Casa Uscher – Simona Bertarelli
CASA USCHER – Simona Bertarelli
“Casa Usher, nasce dal desiderio di condividere con l’osservatore le ansie e le paure suscitate da un incubo.
La scelta dei mossi e dei contorni a tratti più o meno definiti delle immagini, è il tentativo di portare l’osservatore nel caotico mondo dei sogni, dove tutto è a tratti incerti e talvolta incomprensibili, dove il vortice dell’angoscia coinvolge l’astante impotente e lo travolge senza possibili vie d’uscita.
Il soggetto è “la casa”, uno dei luoghi comuni dell’immaginario horrorifico contemporaneo, che trova il suo primo grande rappresentante nella storia della letteratura gotica del 1800 con Edgar Allan Poe, e da qui il titolo del progetto.
La casa è infatti nella quotidianità rappresentativa un luogo accogliente, che dona conforto e sicurezza, e viene qui traslato nell’immaginario collettivo contrapposto, dove ciò che è accogliente non lo è più e ciò che era sicuro è sparito, fagocitato da incubi e deliri.
Una costante del gruppo di immagini è la presenza di finestre e/o varchi verso l’interno delle strutture, attraverso i quali non è mai possibile vedere all’interno, ma dal buio di essi nasce l’immaginifico e la sensazione di una presenza non ben definita.
Presenza confermata nelle ultime due immagini dove i contorni di una figura, forse reale, iniziano a delinearsi in basso a sinistra nella 9° immagine, facendo da quinta all’insieme; ed infine nuovamente nella decima immagine, ma questa volta come soggetto quasi centrale seppur sfocato ed evanescente. Quest’ultima figura vuole essere assieme rappresentazione dello spettatore impotente ed evocazione onirica dell’oltre.”
“Casa Uscher”, di Simona Bertarelli, è un’opera animata da un’idea narrativa artistica perché le immagini sono prodotte solo con intento introspettivo, la realtà è rappresentata come metafora.
Il 20 maggio 2012 il Comune di San Felice S/Panaro fu nell’epicentro della prima scossa del terremoto che colpì gran parte l’Emilia Romagna in particolare l’area della bassa modenese.
L’autrice visse quell’esperienza in modo traumatico. Questo suo primo portfolio, realizzato con lo stimolo del Fotoclub Eyes a cui è iscritta, è stato un modo per portare alla coscienza le proprie angosce.
Come si deve leggere la fotografia come terapia?
Con in mente questo contesto drammatico, avendolo anch’io vissuto, ho letto questo portfolio traducendo in parole le emozioni evocate in ognuna di queste immagini con l’intento di condividere questo percorso fortemente soggettivo dell’autrice.
In gioco è il valore simbolico della casa come spazio protetto, in cui vivono e si custodiscono gli affetti. La casa violata con i vetri rotti, indifesa dagli animali che la possono invadere impunemente. Le finestre come aperture dalle quali vedere e farsi vedere, la casa imponente che è scossa come un cespuglio. Infine la bambola ballerina sfocata che appare come l’ancora flebile dove ancora sentire la leggerezza infantile del’esistenza. La ripetizione è parte dell’ossessione, non credo che in lavori di questo genere valgano le regole di altri generi d’opera.
Complimenti a Simona Bertarelli per essere riuscita a guardare in faccia le sue paure e grazie per aver avuto fiducia in noi che la leggiamo.
Simona Bertarelli ha compiuto un percorso introspettivo che mi ha veramente emozionato. Lo stravolgimento del concetto di casa come luogo di sicurezza, da al lavoro di Simona una connotazione inquietante, probabilmente frutto, come fatto opportunamente notare dal Direttore, del terremoto del 2012; anche la figurina sfocata dell’ultima foto ,a parer mio, non fa che aumentare il senso d’angoscia che pervade tutto il lavoro. Molto efficace l’uso del b/n così “carico” e dello sfocato. Complimenti all’autrice.
angoscia e tremore nell’epoca dove alle fotocamere hanno messo lo stabilizzatore, se lo montassero anche nelle persone queste non vibrerebbero più e forse riuscirebbero a fare immagini nitide anche attraversando tragedia trasversali ed oblique come reliquie.