“Laboratorio sulla fotografia contemporanea” – di Piera Cavalieri
Cronache Di Cult FIAF
Il laboratorio è nato dall’idea di parlare di fotografia contemporanea o meglio di quel grande caos creativo che è la fotografia oggi. I testi più noti che parlano dell’argomento e che risalgono a pochi anni fa in fondo appaiono un po’ superati e, se hanno tracciato con lucidità le tendenze più evidenti, è pur vero che ormai le abbiamo assorbite, prime fra tutte, idee come la teatralità e la finzione. Mi è parso, a questo punto, più stimolante fare riferimento ad altri testi come “Un’apparizione di superfici” di Luca Panaro, che offre una migliore risposta alla complessità attuale, e soprattutto cogliere idee sul campo, nei festival, manifestazioni, fiere , più importanti sparsi sul territorio, che sono la voce autentica di ciò che bolle in pentola.
“Laboratorio sulla fotografia contemporanea”
di Piera Cavalieri
Il laboratorio è stato così un tentativo di mettere quel po’ di ordine che potesse permettere un necessario disorientamento ma anche un interessante stupore. Ho chiesto ai partecipanti che si lasciassero un po’ spiazzare rispetto alle loro convinzioni e gusti. È stata quindi un’immersione nelle opere dei più noti autori contemporanei italiani e internazionali e degli esordienti più interessanti per trovare delle sensibilità comuni e delle linee di pensiero.
In sei incontri sono state proposte molte idee con l’obiettivo di dare tanti stimoli in mezzo ai quali ognuno potesse trovare quelli più adeguati alla propria sensibilità, utili per dare il via a una loro potenziale ricerca.
E allora l’utilizzo dell’archivio, direi una vera e propria ossessione attuale, cioè l’utilizzo di immagini preesistenti per reinterpretarle, ha permesso delle ricerche nella propria autobiografia, nelle proprie radici e, un certo gusto per il ritorno a qualcosa di tattile, di materico e di racconto della propria storia, forse una vera reazione all’indigestione di immagini retroilluminate che ci passa sotto gli occhi in ogni momento.
Due fotografe hanno prelevato immagini dai loro album di famiglia e li hanno ricostruiti, ognuna con un proprio gusto.
“Senza tempo” di Paola Olandi
Nelle deliziose immagini di “Senza tempo” di Paola Oldani, le fotografie della madre, del padre e di lei si fondono in ambienti naturali, boschi, montagna, mare, campi di grano. Il risultato è una nuova storia mediata dai ricordi. Sono fotografie solari che ci fanno sentire i profumi, i rumori, i colori che l’autrice ha dentro di sé, in una gradevole sinestesia.
“Sospesa tra presente e passato” di Paola Bernini
“Sospesa tra presente e passato” di Paola Bernini, è la ricerca, sempre negli album di famiglia, di quel filo che unisce presente e passato, delle radici su cui costruiamo la nostra identità che acquisisce forza quando la si racconta, e allora immagini di bambini e volti di ieri e di oggi si incontrano sospesi nel tempo.
“Metamorfosi” di Roberto Trinceri
Roberto Tricerri si è invece raccontato attraverso le fotografie che scandiscono momenti precisi di una vita, quella della prima comunione e quelle delle carte d’identità che si sono susseguite ammiccando al titolo “Metamorfosi” di Apuleio e agli occhiali da lettura appoggiati di lato.
Massimiliano Morini
È stato anche interpretato un sentire molto contemporaneo, come ha fatto Massimiliano Morini, l’essere anonimi e sconosciuti tra la folla e quel senso di solitudine che tutti conosciamo, forse rivisitando l’opera di Liù Bolin, l’artista cinese diventato famoso per la sua capacità camaleontica di mimetizzarsi nell’ambiente e di suggerire un senso di spaesamento.
Antonio Zoncheddu
Antonio Zoncheddu ha cercato delle sembianze umane, nel legno, nella roccia, gioco intramontabile di bimbi e adulti che hanno gli occhi per vedere le proprie proiezioni nella natura. L’interesse per la natura, in effetti, è un altro tema oggi molto sentito e battuto sia in fotografia che in narrativa.
Ho svolto il laboratorio nell’Atelier fotografico di Frank Morris, nel cuore di Genova.
Piera Cavalieri
Lettore della Fotografia FIAF
Cronache Di Cult FIAF dà visibilità ad attività significative che sono state compiute fuori dalla panificazione del Dipartimento Cultura FIAF e condotte autonomamente. Ci interessa essere a fianco a tutti coloro che esprimono impegno nel far progredire il linguaggio fotografico.
In questo caso Piera Cavalieri annunciando la mostra conclusiva del “Laboratorio sulla fotografia contemporanea” ha attirato la nostra attenzione e quindi siamo andato a conoscere le opere e il pensiero che hanno qualificato l’attività laboratoriale.
Il Laboratorio è un intreccio di ricerca e formazione, perché se la sua natura è far crescere i fotografi partecipanti, lo sforzo è sicuramente nell’apprendere nuove poetiche e poi sperimentarle con la propria soggettività.
Come sempre le opere le fanno i fotografi, mentre la Tutor ha proposto le nuove prospettive che caratterizzano le nuove tendenze, qualificandole con chiarezza intellettuale.
Complimenti a Piera Cavalieri e ai partecipanti per la sfida posta in atto e il bel complesso di contenuti prodotti.
L’ossessione, come la chiama Piera, che vuole, a ispirazione, fotografie del passato e prelevate da album di famiglia conferma una contemporanea necessità espressiva che vuole affondare le radici in quello che il fotografo è.
Una ricerca del Sé che desidera portare all’esterno quello che all’interno abbiamo. A questo punto il paragone con le rivoluzioni artistiche del ‘900 diventa palese.
Dall’impressionismo all’espressionismo il passo non è stato breve, anzi, in mezzo c’è stata una guerra e la fine di un epoca, verso scenari bui e dolorosi.
Dobbiamo quindi chiederci perché questa necessità, così palese in fotografia, stia coinvolgendo non solo il mondo femminile ma, anche, quello maschile, notoriamente più ritroso a certe poetiche espressive.
Chi frequenta i tavoli di lettura si sarà certamente accorto di questa tendenza e, penso, si debba cominciare a credere che la fotografia contemporanea sta cercando di trovare i confini delle persone e non solo quelli del mondo che, come la cronaca ci insegna, stanno diventando liquidi.
Abbiamo quindi bisogno di fermarci e ascoltarci e il laboratorio di Piera Cavalieri lo dimostra, permettendoci anche di comprendere la qualità di queste opere.
Grazie Piera della tua attenzione, mai disattesa.
Ti ringrazio Isabella di questa riflessione che mi permette di dire che quando ho iniziato il laboratorio non avevo affatto immaginato che ne sarebbero venuti fuori lavori così autobiografici e soprattutto da parte degli uomini partecipanti. Invece è stata una serata in cui si è parlato di grandi autori e di giovani autori che lavorano su di sé a dare il via. Credo che questo dimostri un vero istinto di narrazione di noi stessi. I nostri ricordi, quelli del nostro archivio, contengono quel po’ di finzione che la memoria ci fornisce e che altri fotografi cercano con la messinscena ma il desiderio è comune, è la condivisione, e una sorta di tenerezza.