Critica fotografica- Opere

PIETRO DEL BIANCO_ La creatività in fotografia _ n.1 – a cura di Giancarla Lorenzini

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PIETRO DEL BIANCO

Andare oltre la realtà visibile alla ricerca di nuovi mondi nascosti.E’ questo quello che fa Pietro Del Bianco, fotografo marchigiano che come un alchimista crea dalle cose semplici un mondo del tutto personale, in cui le scene si esplicano in dimensioni metafisiche cariche di simboli e significati nascosti. Lo scatto è solo l’atto conclusivo di lavoro meditato, minuzioso e paziente, che dura a volte diversi mesi.
Il processo creativo si sviluppa in lui spontaneamente, senza barriere; la mente si svincola da ogni preconcetto e viaggia senza freni, libera di immaginare e di inventare. Pietro Del Bianco si diploma all’ Istituto D’Arte di Macerata negli anni ’60, dopodiché frequenta gli studi di scultori, pittori ed artisti dell’Avanguardia Artistica e si dedica alla realizzazione di opere in bronzo. Ma dagli anni ’80 la fotografia diventa il suo mezzo espressivo privilegiato, sicuramente pregno di tutto il suo bagaglio artistico precedentemente acquisito. Il saggio di Kandinsky “Punto, Linea, Superficie” rappresenta ancora la linea ispiratrice delle sue creazioni. Gran parte delle sue opere sono dedicate alle immagini di still life che realizza con perizia e meticolosità, creando personalmente vere e proprie scenografie popolate di oggetti reinventati. Così gli ortaggi diventano sculture o si frazionano in particelle geometriche che vanno a formare   visioni giocose e sorprendenti.

 

 
Per “Classe seconda B” l’idea nasce sfogliando il quaderno di matematica di sua nipote Gloria, che frequentava appunto la Classe seconda B (elementare). L’insiemistica è la prima attività didattica che un alunno deve affrontare per acquisire un’educazione logica: Osservare, Descrivere, Confrontare, il tutto rappresentato con il disegno. Attraverso l’impiego di semi di fiori, di zucca, lenticchie rosse ed altri elementi su sfondi pittorici, Del Bianco da vita ad opere astratte originalissime, fuori “dal coro” fotografico tradizionale.

 
La Bibbia, e più precisamente il Libro del Profeta Amos, nell’Antico Testamento, è fonte di ispirazione per realizzare “Un Filo a Piombo”. Nel Libro è scritto: …Dio, dopo aver risparmiato Israele prima dalle locuste e poi dal fuoco grazie all’intercessione del profeta Amos, per mezzo di questo stesso profeta annuncia che ha intenzione di mettere un piombino (filo a piombo) in mezzo al popolo d’Israele…Il signore disse ad Amos: «Amos, che cosa vedi?»  ed Amos rispose: «Un filo a piombo »…… Pietro Del Bianco ha indagato questa frase traducendola in immagini geometriche ed astratte, in cui il filo a piombo è l’elemento connotativo che lega tutta la serie.
 
 
Immagini particolari che incuriosiscono ed emozionano, ma che probabilmente non arrivano alla sensibilità di tutti coloro che le osservano; probabilmente saranno lette solo da coloro che sono sulla lunghezza d’onda dell’autore. Già nel ‘900, ma soprattutto nella ricerca artistica degli anni ’60 – ’70, la fotografia è stata usata come componente espressiva dell’opera. C’è ancora un acceso dibattito tra puristi e creativi sull’uso del mezzo fotografico; ormai penso si debba parlare solo di strumento per comunicare, abbattere ogni confine tra le varie espressioni artistiche … del resto queste sono effettivamente fotografie perchè  ritraggono oggetti reali e non sono frutto di elaborazioni grafiche, quindi realmente fotografie, a pieno titolo!
Giancarla Lorenzini
Tutor Fotografico FIAF
 
Note biografiche:
Pietro Del Bianco è nato a Montegiorgio, in provincia di Fermo, nelle Marche. Dopo aver conseguito negli anni ’60 il diploma all’ Istituto D’Arte di Macerata  inizia a frequentare gli studi di scultori, pittori ed artisti, attivi nel panorama dell’Avanguardia Artistica. Il “punto focale” della sua formazione artistica è rappresentato dal saggio di Kandinsky “Punto, Linea, Superficie”, studiato nel periodo scolastico, che ancora oggi costituisce la linea ispiratrice delle sue opere. Si avvicina alla Fotografia nei primi anni ’80, grazie ai consigli dell’amico e collega Paolo. Lavora per una società di ingegneria e parallelamente continua a praticare quanto appreso dagli studi artistici, realizzando in particolare opere in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa. Arrivato al termine del percorso lavorativo amplifica la passione per la fotografia con il suo impegno nella ricerca di nuovi temi. Nel corso degli anni ha tenuto numerose esposizioni personali e collettive che lo hanno fatto conoscere ed apprezzare fuori dei confini locali. Fa parte del Circolo fotografico “Gruppo F/7” di Senigallia (AN)
 
