Saggistica

Muovilo, muoviti: cose e persone che si spostano in Allan Sekula e Mike Brodie – a cura di Enrico Marello

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Mike Brodie

Muovilo, muoviti: cose e persone che si spostano in Allan Sekula e Mike Brodie

a cura di Enrico Marello

 
Negli ultimi decenni, il movimento di cose e persone è divenuto parossistico, quasi ossessivo.
Spostarsi, per vedere assaggiare sentire toccare è divenuto un obbligo: se non ti sposti nelle vacanze, nei week-end, sei additato come un soggetto bizzarro. Gli oggetti di consumo possono essere fatti arrivare rapidissimamente da qualsiasi parte del mondo, apparentemente senza fatica e senza impatto. Sembra non esistere più un vero irraggiungibile. Per riflettere su questo tema si possono consultare due lavori in meravigliosa continuità: “Fish Story”, di Alan Sekula e “A Period of Juvenile Prosperity” di Mike Brodie.
 

Allan Sekula
 
I casi della vita fanno sì che Mike Brodie, l’enfant terrible della recente fotografia USA, nasca mentre Alan Sekula sia nel pieno dell’elaborazione del suo ciclo di lavori concernenti l’impatto dell’economia capitalistica sui luoghi e sull’immaginario dei luoghi. Si può dire che Mike Brodie nasca insieme al progetto di Sekula dedicato all’impatto dell’economia “delle merci” sul mare.  In simmetria, Sekula muore nell’anno in cui viene pubblicato “A Period of Juvenile Prosperity”. Tra i due fotografi, che credo non si siano mai incontrati, non si potrebbe immaginare una maggiore distanza di formazione e di esperienza.
Alan Sekula, oltre che apprezzato fotografo, è stato un fine intellettuale, critico d’arte, insegnante universitario (al prestigioso CalArts); ha avuto una produzione fotografica e saggistica di svariati decenni; alcuni suoi saggi hanno segnato la storia della critica fotografica, in particolare quelli sul significato della fotografia in prospettiva semiotica.
 
 
Mike Brodie, scolarizzato in maniera molto precaria, soggetto talvolta border-line, socialmente inquieto, si avvicina alla fotografia in maniera casuale e senza alcuna formazione specifica, fotografa per poco più di dieci anni e, all’apice del successo, si ritira dalla scena fotografica per dedicarsi alla meccanica.
 
 
Anche le due opere sono tra loro molto lontane, sebbene siano entrambe incentrate sul tema del movimento. Fish Story analizza il movimento delle merci sui mari, A  Period of Juvenile Prosperity il movimento di gruppi marginali che percorrono gli USA, apparentemente senza meta. Sono opere lontane nel modo di progettazione.
Il progetto di Sekula nasce già in origine come un oggetto complesso, per confluire in un libro e in una mostra: l’uno e l’altra sono arricchiti, rispetto al progetto iniziale, nel corso del tempo.
Brodie fotografa da insider la vita di gruppi marginali (tra cui i train hoppers, coloro che si spostano usando abusivamente i treni merci), senza un progetto concettuale iniziale: come dirà in una delle poche interviste concesse, “ho solo fotografato la mia vita”; con la pubblicazione il progetto termina, perché Brodie cambia vita.
Sono opere lontane nel modo di esposizione.
Sekula ha un’impronta molto chiara, che deriva dalla sua impostazione politica marxista: vuole svelare la perdita di senso sottostante il movimento delle merci, che viene nascosto il più possibile al consumatore: questo intento viene chiarito dalle prime pagine del libro e dai primi pannelli della mostra.
Brodie lascia che sia il lettore a cercare il senso del percorso che offre lungo le sue immagini, senza offrire un appiglio trasparente: alla prima lettura si resta frastornati  e si cerca immediatamente un nuova lettura per unire dei punti di significato che si intuiscono essere legati.
Sono opere lontane nel rapporto tra immagini e testi.
L’opera di Sekula è fortemente verbale, sia nel libro che nella mostra: i testi dimostrano conoscenze storiche, sociologiche, economiche di grande profondità: è più di un para-testo, è un percorso quasi autonomo rispetto alle immagini.
Brodie è quasi privo di linee verbali: appone al termine del suo libro due paginette (tra le più brillanti mai viste su un libro di fotografia) che oscillano tra l’autobiografico e la finzione, in cui continua a non offrire un chiaro appiglio al lettore.
Quindi, si tratta di due opere complementari nei modi di comunicazione. Eppure, sono così vicine nel  profondo. Sono vicine, perché ci interrogano sul perché (e anche per chi) dobbiamo davvero muoverci. Sul senso profondo del movimento e del nostro modo di occupare gli spazi, non solo con il corpo. Ci interrogano sugli apparati sociali e sulle loro costrizioni, che a volte limitano e a volte impongono il movimento.
Chi volesse approfondire, con una piccola sitografia di riferimento per i due progetti, può consultare queste due risorse:


