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In memoria di Don Giuseppe Diana – di Alberto Placidoli

“In memoria di Don Giuseppe Diana” – di Alberto Placidoli

Ho pensato di inviare questo lavoro per ricordare Don Giuseppe Diana, il prete ucciso dalla camorra a Casal di Principe, nella sua chiesa, alle ore sette mentre si accingeva a celebrare messa, il 19 marzo 1994. A condannarlo fu ciò che aveva predicato, e soprattutto il documento scritto assieme ad altri sacerdoti: “Per amore del mio popolo non tacerò”, distribuito il giorno di Natale del 1991. Oggi, a Castel Volturno, su un terreno confiscato al boss napoletano Michele Zaza che vi aveva costruito una scuderia per cavalli di razza, ha sede legale una cooperativa sociale che porta il nome di quel coraggioso sacerdote “Le Terre di don Peppe Diana – Libera Terra”.
I giovani soci portano avanti diverse attività tra cui la gestione di un moderno caseificio bufalino che produce mozzarella, ricotta e formaggio destinati alla distribuzione nel mercato locale e nazionale con il marchio Libera Terra.
Gli stessi sono altresì impegnati nella conduzione di terreni agricoli, anch’essi confiscati, disseminati sui territori dei cinque comuni del casertano coinvolti. Progetto esemplare dell’associazione “Libera – Associazioni, Nomi e Numeri Contro le Mafie” è la produzione della cosiddetta “Mozzarella della Legalità” che viene prodotta nel moderno caseificio della cooperativa, inaugurato il 17 maggio 2012 da Don Ciotti e dal fratello del prete ucciso dai killer della camorra.
Le raccolte di grano e legumi sono invece destinati a far parte del circuito “Libera Terra” ed affiancano i “Paccheri di don Peppe Diana”, formato tipico di pasta artigianale già presente sul mercato.
E’ dunque mio desiderio ricordare Don Peppino Diana con questa selezione di immagini scattate tra il 2012 e il 2013 che cercano attraverso le mani l’impegno legato ad una missione difficile e spesso contrastata. Sono le mani di Don Ciotti, di Massimo, Mario, Roberto, Teodosio, Enrico ed Ercolino che nei comuni di Castel Volturno, Cancello ed Arnone, Pignataro Maggiore, Carinola e Teano fanno impresa su una terra speciale, perché sottratta alla illegalità.

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5 commenti

  1. “In memoria di Don Giuseppe Diana“ di Alberto Placidoli è un’opera animata da un’idea di narrativa tematica per la rappresentazione soggettiva dell’argomento. L’opera fotografica si qualifica anche per il tema che sceglie di trattare e questo che ricorda un Martire dei nostri tempi è di alto profilo. Il tema della speranza di una resurrezione civile di intere regioni è un modo molto significativo di avvicinarsi al periodo pasquale. Questa speranza la si vede nella poetica fluida che caratterizza l’interpretazione che l’autore ha dato dei vari segmenti tematici. L’uso del super grandangolare dei luoghi di lavoro che li trasforma in una visione euforica quasi irreale. Il medio tele che raccoglie l’energia e la solennità di Don Ciotti, del lavoro dei suoi collaboratori e delle scritte sui muri che proclamano la libertà conquistata in quei siti.
    E’ una storia italiana che ringrazio Alberto Placidoli di averla postata perché ci tiene legati a questo processo di liberazione così complesso quanto determinante per la nostra Patria.

  2. Come sottolinea Il direttore quest’opera ci parla di speranza. Di una luce che ha cominciato a squarciare le tenebre. Del desiderio di legalità e bene che si diffonde e radica, trasformando un territorio, elevandolo a luogo nuovo, dove è possibile vivere e credere in un futuro migliore.
    Si sente attraverso la scelta della rappresentazione fatta da Alberto Placidoli tutta la forza e la determinazione che guidano questi “eroi silenziosi” che combattono, con il lavoro e l’impegno, contro un nemico terribile, perché potente, ma che ad ogni loro passo avanti si indebolisce un poco.
    Una descrizione che in un alternarsi di luoghi e uomini, scritte chiarificatrici e gesti eloquenti ci raggiunge in modo diretto.
    Un lavoro che è gesto di gratitudine a chi ha dato la vita per il bene comune e a chi credendoci continua a lottare e a farlo con tutto se tesso, fino in fondo.
    Grazie Alberto!
    Orietta Bay

  3. Le immagini descrivono molto bene la realtà di Libera, Don Ciotti è un eroe, portando avanti il discorso della legalità come unico mezzo di fratellanza e cooperazione, ad alto rischio della sua vita. La risposta migliore alle mafie e ai poteri corrotti e forti, la risposta più sana ad una classe politica che ha interesse a convivere con l’illegalità e la corruzione, quando anche la fotografia da forza ed è testimone in prima linea, la potenza del reportage, complimenti veramente 🙂

  4. So bene che gli insegnamenti sulla lettura strutturale della fotografia, lasciatici in eredità da Padre Nazzareno Taddei, per alcuni puristi della lettura delle immagini libera da schemi risultano una sorta di gabbia che impedisce il volo emozionale della visione personale. Ma nonostante ciò voglio evidenziare come nel lavoro dell’amico Alberto si ritrovino sempre e costantemente i paradigmi semiologici della lettura fotografica di P. Taddei. C’è sempre, anche quando l’immagine sembra un semplice documento di reportage, una sorta di dualismo espressivo dato da un lato dalla rappresentazione oggettiva del contesto e dall’altro da uno o più elementi complementari che giocano a finalizzazione il significato, il “messaggio” del fotografo. Lo conosco troppo bene per non sapere che è nella natura di Alberto andare in previsualizzazione alla ricerca di tutti quegli elementi del contesto che nella composizione possano giocare da metafore visive.
    Vedi per esempio la prima immagine con la scritta “In nome del mio popolo” con la presenza di un nero a sottolineare il forte valore ecumenico del messaggio di Don Peppe Diana; le tre gestualità di Don Ciotti: “Da qui si ricomincia rimboccandoci le maniche, ma si vince se si è tutti uniti”; il cane pastore a fare da guardia ai “nuovi valori”; il rimorchio “Paradiso” con la messe promessa; il bandone che da tetto delle “intemperie” della vita locale diviene convogliatore del “nuovo raccolto”; le mani logore da una vita di fatica che mostrano il frutto della “Nuova Terra”: la cicerchia unico legume che riesce a crescere li dove tutti gli altri semi muoiono per la “siccità”; il tuffo dell’agricoltore nel “nuovo raccolto” e per finire la bandiera di Libera che garrisce al vento in un mondo dove si sono rialzati i “pali” del dialogo e dell’informazione.
    Chi crede che questo sia tutto frutto di casualità o coincidenze fortuite non conosce cosa fa Alberto prima , durante e dopo lo scatto. Ma soprattutto cosa pensa e vede.

  5. Un lavoro ben fatto sopratutto la forza della fotografia quando usa il suo linguaggio a testimonianza.
    La fotografia diventa un mezzo per sensibilizzare ma anche per informare. Don Ciotti persona grandiosa conosciuta personalmente,combatte in prima linea con la parola e l’impegno affinche i corrotti siano condannati.
    Ringrazio Alberto con la sua opera importante per il tema svolto,straordinaria l’immagine con la gradiosa scritta “la camorra qui ha perso” ,che soddisfazione! Complimenti Alberto, un bellissimo lavoro .

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