Saggistica

LA COSCIENZA DEL PAESAGGIO – di Andrea Biondo

Saggistica

Fotografia di ©LAURO GORINI

Il paesaggio è ciò che è percepito dalla comunità, come un insieme di elementi naturali o antropizzati che ci appaiono o che affiorano anche da retaggi culturali, che si offrono alle popolazioni che insieme condividono ed interiorizzano tali elementi, fino a riconoscerli quali unità d’insieme.

Secondo la “Convenzione europea del paesaggio”, resa pubblica a Firenze il 20 ottobre 2000 il Paesaggio”: designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.  Il paesaggio è qui inteso come una parte omogenea di territorio i cui caratteri derivano dalla natura, dalla storia umana o dalle reciproche interrelazioni.

E ancora, secondo il vocabolario Treccani un Paesaggio si definisce come:

  1. l’aspetto con cui si presenta una parte di territorio che si abbraccia con lo sguardo da un determinato punto 2. Si dice anche in riferimento a un luogo caratteristico per le sue bellezze naturali, o a una località di particolare interesse storico e artistico, e anche, più in generale, in riferimento all’insieme dei beni naturali che sono parte fondamentale dell’ambiente e che vanno difesi e conservati.
  2. Ma anche un quadro, un disegno o una fotografia che ha per soggetto appunto un paesaggio.
Joseph Nicéphore Niépce, la prima fotografia della storia

La fotografia di paesaggio nasce nel 1826 con Joseph Nicéphore Niépce, in Francia. La prima fotografia che l’uomo conosca è una fotografia di paesaggio, in particolare del paesaggio urbano che si mostrava alla finestra dello studio di Niépce – una vista sui tetti a Le Gras, in Borgogna. Per realizzarla fu utilizzata un’esposizione che richiese otto ore e fu inventato un processo foto-chimico (che caratterizzerà lo sviluppo fotografico in analogico), ottenuta cospargendo una lastra di stagno con bitume di Giudea ed esponendola alla luce del sole dalla finestra del suo studio.

Boulevard du Temple, Parigi, Francia, 1839 © Louis Daguerre

Più di un decennio dopo Louis-Jacques-Mandé Daguerre ed il figlio di Niépce riuscirà a mettere a punto la tecnica che prenderà il suo nome, la dagherrotipia. Una volta che l’invenzione fu resa di pubblico dominio ottenne un notevole e rapido successo nella società francese (ma anche oltre i confini), permettendo di riprodurre molto fedelmente l’ambiente circostante. In una prima fase di utilizzo della tecnica furono predominanti i paesaggi e le nature morte, principalmente a causa dei lunghi tempi di esposizione necessari; con l’affinarsi del procedimento crebbero i ritratti.

Con l’approssimare e lo sviluppo del XX secolo, la fotografia di paesaggio ha trovato un grande progresso nei fotografi americani che avevano a disposizione un paesaggio vasto e vario dove sperimentare la fotografia e dove trova un ruolo fondamentale il mito della frontiera da valicare e di nuovi territori da scoprire.

“Forse il più famoso di tutti i fotografi di paesaggi è il leggendario Ansel Adams, un ambientalista devoto il cui amore per il mondo naturale aveva lo scopo di incoraggiare le persone a rispettare e prendersi cura del proprio pianeta. Le sue crude immagini in bianco e nero di fiumi e canyon hanno stabilito i precedenti per i fotografi di paesaggi da allora in poi. Tuttavia, la legittimità della fotografia di paesaggio come arte è sempre stata definita accanto al suo rapporto con la pittura. Come risultato della sua esistenza messa in discussione nel contesto delle belle arti, anche la sua traiettoria è stata influenzata”. Edward Clay, 25 settembre 2020

I Teton e il fiume Snake, Parco nazionale del Grand Teton, Wyoming 1942 © Ansel Adams

La pittura e la fotografia per certi versi sono stati in opposizione. In particolare con la nascita della fotografia il mondo si è diviso difronte a questa tecnica che utilizzava un “medium”, la macchina fotografia, per raggiungere l’opera finale. Per altri versi la pittura si è avvalsa della fotografia per portare l’immagine dentro casa senza rincorrerla continuamento in loco. E ancora la fotografia ai suoi inizi ha trovato grande ispirazione nei dipinti diventando una sorta di fotografia pittorialista.

La tecnica fotografica del paesaggio ha sviluppano lungo quasi due secoli le sue regole, ed è arrivata ad oggi con le linee orizzontali all’orizzonte, la prospettiva e lo sfondo, oppure la sua rigidità per un approccio più architettonico. Ma come per ogni tecnica, l’interpretazione soggettiva del fotografo può portare ad eludere ogni forma di regole per restituire un sentimento, un vissuto che si esprime con forme e colori inaspettati.

Fotografare un paesaggio significa rappresentare i suoi elementi naturali e culturali, l’essenza che si racchiude in uno sguardo ampio e profondo. Per un fotografo significa andare oltre la visione che gli viene offerta tra scorci di montagne o architetture.

Fotografare un paesaggio significa ancora, immergersi per certi versi all’interno della stessa comunità o popolazione che vive quei luoghi e quei territori, coloro che riconoscono gli elementi che li caratterizzano e che danno vita al paesaggio prima interiore e poi esteriore. Coloro che hanno anche la forza di mutarlo (quando il paesaggio diventa antropizzato) e che molto spesso sono i principali artefici della forma del territorio.

Fotografia di © ANDREA BIONDO

Il territorio e paesaggio tendenzialmente non cambia in modo repentino (salvo un disastro o catastrofe naturale), ma muta lentamente durante la storia e prende la forma di coloro che lo condividono e lo vivono allo stesso tempo. Come per la storia, anche il paesaggio è fatto della sommatoria di piccoli cambiamenti, continui e costanti, anche con repentini cambi di direzione, che in un lungo periodo di tempo si accumulano per dare una forma precisa al territorio.

Anche la natura fa il suo processo, e quando un territorio è abbandonato essa tende a riportare tutto allo stato naturale, avvolgendo di vegetazione tutto ciò che la mano dell’uomo ha modificato.

Fotografare un paesaggio diventa pertanto la riscoperta della storia che si nasconde dietro il primo sguardo che ci viene offerto. Un ritornare (…non andare) e svelare la storia che ha generato ciò che stiamo ammirando, che con meticolosa cura (o non cura) si è generata nel tempo.

Fotografia di ©ANDREA BIONDO

Dice Marc Augè “È nello spazio che l’uomo scopre e costruisce il mondo. Lo spazio immenso è quello insufficiente. Le cose della natura dimensionano lo spazio. Non esiste paesaggio senza sguardo, senza coscienza del paesaggio” e se questo vale per un osservatore che vede un luogo svelarsi davanti a sé, ancora di più lo è per un fotografo che decide di immortalarlo.

Andrea Biondo

 

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