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Nino Migliori a Palazzo Fava – di Cinzia Busi Thompson, 2° parte

NINO MIGLIORI A PALAZZO FAVA

di Cinzia Busi Thompson, Parte seconda.

 

Dal 17 gennaio al 28 aprile 2013 si è tenuta a Bologna la più ampia e articolata antologica – composta di oltre 300 opere – degli ultimi decenni dedicata al fotografo Nino Migliori.

da “ Muri “ - 1958
da “ Muri “ - 1973
 

Il passaggio ai “muri” è una naturale evoluzione nel suo percorso artistico. I visi e le architetture lasciano lo spazio alle parole e i muri sono i luoghi dove si scrivono storie, dove si concentrano i pensieri, dove avviene il cambiamento sociale. Brassaï qualche decennio prima aveva intuito importanza di questo “supporto”.

Migliori stesso afferma che: “La foto, che resta la forma più semplice di espressione, non va accostata all’arte, ma alla letteratura. A una parola scritta piuttosto che a un quadro”.

In questa logica rientrano i lavori “Herbarium” (1974), “Natura Morta” (1977), “Frutta e Verdura” (2006) e “Il tempo rallentato-in vitro” (2009) che pur presentandosi in forma estetizzante, raccontano, attraverso la Natura (tema molto caro a Migliori che mette Lucrezio tra i suoi “artisti” di riferimento) il trascorrere del tempo e i risvolti sociali, e non, che questo implica.

Come abbiamo avuto modo di dire in precedenza, la fotografia “sperimentale” corre parallelamente a quella “realista”. Non deve quindi stupirci se le Ossidazioni coprono un arco temporale che va dal 1948 al 2010.

da “ Antimemoria “- 1968
da “ Herbarium “- 1974
da "Make love not war" - 1973

Anche i Pirogrammi – dove è la pellicola a essere bruciata con diverse fonti di calore a differente intensità – sono riproposti con materiali sempre nuovi.

Sarebbe troppo semplicistico collegarli all’Informale solo perché Migliori era un frequentatore di Vedova, Tancredi e altri artisti e non che operavano in quell’ambito.

Il punto focale è la sua sperimentazione sul segno. Dice Migliori: “Con la fotografia si può fare di tutto” e aggiunge “Tutto quello che producevo in camera oscura per me era fotografia”.

Oltre ai Pirogrammi e alle Ossidazioni sono “prodotti” anche gli Idrogrammi, i cliché-verre (con uno sguardo a Corot), gli Stenopeogrammi e i Fotogrammi. A proposito di questi ultimi, racconta Migliori che “Negli anni ’40, non sapevo chi fosse Man Ray. Rimasi malissimo, quando vidi quello che aveva fatto, ma dieci anni prima di me …”.

Quest’affermazione rafforza l’idea di una poetica coerente e articolata che abbiamo discusso in precedenza; in altre parole, quando la volontà, il desiderio di creare sono ben strutturati, possono facilmente crearsi delle convergenze sui modi per raggiungere lo scopo.

Occorre ora affrontare uno dei mezzi più utilizzati da Migliori nel suo lungo cammino artistico e cioè la Polaroid.

Ancora una volta riprendiamo le sue parole: “È un mezzo estremamente prezioso. Grazie alla Polaroid ho immortalato il paesaggio bolognese giungendo a una sua singolare rilettura, ho reso omaggio alla bottega dei Carracci giocando sui cromatismi dei macelli; ho seguito la degenerazione di una foglia creando una sorta di estetica della morte” e ancora “incidendo con chiodi, forchette, punte di biro le stampe immediate di quella macchina ottengo linee che poi modifico ulteriormente. Esasperando cromatismi e concentrazioni di linee, paesaggi naturali e altri soggetti diventano un sogno”.

Trascrivo questi stralci tratti da varie interviste perché ritengo che per capire la complessità di alcuni lavori sia molto più utile ascoltare le parole dell’autore.

Occorre premettere che nella Polaroid i toni, i colori e spesso la prospettiva sono già definiti, in altre parole, il supporto incorpora l’immagine finale.

Migliori lavora con materiali Polaroid dal 1976 e da allora le tecniche che adotterà per “addomesticare” questo materiale saranno molteplici. Dagli “Strappi” – le immagini che rimangono sul foglio che si separa dall’immagine e che normalmente è gettato – che si collegano a un’esperienza Dadaista, passando per i “Polapressures” – tecnica di intervento manuale e gestuale che modifica la “stabilità” dell’immagine data – che rileggono parte dell’opera di Giorgio Morandi, fino all’installazione “Cruor – Elegia della carne” (2011) attraverso la quale rende omaggio a “La bottega del macellaio” di Annibale Carracci.

da “ Paesaggi immaginati “ I luoghi di Morandi - 1985
da “ Cinquantapersessanta “ InsideOutside - 1991

L’idea centrale di tutti i suoi lavori “sperimentali” è quindi quella di modificare i codici della rappresentazione della realtà come nei Pirogrammi, Fotogrammi, ecc. per giungere alla sua interpretazione della realtà.

