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Emanuele Ferrari – Una pietra, uno sguardo, una storia

Emanuele Ferrari – Una pietra, uno sguardo, una storia

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Concept:
Una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome (dal Talmud).
Una pietra d’inciampo è un piccolo blocco di pietra ricoperto di ottone, posto davanti all’edificio in cui visse, o lavorò, uno dei milioni di deportati nei campi nazisti che non fecero più ritorno a casa. Essa ne ricorda il nome, l’anno di nascita, il giorno dell’arresto, il luogo della deportazione e la data della morte.
La prima fu posata a Colonia, in Germania, nel 1995, su iniziativa dell’artista Gunter Demnig: una reazione a ogni forma di negazionismo e di oblio, per ricordare tutte le vittime del nazifascismo, qualunque fosse il motivo della loro persecuzione – religione, “razza”, idee politiche o orientamento sessuale. Da lì si è avviato un monumentale progetto europeo per tenere viva la loro Memoria, che ha portato alla posa di oltre 80.000 pietre d’inciampo.
A Milano, con un formale atto costitutivo, è nato nel 2016 il Comitato per le “Pietre d’Inciampo” – Milano. Per rafforzare una memoria comune delle persecuzioni nazi-fasciste, il comitato si è prefissato di mantenere un fondamentale equilibrio, nella scelta delle persone a cui dedicare le pietre da posare, tra le vittime della deportazione politica e di quella razziale, le due tipologie avvenute a Milano.
Dal 2017 ad oggi (1), ne sono state posate 121.
Nella volontà di dare eco alla Memoria di queste vittime, ho deciso di fotografare alcune pietre d’inciampo, affiancando a questi scatti i ritratti dei famigliari delle vittime e accompagnando le due foto con le storie dei deportati.
In questo contesto, i ritratti vogliono rafforzare il significato e il valore della testimonianza costituita dalla pietra d’inciampo, provando, nel contempo, a restituire gli stati d’animo delle persone private dei propri cari.
L’immagine di sinistra del dittico è costituita da un doppio scatto (la pietra più il fronte dell’edificio al quale essa è riferita) che nasce in camera.
L’immagine di destra è costituita dal ritratto del famigliare, sempre scattato all’esterno del binario 21 (la zona della Stazione Centrale di Milano, al di sotto dell’area passeggeri, solitamente adibita al carico e allo scarico della posta e che, fra la fine del 1943 e i primi del 1945, fu impiegata per la deportazione).
Lo sfondo è sempre costituito dalla strada e dalla ferrovia sovrastante – quella ferrovia che, per tanti, ha costituito il punto di distacco dai propri cari e dalla città – e vuole essere un richiamo concettuale a quello che il binario 21 rappresenta.
A fianco del ritratto è posto un QR code (2), per mezzo del quale è possibile leggere le storie, spesso incredibili, dei deportati, riprese dal sito http://www.pietredinciampo.eu.
La conoscenza dei fatti accaduti ha un’importanza fondamentale, e il percorso visivo che propongo conduce lo
spettatore a questo passaggio conclusivo.
I fatti che hanno portato alla deportazione ed allo sterminio sono stati incredibili e, fortunatamente, per i più
corrispondono a verità storica.
Ma c’è gente che come allora odia, nega l’accaduto, e sono sempre possibili passi indietro.

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