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Volti dell’anima – di Matteo Colla

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Volti dell’anima

 di Matteo Colla

Matteo Colla ha realizzato un centinaio di ritratti di persone del paese natale, Poviglio (RE), associandovi i racconti delle loro vite, raccolti da Daniela Dall’Aglio. 
Ecco snodarsi immagini e testimonianze, lampi di verità sulle vite delle persone, da quelle più umili a quelle che hanno cercato di costruirsi un ruolo sociale di rilievo, talvolta approdandovi per l’imperscrutabile azione di ciò che chiamiamo “destino”. 
È, quella di Colla, una fotografia che è socialmente motivata e racconto, epica civile, con alla base una tensione morale a salvare il bene irrinunciabile della memoria. I povigliesi di Colla possono essere fotografati all’interno di un ambiente che evoca la loro professione e le loro passioni, ma sono soprattutto volti e corpi di persone, irriducibili l’una all’altra; pur lasciando trasparire qualche tratto della loro interiorità, restano sempre avvolti da un mistero: alcuni ci si presentano come inaccessibili fortezze; altri, esibiscono qualche feritoia attraverso cui inseguire qualche intimo segreto.
Secondo Paul Brulat, “i volti ingannano raramente. Si ha l’anima del proprio volto e il volto della propria anima”. Qualche lacerto dell’anima transita negli occhi e nei tratti di un volto, ma in un fotografo occorre un’“educazione sentimentale” e uno stile peculiare per cogliere la verità; ogni volto è un paesaggio, che va scrutato e scandagliato alla ricerca di ciò che se ne sta in superficie e di ciò che giace nell’interiorità.
Sandro Parmiggiani
Curatore, Critico fotografico e d’arte 
 

 

TUTTO IL MONDO È UN PALCOSCENICO

A prima vista, scorrendo le pagine dei ritratti fotografici contenuti nel volume “Volti dell’Anima”, si potrebbe cedere all’impressione che Matteo Colla sia una persona estremamente seria, che realizza ritratti fotografici altrettanto seri, di persone a loro volta molto serie e compassate. Tuttavia, esaminando più attentamente le pagine di questa raffinata opera, viene da pensare che Matteo Colla celi un sorriso interiore ed un ottimo senso dell’umorismo. I suoi cinquantasei ritratti sono tutti composti in modo meticoloso e caratterizzati da una sorta di gusto per lo still life; eppure tutti i soggetti delle fotografie sono persone vive, in carne ed ossa. Si tratta infatti di insegnanti, medici, fornai e pasticceri, sacerdoti, sindaci, falegnami, artigiani, commercianti, impiegati delle Poste, e tutti sembrano conoscere Matteo molto da vicino. Evidentemente si fidano di lui, altrimenti come potrebbero avere quell’espressione calma e rilassata, spesso addirittura vagamente divertita, davanti all’obiettivo della macchina fotografica?
Senza dubbio, questa raccolta di fotografie non rappresenta un documentario sociale alla Cartier Bresson, con il suo “momento decisivo”. Matteo non fa alcun uso della luce naturale; preferisce piuttosto orchestrare una specie di chiaroscuro a colori dall’effetto drammatico. Le opere che ne scaturiscono mi riportano alla memoria le magnifiche foto di locomotive di O. Winston Link, che trascorreva giornate intere a lavorare sulle proprie manifestazioni di luce. 
Di fronte alle foto di Matteo mi riecheggiano nella mente le sagge parole del grande William Shakespeare, secondo cui: “Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini […] non sono che attori. Essi hanno le loro uscite e le loro entrate […]”*.  
Proprio come Matteo, questo cast così diverso di personaggi assortiti tra di loro e rappresentati nelle foto non è ciò che sembra di primo acchito; inizialmente vi scorgevo, infatti, una specie di mise en scène con attori in posa per il proprio ritratto su di una scena ben definita. Ad una valutazione più attenta, tuttavia, ho iniziato ad identificarmi con alcuni di loro, immaginando diversi tratti individuali dei personaggi e delle loro storie, poiché ogni persona rivela qualcosa di sé, della propria anima. Ed è a questo punto, che, da estraneo, mi sento attratto dalle loro vite e vorrei conoscere meglio queste persone; mi piacerebbe poterli incontrare a cena e sapere qualcosa su di loro, ascoltare le loro storie ed ottenere maggiori informazioni. In tal senso, si può affermare con certezza che realizzando quest’opera Matteo abbia reso a tutti noi un servizio prezioso, con piglio gentile e garbato, facendoci conoscere le persone di Poviglio attraverso le sue fotografie.
Grazie mille Matteo. Saluti!
Michael Kenna
Ottobre, 2018
(traduzione Federica Mantovani)

Alcune immagini del libro

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7 commenti

  1. Un’opera stupenda! Ho avuto la fortuna di poterla visionare ed e’ davvero unica. E che dire delle altre opere di Colla?? Tutte da vedere!!
    I commenti non possono essere anonimi. Preghiamo di comunicare il nome dell’autore del commento, altrimenti verrà cancellato.