 

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8 commenti

  1. (Non lo faccio mai ma questa volta provo a scrivere il mio commento d’impulso, senza neanche aver letto completamente il testo che l’accompagna. Questa modalità mi è necessaria per non lasciarmi influenzare dalle notizie che vi troverei e che potrebbero deviare la prima impressione che ho avuto e che invece vorrei riportare intatta).
    Diciamo allora che questo lavoro mi spinge fortemente su quel confine che sta tra fotografia e performance artistica: è molto comune oggi, esplorando ad esempio la rete in cerca di nuovi fotografi, imbattersi in personalità che della fotografia fanno la strada di passaggio per ottenere un risultato artistico, un manufatto o un’installazione. Questo accade forse meno in Italia ma di certo è abbastanza frequente nel mondo anglo-americano o nordeuropeo. Spesso si tratta di vere e proprie installazioni, come dicevo, opere pensate in abbinamento alla fotografia, considerando quest’ultima non tanto il medium ma, quasi, la materia che serve per realizzare il manufatto artistico stesso. Se si volesse invece tracciare un percorso che ci porti oltre l’intepretazione dell’opera per andare a scoprire il linguaggio con cui essa ci si presenta, potremmo pensare ad una forma estrema di staged photography nella quale, invece della “classica” natura morta o foto industriale e/o di moda, ad esempio, si realizza al contrario una visione che sta tra astrattismo e design, dove evidentemente “punto, linee e superfici” (questo riferimento l’avevo colto) ci servono come mappe per muovere il nostro pensiero. E qualche reminiscenza di altri ambiti.

  2. Il maestro Pietro Del Bianco è un artista delicato e potente al contempo, generoso nel consegnare informazioni tecniche e artistiche a chi incontra le sue opere. È un vero creativo di ambiti ed emozioni come pochi in questo momento.

  3. Spesso (e mi metto anche io in prima fila) siamo come stregati dall’estetismo, dalla leggerezza frivola, dall’apparenza senza sostanza e dimentichiamo l’importanza dei contenuti, dei messaggi, dei segni. Io credo che sia giusto seguire entrambe le strade…
    Alla base di ogni foto c’è sempre un “Tema” prefissato, poi segue la “Tecnica”, la “Composizione”, la “Creatività” e la “Forza del soggetto” . Fondamentalmente questo lavoro da libero sfogo alle grandi risorse culturali possedute dal’autore. Quando si hanno queste potenzialità, occorre dare loro opportunità di esprimersi.
    L’autore con l’uso sapiente della fotocamera e (credo di intuire) la bravura della conoscenza della Post Produzione, ha realizzato foto di grande comunicazione. Dunque trattasi di foto concettuale, prima pensate e poi realizzate quindi è da apprezzare: il “Come” ha estetizzato il concetto e creato le foto; “Cosa” ha fotografato e il “Perché”. Ha fatto un lavoro impressionante di grande creatività. Complimenti.

  4. Un intervento molto interessante che spinge al ragionamento sull’uso della fotografia ma, anche, sul linguaggio fotografico.
    Lo studio di Kandinskij si spinse oltre la percezione visiva e del colore, lasciando una testimonianza teorica fondamentale per l’artista e anche per il fotografo perché aldilà del visibile c’è l’invisibile che è sempre e solo proprietà dell’autore.
    In queste opere la preparazione artistica dell’autore è tangibile e assolutamente godibile perché i richiami non sono mai azzardati e astrusi ma riprendono intuizioni antiche (mi viene ad esempio in mente l’arte rupestre ma anche l’arte primitiva e africana).
    Complimenti all’autore e a Giancarla che ci ha aiutato nella scoperta.

  5. Ho avuto il piacere di Conoscere Pietro Del Bianco ad Ostra, circondato dalle sue opere. Abbiamo parlato della sua arte ma anche dei suoi luoghi natii, che sono anche i miei luoghi. Quello che adoro, in lui, è questa visione della fotografia finalmente emancipata dalla necessità del racconto, inteso in senso giornalistico. Il suo è uno sguardo “verso l’alto”, che non si concentra sulle miserie umane ma che ci indica qualcosa di più nobile. “Non entri qui chi non è geometra” era l’ammonimento che accoglieva gli studenti dell’Accademia di Atene. Perché la ricerca del vero può passare anche dal numero e della forma. Ed è certamente questo l’intento dell’artista. Ed è certamente questo ciò che egli ci suggerisce.

  6. Complimenti alla creatività e fantasia dimostrata dall’autore che riesce a creare un opera così gradevole, armonica e piacevole da vedere, che va oltre alla fotografia diventando arte.

  7. Questi commenti mi riempiono l’anima di gioia e vi ringrazio infinitamente. li terrò presenti nel mio piccolo e semplice percorso artistico. Grazie

  8. Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Pietro Del Bianco. In accordo con quanto scriveva Susan Sontag, ritengo che la forza della sua fotografia sia nell’evocare la bellezza e la verità, attraverso il particolare umile ed apparentemente banale.
    Bravo Pietro.

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