici” che si differenziano gli uni dagli altri con un proprio Statuto che definisce gli specifici legami che l’immagine, con esso prodotta, intrattiene con la realtà.

Quindi ogni Linguaggio Tecnico imprime nell’icona un proprio “Codice Tecnico”. Pertanto  al fine di leggere correttamente l’oggettività dell’immagine tecnica, attribuibile all’impronta, è necessario conoscere il Codice Tecnico della fotocamera o del processo tecnico creativo con il quale essa è stata prodotta. Infatti solo così si riuscirà a tradurre mentalmente in modo corretto il senso che l’autore ha voluto dare a una particolare immagine.

Questo è un campo di ricerca sperimentale che sarà sempre aperto alla sensibilità e all’intelligenza umana, perché non esiste la sola concezione dello Statuto Originario della fotografia ma tanti quanti l’uomo saprà ideare. Ecco perché ha senso costruire una fotocamera o ideare un nuovo processo tecnico creativo.

L’elaborazione digitale offre filtri con i quali comodamente emulare gli effetti ottenuti con i “Linguaggi Tecnici” analogici storici, ma occorre che questa emulazione non cada in fiacchi manierismi e che invece sia attenta alla grande risorsa dell’”errore creativo” connaturale all’immagine tecnica.

Peter Kimmel – 2000, Maurizio Galimberti. Mosaico con Polaroid

Applicando la tecnica siamo sempre davanti al tentativo di concretizzare un’idea che abbiamo in mente, ma a volte può casualmente accadere che le macchine producano un’immagine strana che però riconosciamo fortissima nel rappresentare ciò che è il nostro sentito; ecco proprio in quel momento sorprendente viviamo l’ebbrezza espressiva che l’immagine tecnica può offrire per sua natura.

Quando riconosciamo nostra un’icona che non abbiamo pensato, ne potevamo immaginare ma che ci è stata donata nel nostro misterioso percorso espressivo, siamo nel territorio dell’oggetto trovato del Surrealismo o del ready-made Duchampiano che ha bisogno della nostra sensibilità artistica per essere amato e la nostra cultura fotografica per essere compreso.

Silvano Bicocchi
Direttore del Dipartimento Cultura FIAF

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3 commenti

  1. La serie dei Post “L’immagine” sono la forma scritta della riflessione parlata “I linguaggi della fotografia”, da me tenuta in occasione delle “Giornate di cultura fotografica”.
    La pubblicazione sul Blog vuole dare a tutti la possibilità di conoscere i contenuti di questa mia analisi, dato che non è immaginabile poter essere fisicamente presente in ogni città e in ogni Circolo d’Italia. La scrittura scritta è un esercizio di profondità che prima di tutto serve a me, vi assicuro che in questa modalità l’appprofondimento è molto superiore a quello della forma orale. I Post continueranno nei prossimi mesi fino a toccare ogni argomento da me trattato in questa riflessione; ritengo necessario puntualizzare questo perché la distanza temporale tra le pubblicazioni disperde il senso d’unità concettuale dei diversi Post che però potete recuperare facilmente con “Cerca” scrivendo nell’apposito spazio “L’immagine”. Buona lettura e non esitate a formulare domande o estensioni al mio ragionare e sentire.

  2. Come ti ho detto di persona, questi articoli (come i Photospot) sono utilissimi per fare ordine e chiarezza su questi argomenti.
    Riceverli con “bassa frequenza” è da una parte comodo perché non assorbono troppo tempo e dall’altra utile perché magari “costringono” a rileggere il precedente.
    Completata la plubblicazione non è un problema riprenderli tutti e accorparli in un unico fascicolo da tenere in libreria.
    Grazie ancora per i preziosi contributi.

  3. Io credo risieda proprio in questo “errore creativo” la “misura” di un autore (se di “misura” e di “errore” possiamo parlare…). Nel momento in cui decidiamo di utilizzare una determinata tecnica, dobbiamo mirare proprio a quella “sorprendente ebbrezza espressiva” di cui hai parlato, non fermandoci alla sola emozionalità superficiale che può essere replicata. L’immagine dovrà essere una e irripetibile: la NOSTRA immagine che, proprio perché é misura ed espressione del nostro sentito, saremo anche in grado di giustificare, andando ben oltre l’istintività e la casualità.

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