  2. Complimenti da parte mia e da tutti coloro i quali vedendo il Vostro libro esprimono sempre, dico sempre questa parola… E ne riconoscono l’originalità, la “bella idea” ed “peccato che non ci sia tizio, caio o Sempronio – ne hanno nominati tanti che non me li posso ricordare – … in ugual misura chi non conosce i protagonisti perché non é del posto… Fa comunque complimenti!

  3. “Le foto che ti prendon di sorpresa quando non ti metti in posa
    sono sempre le migliori perché colgono la verità
    così com’è […]”
    In questo modo inizia una recente canzone di Jovanotti.
    Non se il nostro cantautore conosce il lavoro di Walker Evans realizzato nella metropolitana newyorchese alla fine degli anni ’30, ma in pochi versi ha riassunto il pensiero e l’intento del grande fotografo.
    Nel lavoro di Matteo Colla invece i personaggi sono perfettamente consapevoli di essere ritratti anzi tanta è la loro consapevolezza che sembrano in posa (spesso ironica) di fronte a uno specchio. Però immagino che Matteo ben conosca i due autori che sono il riferimento per chiunque si avvicini al ritratto fotografico: Nadar e Sander.
    Del primo vedo l’ironia e del secondo vedo il rigore formale.
    Grazie per aver condiviso questo belle immagini.

  4. Bella Idea, bel lavoro,bella realizzazione e costruzione delle immagini.
    Sguardi intensi e consapevoli, che danno ancora più valore a ogni singolo scatto.
    Complimenti.

  5. Per me questo è un dialogo. E più che vedere l’anima, si vede la relazione che si instaura, come sempre nei casi migliori, tra il fotografo e il soggetto ripreso. Certo, come viene detto, probabilmente una relazione personale esiste già, da prima, tra Colla e i suoi protagonisti ma l’immagine ci restituisce quasi l’essenza della relazione stessa. Ad esempio: lo sguardo in macchina di ciascuno sembra cercare qualcosa in più, ci sono espressioni dei volti che parlano con qualcuno, quel “tizio” che sta dietro la messa in scena (non davanti), l’autore. Così non mi sento di scomodare maestri per porre paragoni; preferisco godere quel fluido magico di cui dicevo. Una relazione di questa profondità e naturalezza vale di suo, non ha bisogno di specchi.

  6. Non è cosa da poco il progetto “Volti dell’anima” di Matteo Colla, col quale ha voluto rappresentare fotograficamente parte della comunità del paese in cui vive.
    Poviglio è un paese della Provincia di Reggio Emilia di sette o otto mila abitanti, con queste dimensioni ci si conosce tutti. Data la convinta collaborazione dei concittadini io la ritengo un’operazione culturale volta a porre in evidenza dei tratti identitari di questa comunità paesana.
    Noto che viene dato rilievo allo spirito laborioso e la vivacità imprenditoriale, i due elementi chiave che hanno creato il lavoro e con esso il benessere nel paese.
    Parlo dello spirito laborioso degli anziani contadini o degli artigiani di antichi mestieri, per la ricerca simbolica che l’autore a condotto nel comporre la posa, la scena e le luci che conferiscono solennità alla staticità quasi monumentale di queste persone che hanno costruito la loro vita col lavoro manuale.
    Parlo di vivacità imprenditoriale, per l’originale ideazione della posa con la quale l’autore ci ha comunicato la determinazione che anima questi imprenditori di varie professioni.
    L’autore è specialista nel dominare le luci, anche in quest’opera esse si rivelano determinanti per rendere icastica la rappresentazione dei soggetti. Il profilo colore caldo invita lo sguardo del lettore a entrare in ogni dettaglio dell’immagine.
    Complimenti a Matteo Colla per la qualità fotografica e per aver concluso splendidamente il suo impegnativo progetto con mostra e libro.

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