 
Enrico Marello
 

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5 commenti

  1. Interessante, interessantissimo questo paragone di due soggetti tanto diversi eppure così vicini e sensibili al movimento, indispensabile coronamento della nostra vita quotidiana.
    Bella la differenza cromatica, calda-gialla per la vita personale, fredda-azzurra per documentare qualcosa che ci è distante.

  2. In seguito alla lettura su Agorà di Cult,del post di Enrico Marello, tenuto conto che l’uomo da sempre ha avvertito la necessità di viaggiare(per motivi di lavoro, salute, vacanze, etc.), i lavori “Fish Story” di Allan Sekula e “A Period of Juvenile Prosperity” di Mike Brodie, rafforzano l’invito a riflettere sulla vita e sul perché è importante “muoversi”, e sulla fotografia che si conferma uno dei mezzi più straordinari di comunicazione. Complimenti all’autore del post e buon inizio settimana a tutti. Cosimo Stillo

  3. L’accostamento dei due lavori mi suscita sensazioni simili. Oltre a rappresentare entrambi il tema del movimento, sia pure in tempi e contesti differenti, trovo che i due lavori abbiano in comune l’espressione dei silenzi e dei tempi.
    Con questo mi riferisco all’assenza di rapporti tra persone, luoghi solitari, gesti furtivi compiuti in luoghi sperduti.
    In entrambi i casi questi silenzi convivono con dei rumori di sottofondo dovuti a treni, navi e altri mezzi di movimento creando un’atmosfera dove il vissuto è malinconico. A questo si aggiunge una percezione di un tempo molto dilatato, nonostante la velocità dei treni.
    Opere apparentemente pubbliche, che mostrano aspetti, sia pur meno noti, della società dove è facile perdersi in un labirinto di interpretazioni che sembrano sempre più scavare in maniera introspettiva sul senso della vita.

  4. Certamente uno stesso filo ma lavorato per tessere relazioni, con ciò che viene posto in presenza, diverse
    nella distanza tenuta, nel tipo di coinvolgimento avuto e quindi proposto, nella motivazione di ognuno di questi autori. Ben distante è anche il loro ricorso alla parola scritta. Uno denuncia, ben radicato in terra, in modo analitico e puntuale, fornisce risposte. L’altro trasgredisce con radici aeree e viaggiatrici e raccontando senza parole, costringe alle domande. Anche il rapporto con la propria produzione artistica è molto diverso, ”duchampiano” direi nel caso di Brodie.
    Trovo utile e ben fatta la proposta di Enrico Marello. Considero le Diversità positivamente destabilizzanti nel costringere ad una consapevole rivisitazione e arricchimento del proprio esserci, necessari per ricreare un equilibrio nuovo e anch’esso sempre in movimento.

  5. Interessantissimo il parallelo che Enrico Marello traccia sui due autori Sekula e Brodie. Il denominatore comune è il movimento che nel primo caso l’uomo subisce a causa della globalizzazione, mentre nel caso di Brodie cavalca gestendolo a proprio piacimento. Nel caso di Sekula il movimento è fonte di oppressione, nel secondo caso è fonte di libertà. Sono considerazioni molto profonde che non possono che farci seriamente riflettere. Complimenti ad Enrico per la sua passione e la sua grande capacità analitica.

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