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Te lo dico sui muri – di Giancarla Lorenzini

“TE LO DICO SUI MURI”

di Giancarla Lorenzini

Ho iniziato ad interessarmi alle scritte sui muri e a fotografarle nel 2008.

Quanti messaggi sui muri delle nostre città! Un modo estremo di comunicare!.

Mi sono chiesta con insistenza perché i giovani sentono questa esigenza, e perché proprio in questo modo, così visibile a tutti.

Giovani forse sempre più insicuri e incapaci di dichiararsi che gridano in silenzio il loro sentimento? o forse solo il bisogno di divinizzare un loro rapporto speciale?. Il muro, un interlocutore passivo come il telefonino, il computer?…. “Te lo dico al telefono”… te lo dico all’orecchio…te lo scrivo sulla carta o… ti scrivo sui muri… te lo grido sui muri … TE LO DICO SUI MURI”… ecco come è nato il titolo! “

“Te lo grido” mi sembrava eccessivo, perché molte scritte si dissolvono in un sussurro silenzioso.

Città imbrattate,vero, talvolta senza buon gusto, ma i sentimenti, le emozioni, le angosce, i desideri, i sogni i ricordi…vengono in luce! Non più quartieri anonimi, grigi, sopiti, spogliati di idee, ma vivi, pulsanti della stessa vita di chi li abita.












 

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15 commenti

  1. Con l’opera “Te lo dico sui muri” Giancarla Lorenzini ha scritto il suo messaggio unendo, con la trasparenza, due scatti semanticamente complementari: mostrando i giovani ci dice chi scrive sui muri, con le scritte ci dice cosa essi pensano. Poteva ottenere un risultato analogo operando con il dittico, ma in questo contesto tematico la doppia esposizione, anche se realizzata in post produzione, costruisce un significante molto “live”, efficace nel comunicare più l’emozione del reportage che la fredda riflessione di una ricerca concettuale. L’emozionalità è un elemento connaturale sia all’età dei writers che al gesto dello scrivere sui muri, il fatto d’averla valorizzata sollecita energicamente i sensi del lettore e in tal modo potenzia la capacità di comunicazione dell’opera.

  2. Graffiti a tutti gli effetti, pennarello o meno. Qui non è filologia. Le fisime le lasciamo ai socioantrpodeché che scorazzano, ammorbando, dai talkshow. Le scritte, per chi pratica questo genere fotografico di reperti in sorta di landscape archeology come chi scrive e da decenni, assomigliano agli ultimi gridi. Come se neanche più il famoso messaggio in bottiglia mette nell’ipotesi di un qualche “ricordati di me” che pure sono passato, c’ero. Estrema ratio all’oblio. Si certo il memento può essere d’altra forma, letteraria, scultorea fotografica naturalmente. Si certo è deturpante per gli immobili che le ospitano, le scritte, pur non di meno in una scala (di valori) sarebbe non in zona podio? Con tanto di decolté accattivante in giro, e fondo schiena wide screen i puritani impomatati facciano a meno di zufolare.
    Immagini, qui, certo acerbe senza una strutturazione che non sia il “troemp d’oeil” di primo minuto che è però funzionale al Sistema di valori al cambio corrente. Naturalmente il consiglio e di insistere, imparando a togliere il colore, a fermarsi un attimino prima dello scatto o viceversa a scattare da diversi punti/angolazione semmai con la luce radente che rende la materialità della scena per quella che dev’essere. A immaginare, lo scatto, all’essenziale linguaggio del bianconero. Una citazione utile a proposito: “Non appena, aprendo la finestra, mi accorgo che i tetti sono imbiancati dalla neve, mi viene una gran voglia di fotografie in bianco e nero. Di fare questo ritorno alle origini, di ricominciare a pensare in un mondo essenziale alle forme, isolandole dal tutto il resto eliminando il chiaro oscuro, i grigi, le cose incerte. Deve essere, forse, un tornare al disegno con la china per un pittore”. Così di un fotografo passato a miglior gloria, Aldo La Capra.

    1. brava giancarla!nei tuoi scatti ci sono i colori delle emozioni e dei sentimenti che abitano il cuore degli uomini.Interessante il tema raccontato dalle photo e le motivazioni che ti hanno suggerito la scelta del titolo.

