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Modernità – di Mauro Conti

 
 
 
 
 
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Il termine ‘modernità’ deriva dall’aggettivo ‘moderno’, con il quale si può intendere: un’epoca della storia; un tipo di società; una forma dell’esperienza estetica.

Il carattere di novità permanente proprio della modernità è stato colto anche nell’esperienza soggettiva individuale, divenendo dalla metà del 19° sec. il centro di gravità di una nuova sensibilità artistica e di una nuova estetica: “la modernità è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile”, dice C. Baudelaire in Il pittore della vita moderna(1863). La modernità si presenta così come una qualità o una forma dell’esperienza, che l’arte è chiamata a registrare, e che trova nei luoghi tipici della vita moderna, come la città, l’ambito privilegiato della sua rappresentazione. Tra la fine del 19° e l’inizio del 20° sec. i fenomeni artistici da tale esperienza suscitati verranno indicati come arte d’avanguardia. Da allora è anche attiva una tendenza a vedere nella modernità estetica il luogo privilegiato per una comprensione della modernità in generale.

Enciclopedia Treccani.

E se vedessi immagini “moderne” ma “antiche” il concetto vale lo stesso?

O dipende dal modo di vedere…

Mauro Conti

Modernità

 di Mauro Conti

 

 

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8 commenti

  1. “Modernità”, di Mauro Conti, è un’opera animata da un’idea concettuale perché le immagini non sono giustificate da una scelta visiva ma da un concetto.
    La realtà soggetto delle immagini è la Milano nascente nella zona di Porta Garibaldi, un quartiere che impone una discontinuità architettonica nella metropoli e per questo è il simbolo della modernità contemporanea.
    La provocazione dell’autore è quella di rappresentare i paesaggi urbani di questa mordente modernità con una camera stenopeica, ossia con una tecnica primordiale e in più stampata con la tecnica antica alla gomma bicromatata.
    Nell’immagine pertanto si trovano a convivere degli estremi: la tecnica antica che rappresenta la modernità.
    Ci sono tutti gli elementi per sentire sul piano concettuale la formulazione di un ossimoro, dovuta alla compresenza dei contrari nella stessa immagine.
    L’ossimoro è una figura retorica di grande energia; in queste immagini lo si sente solo mettendo in moto la mente come avviene per ogni opera concettuale.
    Per l’autore, particolarmente attratto dalla fotografia concettuale, questo è già il risultato desiderato.
    Le immagini se viste fuori da questo percorso mentale hanno comunque la capacità di formulare un messaggio estetico che col materico monocromo e l’alto contrasto tende ad attenuare il realismo e a rappresentare il rapporto difficile tra l’uomo e questi nonluoghi.
    Complimenti a Mauro Conti per l’originalità, per la riflessione e per il percorso intrigante che sta conducendo sulla realtà contemporanea vissuta sulla propria pelle.

  2. Sarà per l’accento sulla a finale ma quando ho letto il titolo Modernità mi è venuto in mente il ritornello di una canzone, quelle pop di una volta. All’inizio avevo un’idea confusa di quale pezzo si trattasse, ho pensato a Felicità di Romina e Albano, ma non poteva essere quella, troppo popolare, poi pensa e ripensa finalmente l’illuminazione: era sicuramente Eternità!
    Eternità,
    spalanca le tue braccia,
    io sono qua….
    di Bigazzi – Cavallaro, cantata dai Camaleonti e Ornella Vanoni nel 1970, veramente un’eternità di tempo fa.
    Modernità e Eternità sono sinonimi di qualità anche nella fotografia? Fare foto con il foro stenopeico dona quell’alone d’eterno, riprendere soggetti post moderni, luoghi non luoghi, periferici e allo stesso momento al centro, ci rende consapevolmente appagati. Come quando cantavamo facendo la doccia… Eternità spalanca le tue braccia io sono qua…
    Gran bel lavoro concettuale, complimenti.

  3. Esiste nella rappresentazione concettuale una difficoltà di fondo che è data dal bisogno, sentito dall’osservatore, di ricevere conforto dalle parole.
    In questo caso, forse anche per merito della scelta tecnica, le sensazioni che derivano dal guardare le immagini sono già prodighe di elementi tali da arrivare al concetto.
    Di luoghi non luoghi e di modernità spacciate per modernismi abbiamo riempito il nostro paese, purtroppo vittima della volontà diffusa di voler lasciare un segno, indelebile.
    Al di là del concetto cercato e espresso dall’autore nella sua introduzione, questo genere di opera obbliga al pensiero e alla visione critica, lasciando sempre e comunque, un buon insegnamento.
    Isabella Tholozan

  4. Evidentemente le immani difficoltà tecniche che stanno dietro a queste immagini ne avvalorano ulteriormente l’importanza. Si sfocia nella fotografia d’arte, nel contemporaneo dove ogni regola viene sovvertita e si lascia spazio all’io dell’autore.
    Apprezzo molto di più quelle in cui il particolare si percepisce meno. Rimango affascinato da questi dipinti, da queste “impressioni in blu”.

  5. Sicuramente il concetto di ossimoro evocato dal Direttore nell’analizzare il lavoro di Mauro Conti, è l’elemento che più salta agli occhi nella visione di queste fotografie.Il monocromatismo, ottenuto con un’antica tecnica e la tecnica di ripresa ci riportano indietro nel tempo e ci fa quasi dimenticare la “modernità” dei soggetti inquadrati. Ma se devo essere sincero queste immagini non mi trasmettono nessuna emozione particolare, se non ammirazione per la padronanza tecnica dell’autore. Complimenti comunque per la coraggiosa sperimentazione.

    1. La sincerità è obbligo!!
      Grazie Massimo
      Grazie anche a chi ha voluto “lasciare” il proprio pensiero. Sempre utile per un confronto personale.
      Mauro

  6. L’interrogativo è interessante e fa riflettere. Basta vedere il ritratto di Alfred Stieglitz – Georgia O’Keeffe, 1918 immagine modernissima senza tempo. Tanto da essere ancora un ritratto attualissimo. La fotografia ci pone davanti interrogativi sempre spiazzanti che ognuno di noi elabora. La Modernità di Mauro Conti è paragonabile ad una natura morta di Morandi tratto moderno che rappresenta oggetti antichi. Allo stesso modo le nuove periferie di Milano immortalate con la tecnica stenopeica ripetono l’ossimoro citato dal nostro direttore.

  7. Non voglio soffermarmi sul titolo dato dall’autore, ma sull’intento fotografico.
    Indagare un contesto significa farne una nuova lettura.
    L’autore indaga l’ambiente urbano e di periferia ,spazio -luogo e territorio e decide di farlo con un’ antica tecnica di ripresa come il Foro Stenopeico . Esperti dicono che parlare di tecnica fotografica è riduttivo ,perché la fotografia stenopeica è una vera e propria filosofia di ripresa .
    Le immagini diventano un atto creativo e senza la figura umana e di colori invadenti rimandano un senso di irrealtà e astrazione .
    Penso che l’intento dell’autore con l’utilizzo di questa tecnica sia il recupero di uno sguardo lento e indurre un pensiero riflessivo sulla realtà circostante.
    Gabriele Basilico diceva “la lentezza di uno sguardo “.
    Il colore azzurro ricorda l’ antica “cianotipia”( un antico metodo di stampa fotografica caratterizzata dal tipico colore Blu di Prussia) inoltre conferisce all’immagine una atmosfera sospesa e senza tempo .complimenti all’autore.

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