QUANTI PADRI HA, LA FOTOGRAFIA?, di Claudia Ioan
STORIA DI H. FLORENCE, INVENTORE ISOLATO DELLA FOTOGRAFIA IN BRASILE
Come ben sappiamo, la fotografia è il frutto di uno sforzo corale lungo millenni da parte di scienziati, studiosi e artisti di varie discipline, con un’accelerazione vertiginosa nel periodo immediatamente precedente la sua invenzione. Fu un «meraviglioso concatenamento di feconde creazioni» (L. Figuier, 1855, via I. Zannier), al culmine delle quali, grazie all’incontro dell’ottica con la chimica, nasce la fotografia: è il 10 agosto 1839, e Louis-Jacques-Mandé Daguerre ne è consacrato quale inventore ufficiale da François Arago davanti all’Accademia delle Scienze di Parigi. È l’unica verità?
La Storia della Fotografia è imprevedibile e complessa, e si modifica continuamente a mano a mano che emergono nuove informazioni: a sorpresa, negli Anni ’70 del Novecento, si scopre la meravigliosa vicenda di Hercule Florence, inventore isolato della fotografia. Nel 1833, ben sei anni prima dell’annuncio della dagherrotipia, Antoine Hercule Romuald Florence (1804 – 1879), francese naturalizzato brasiliano, completamente avulso dall’ambiente europeo e all’oscuro delle scoperte di Niépce, Daguerre, Bayard e Talbot, mette a punto in Brasile il primo procedimento fotografico e, come se non bastasse, lo chiama photographia anni prima che Sir John Herschel coniasse e utilizzasse il termine inglese photography davanti alla Royal Society di Londra. Uno sconvolgimento radicale di tutti i capisaldi della Storia della fotografia, e una conferma, al contempo, del fatto che i tempi erano maturi per la nascita di questa stupefacente «prima arte nella storia dell’uomo ad affidarsi a uno strumento scientifico-meccanico» (Peter Pollack via I. Zannier) .
Francese di nascita, figlio di un esattore delle tasse e di una esponente della piccola nobiltà, Hercule Florence si interessa fin dall’infanzia alle scienze e al disegno. Imbarcatosi sulla nave da guerra francese Marie Thérèze, nel 1824 sbarca in un Brasile appena affrancatosi dal Portogallo, finendo per stabilirsi a Campinas, nell’area di São Paulo. Artista visivo di una certa fama, riesce a impiegarsi come litografo; trova però il modo di dare corso ai suoi interessi scientifici e artistici unendosi a una missione di esplorazione e studio in Amazzonia promossa dal Barone von Langsdorff per conto dell’Accademia Imperiale delle Scienze di Russia. La spedizione fu funestata da malattie e incidenti: metà dei membri incorsero in cattiva sorte e lo stesso Barone finì per perdere lucidità e memoria a seguito di una gravissima forma di malaria. In questa circostanza difficile, Florence, senza distrarsi dall’obiettivo di studio, insoddisfatto della sola registrazione e documentazione della vita animale con i metodi tradizionali tra cui l’illustrazione, al fine di creare una forma di catalogazione originale (una sorta di opera unica) che includesse anche i suoni amazzonici, si dedica a coltivare la zoofonia: si trattava di un suo singolare metodo di notazione musicale del canto e dei versi degli animali della foresta.
Hercule Florence tradurrà la sua avventurosa esperienza in un libro dal titolo Voyage fluvial du Tieté à l’Amazone.
Tornato a Campinas, nel 1831 Hercule Florence tenta di sistematizzare il suo straordinario e singolare archivio, e al momento di stampare il suo libro scopre che il procedimento di stampa disponibile per i suoi manoscritti e le centinaia di illustrazioni a corredo non è adeguato.
Egli allora volge la sua attenzione a una risorsa sempre disponibile, che cerca di addomesticare a fini di stampa: la luce. A differenza dei fotografi che utilizzavano il procedimento fotografico per rappresentare il mondo, Florence inventa e usa inizialmente il procedimento fotografico per riprodurre documenti e manoscritti, già dal 1833. Con l’aiuto di un amico farmacista, nel 1832 Florence risolve il problema di riuscire a fissare permanentemente le immagini provenienti da camera obscura e realizzare fotogrammi grazie al nitrato d’argento apposto su carta. Si avvale della serialità, con più riproduzioni a contatto su un singolo foglio di carta fotosensibile grazie all’azione del sole: un approccio ben anteriore rispetto alla successiva carte de visite di Disdéri. Florence non utilizzerà comunque il procedimento fotografico per stampare il suo libro, avendo invece trovato un editore disposto a occuparsi della pubblicazione.
Nel 1839 il Jornal do Commercio, una testata di Rio de Janeiro, annuncia entusiasticamente l’invenzione del dagherrotipo: la natura può essere finalmente riprodotta grazie alla luce. La notizia colpisce Hercule Florence, che rilascia un comunicato stampa in cui specifica di aver inventato il procedimento fotografico e di utilizzarlo da anni. Il giornale di Rio che pubblica la dichiarazione di Florence invita il pubblico a leggere e a decidere se la paternità dell’invenzione della fotografia spetti all’Europa o al Brasile. L’Accademia delle Scienze di Parigi, a cui Hercule Florence si rivolge presentando la sua invenzione e documentandola, non risponde, e Florence, non senza amarezza, si rende conto di non avere alcuna possibilità di ottenere un riconoscimento ufficiale: tutte gli onori spettano a Daguerre.
La Storia va avanti. La dagherrotipia si diffonde, arriva in Brasile e lo stesso Pietro II, sul ciglio di essere nominato secondo (e ultimo) Imperatore del Brasile, si innamora della fotografia nel 1840 e nomina un «fotografo della Corona», ancora prima della Regina Vittoria d’Inghilterra.
Ingegno brillante, per tutta la vita Hercule Florence continua a realizzare invenzioni legate alla stampa, quali la poligrafia, banconote non falsificabili e, dimostrando rara tenacia, anche una tecnica di riproduzione chiamata «pittura solare». Eppure nulla trapela verso Occidente. Florence viveva infatti in un luogo remoto, isolato dai circoli scientifici e artistici che avrebbero potuto accogliere le sue scoperte.
Solo nel secolo successivo, nel 1973, Boris Kossoy, fotografo e storico dell’arte brasiliano, «scopre» Hercule Florence e inizia accurate ricerche che lo porteranno ad avere conferma, tramite la George Eastman House di Rochester, New York, della validità della notizia: è accertato ufficialmente che Hercule Florence abbia inventato e realizzato in modo documentato il procedimento fotografico nel 1833. Boris Kossoy pubblica infine un libro che narra la vicenda.
Inoltre, su iniziativa di Università brasiliane, gli studi di zoofonia di Hercule Florence sono raccolti da Jacques Vieilliard nel 1978; oggi sono parte dell’archivio dei Laboratori di Bio-Acustica, del Neo-Tropical Sound Archive e dell’Amazonian Sound Archive (2005). Hanno inoltre ispirato artisti contemporanei di diverse discipline, tra cui Michael Fahres con il suo Zoophonia – The Search For Sound del 1995.
Un tributo tardivo ma dovuto, a un nuovo protagonista della Storia della Fotografia, riscritta ancora una una volta e sempre in grado di stupirci.
Claudia Ioan, Direttrice del Dipartimento Didattica FIAF