  3. Un lavoro, questo proposto da Giancarla Lorenzini, che nella apparente semplicità lascia e lancia un messaggio importante.
    I ragazzi di oggi hanno spesso comportamenti che sentiamo eccessivi, che non sempre condividiamo, ma che certamente sono il frutto di un’esigenza interiore che cerca di esprimersi.
    E le scritte sui muri son certo un modo per farlo.
    L’autrice ce ne propone una scelta ben studiata, incisiva nell’abbinamento “atteggiamento” “scritta” che ci porta a considerazioni varie e ci richiama alla riflessione.
    Sento giusta anche la scelta del colore, questi messi in atto sono momenti di vita attuale e la vita i ragazzi la sentono e vivono a colori.
    Grazie per la condivisione.
    Orietta Bay

  4. Giancarla, volevo farti i miei complimenti per questo bellissimo lavoro fotografico, che descrive senza tanti mezzi termini il bisogno di comunicazione dei nostri adolescenti,troppo spesso nascosti dietro pc e telefonini,inascoltati da adulti troppo presi ed impegnati dalla fredda frenesia di tutti i giorni.
    Grazie per non aver giudicato un muro imbrattato inultimente ma di aver saputo leggere oltre.
    Pamela Padella

  5. Desta certa apprensione le levate di scudi riguardo la vita a “colori”.
    Avverto questo quando mi trovo a parlare di fotografia e dall’onnipresente Facebook. Un timor panico sospetto. Sino a non molti anni fa la Lingua, e per antonomasia della fotografia, è stato il bianco&nero. Bianconero le pellicole del cinema italiano (e non solo) bianconero i fumetti, bianconero la televisione, il bianconero dei maestri di musica e di certo teatro. Bianconero dei quotidiani. Andrebbe ben vista la cosa oltre che in ambito di percezione, dal punto puramente quantistico psicologico.
    Certo da quando si è scoperto che la fotografia, da muro, tira, vuoi mettere un bel bianconero? Al riguardo bisogna ascoltare quel che dice un “Mammasantissima” della fotografia al secolo Gianni Berengo Gardin, non meno, forse, l’ultimo Giovanni Gastel (di certo quello in Polaroid). Due esempi ma ben calzanti. Perché ostracismo?

  6. Premetto che i messaggi scritti sui muri mi urtano e non mi hanno comunicato mai nulla di interessante, soprattutto quelli personali. Però Giancarla devo dire che le tue immagini mi hanno colpito moltissimo e penso che d’ora in poi, quando ne vedrò uno, penserò alle tue foto e diventerò più tollerante.

  7. Quello della Lorenzini è un ritratto genuino di un luogo di pubblico dibattito, di scambio di opinioni, di un dialogo giovanile onnicomprensivo; è una fotografia spontanea senza priorità estetiche, concentrata su precise, ma sempre piacevoli, inquadrature documentarie; una onesta ricerca ben lontana dai modelli più complessi e sofisticati che la storia della fotografia ci propone.
    Storicamente ha alle spalle: un mitico reportage, Graffiti, sui segni dei muri parigini di un certo Gyula Halasz detto Brassaï, uno dei grandi poeti-fotografi che hanno interpretato Parigi; un originale lavoro di sapore sociologico sulle scritte negli orinatoi condotto da Franco Vaccari, imponente figura nel panorama della cultura fotografica italiana; una serie di Nino Migliori, “Muri”, una contenuta cartella iniziale di cinque fotografie tirata in 75 esemplari tramutatasi poi in un “impegno” ultraventennale!
    Dice Migliori in Messa a fuoco di C. A. Quintavalle (Ed. Feltrinelli 1983)
    “Facevo i muri perché mi interessava l’uomo…L’uomo davanti ai muri si disinibisce, sia che adoperi una moneta, una chiave per graffiare o un pezzo di gesso o una bomboletta spray, libera il suo inconscio, la sua gestualità ed è se stesso…soprattutto i muri dove vi sono interventi successivi di decine di persone hanno un fascino particolare perché hanno documentato il passaggio del mondo.” Il suo lavoro fotografico nel corso degli anni subisce una metamorfosi formale, proprio come gli stessi muri, per approdare all’informale:
    “Ecco perché la ricerca sul muro, la macchia l’informe, le muffe, l’umidità, le tracce.”
    Niente di tutto questo nei prelievi fotografici della recanatese Carla Lorenzini: la forma del reale è restituita così come appare nella sua verità. Eventualmente, se proprio vogliamo trovare dei riferimenti storici, le fotografie della B. B. recanatese, la bella e brava Carla, ci rimandano a certi selezionati décollage degli anni Sessanta del Novecento di Mimmo Rotella, in quelli dove figure e scritte si compenetrano, si sovrappongono, si annullano per restituirci nuove significative immagini.
    Marvin – Vincenzo Marzocchini