E qui facciamo un passo indietro per ricordare che anche per la sua serie “realista” egli afferma che non si tratta di foto di reportage, quindi mai di mera rappresentazione.

Le opere esposte mostrano solo parte della sua enorme produzione in Polaroid.

In “Edenflowers” (1984-2005) e “Nonsense” (2011) Migliori lavora sulla natura e qui (ma non solo qui) il tempo assume un’importanza cruciale: tutto ha una durata ma i sistemi di riferimento temporali sono sempre relativi. Intervenendo manualmente sulla Polaroid egli fa circuitare il tempo “naturale” con quello “culturale” impiegato per manipolare le immagini, creandone uno “artificiale” che si colloca al di fuori di ogni possibile riferimento.

Ne “Il magico giardino di Ludwig Winter” (2009) egli si spinge ancora oltre creando i Polaorid, dove l’emulsione è parzialmente staccata affinché affiori l’oro.

Nel 1991 lavora con una Polaroid 50×60 e utilizza forme diverse di plexiglass che inserisce all’interno della macchina ottenendo così dei fotogrammi-Polaroid.

Parlando di questo lavoro dice Migliori: “Mi sarebbe piaciuto entrare con il mio corpo dentro la macchina”. Quest’affermazione illustra la semplicità, e al tempo stesso, la complessità dell’autore che vuole diventare fotografia annullando i confini contingenti.

Termino citando, ancora una volta, le parole dell’autore per spiegare la complessa articolazione della sua opera, lo stimolo che lo porta a sperimentare in continuazione e che sono una grande lezione di grandezza e, al contempo, di umiltà: “Mi guardo attorno e cerco sempre qualcosa di nuovo”.

Tutti noi sappiamo che la “realtà” è in costante movimento, cambiamento e che poterla “rappresentarla”, o meglio interpretarla, non bisogna mai fermarsi, ma seguire costantemente il suo corso.

Cinzia Busi Thompson

Frutta e verdura – installazione - 2006
da “ Moebius “ Lineamentis - 2008
Cruor. Elegia della carne – 2008/2011
Orantes – installazione- 2011/2012

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2 commenti

  1. Quando il fotografo frequenta gli ambienti artistici, o addirittura gli atelier degli artisti, acquisisce un concetto d’opera, propria dell’artista, così lucido che accende in lui consapevolezza e progettualità nel realizzare i propri lavori. Ciò è accaduto a Nino Migliori come anche ad esempio a Luigi Ghirri, ed entrambi hanno contribuito a innovare il linguaggio fotografico italiano e internazionale.
    Nell’opera di Nino Migliori la libertà creativa, appresa dal modo dell’Arte, ha generato un artista eclettico che padroneggia con passione le più diverse poetiche e linguaggi espressivi.
    In particolare la sperimentazione, nel territorio dell’immagine tecnica, trova in lui un protagonista dell’astrattismo che si esprime ancora oggi con la stessa energia creativa provata da Man Ray.
    C’è solo una ragione che spiega questo amore così longevo: il continuo studio teorico dei linguaggi espressivi che Nino Migliori ha sempre condotto, con una passione straordinaria, traendone l’alimento e la giustificazione del suo fare.

  2. sono grata di questo post ,si evidenzia la creatività e la fantasia e la ricerca senza limiti del Maestro Nino Migliori.
    Si puo’ dire che ha giocato con tutte le tecniche e i linguaggi fotografici. Mi piacerebbe raccontare un episodio che mette in relazione la figura di Nino Migliori nel mio percorso fotografico. Nel 2005 (erano solo tre anni che avevo conosciuto il mondo fotoamatoriale e non conoscevo nulla, ne sapevo di Nino Migliori ) ) ho partecipato ad un concorso fot. a Parma dal tema “”Luoghi Arcani” dopo aver letto l’opuscolo che indicava con due righe come indirizzare la ricerca e cioè : Cogliere le presenze anomale, l’amoroso corteggio di animali, mostri, eroi, scovare anche quelle esistenze che hanno abitato luoghi nel passato e quelle figure fantastiche con ammiccamenti arcani di cui ogni città è piena. La mia ricerca è nata in casa con scene di finti boschi e due facce in creta che avevo foggiato io , poi le ho illuminate con una pila in vari modi affinché prendessero la piega del mistero e della inquietudine. Bhè la faccio breve ho avuto la soddisfazione del secondo premio e una segnalata e un’altra ammessa su quattro foto presentate. Ma la sorpresa piu’ grande è stata quando navigando in internet per saperne di piu’ su Nino Migliori, ho letto come aveva eseguito la sua opera commissionata dai beni culturali di Parma “Lo zooforo “…. mamma mia che soddisfazione inconsciamente avevo percorso un pochino, pochino la ricerca dell’artista

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