  8. Le scritte sui muri sono una forma di comunicazione molto antica; molti di noi hanno avuto la possibilità di fotografare anche quelle della fioritura delle lenticchie di Castellucio negli anni passati.
    Le scritte dei nostri giovani rientrano tra i nuovi canali di di comunicazione espressiva, composti da nuove terminologie a volte incomprensibili.
    Le belle opere di Giancarla Lorenzini, cogliendo molto bene la nuova dinamica linguistica giovanile rafforzata dai volti, hanno saputo fondere i due aspetti che emergono con forza, quello ludico e quello del disagio.
    Antonio Baleani

  9. Mi sento di esprimermi controcorrente sul lavoro di Giancarla Lorenzini: i commenti positivi sono stati moltissimi anche se non riesco a cogliere il motivo di tanto interesse su questa serie di immagini. Mi perdonerai Giancarla, ma abbiamo già visto molti lavori sui graffiti e sui messaggi murali, per cui mi sarei aspettato qualcosa di più …La sovrapposizione delle scritte alle immagini dei ragazzi mi pare un po’ pretestuosa e da sola non basta a rendere stimolante il messaggio. Naturalmente opinione del tutto personale. Scusa la franchezza, ma non sono abituato a girare intorno agli argomenti, mi piacerebbe vedere qualcosa di più coraggioso da parte tua, perchè sono sicuro che ne hai la capacità.

  10. Graffiti, edulcorati, infine, e di questa portata coglie bene l’immagine: armi di distrazione di massa.
    Capirei benissimamente bene che a dire caramellose ovvietà, chessò un politico (possibilmente incensurato) di prossima leva parlamentare, mellifluo che esalti la “giovinezza” gacché gli interessa il calcolo: una mamma, un papà, un fratello e/o sorella, uno zio/zia…tot voti mica male.
    Qui prosaicamente si dovrebbe parlare del linguaggio della fotografia, anche con asperità di linguaggio (sia il vostro parlare si si no il di più viene dal Maligno, Mat. 5.37) avendo limite l’art.595 cp.
    E qualche altro ben dice. Caramelle non ne voglio più cantava Mina.

  11. Grazie Giancarla per aver valorizzato i messaggi scritti sui muri. Ho sempre pensato che chi li scrivesse, volesse gridar forte, farsi sentire ….. e invece con l’accoppiamento delle tue foto ho ri-letto queste scritte e le ho trovate intense,ma non urlate. Mostrano la determinazione del messaggio che è si, rivolto ad una persona specifica, ma vuol essere condiviso con il mondo intero dei passanti sconosciuti. Lo sai, mi hai fatto venir voglia di scrivere sui muri! magari una frase come: la vita è bella: vivila intensamente! sarebbe interessante poi fotografare le espressioni dei passanti che si fermano a leggere per fermare l’immagine emotiva….
    Un ottimo lavoro! è stato illuminante il tuo modo di porre attenzione a cose che fino ad oggi avevo considerato di poco valore: leggerci dietro l’espressione dei giovani è una genialità!
    Maria Lampa

  12. Grazie a tutti per il vostro preziosissimo contributo. Devo confessare che anni fa anche a me infastidivano moltissimo i muri imbrattati, ma visto che questo fenomeno era sempre più dilagante ho incominciato ad interrogarmi perchè i giovani sfidassero così le autorità, rischiando anche di essere “acciuffati”. Ho incominciato ad osservare quei messaggi e a guardarli con occhi nuovi, da un altro punto di vista e con un’ottica diversa come si fa in fotografia.
    Scrivere sui muri è ritenuto uno dei tre principali canali di comunicazione per gli adolescenti di oggi. Sono stati fatti molti studi in materia anche per il fatto che i messaggi rivelano un cambiamento nell’organizzazione del linguaggio, nella sua qualità e nel suo modo di ‘cogliere’ le cose, intrisi di sigle, simboli e termini anglosassoni; un modo di esprimere e di esprimersi trasgredendo gli adulti “incasellati”.Il muro rappresenta un supporto resistente, duraturo quindi anche la scritta diventa persistente nel tempo, indelebile. Scrivere sui muri è una richiesta di attenzione per affermare la propria personalità e i propri ideali. Parlando anche con molti ragazzi mi si è rivelato così un mondo giovanile che francamente mi mette un po’ di tristezza: i nostri figli sono molto delusi del mondo che consegniamo loro, fatto di agi, è vero, ma anche di tanta solitudine, di spersonalizzazione, di non senso, un mondo pieno di contraddizioni. Una realtà che determina in loro un grande vuoto, che molti colmano con l’alcool e la droga…questo ci deve far molto pensare…

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