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Luca Artioli, quando l'occhio vede e sente

LUCA ARTIOLI: QUANDO L’OCCHIO VEDE E SENTE

Luca Artioli è nato a Milano nel 1963. L’incontro decisivo con la fotografia arriva nell’anno 2000 e lo travolge a tal punto che lascia il mondo della finanza e decide di seguire la sua vocazione di fotografo.  “Luca Artioli Photographer and poet ” è il titolo del suo sito web  e insieme una sorta di autodichiarazione   riguardo la sua duplice natura d’artista che utilizza la luce e le parole in versi per restituirci mirabilmente stati d’animo e emozioni.: “Mi piace scrivere storie con foto e poesie

Interessante il connubio: Artioli non ricorre infatti alla poesia per spiegare le immagini e non utilizza le immagini per descrivere le poesie;  i due linguaggi  sono  di pari peso e valore e l’accostamento non relega l’altro alla funzione di supporto. E’ un magnifico esempio di come l’incisività e l’efficacia di due espressività così forti si ponga sulla stesso livello per il raggiungimento di uno scopo comune. La narrazione verbale – poesia – e  quella iconica-visiva – fotografia – diventano un unico strumento attraverso cui  Artioli dispiega il tema a lui più caro, quello della natura: si pensi  alle fotografie sulla Val Gardena (1999) o a quelle del libro “I Campi dell’Anima” (2002) o ancora a quelle della mostra “ArtDeconstruction” (2010 Miami) che pur rappresentando un tema architettonico lo declinano in una chiave di nostalgico richiamo alla natura dimenticata.

Immagine tratta dal libro “ I campi dell’anima”, 2002

La natura ha sempre illuminato il mio percorso artistico e mi ha dato il coraggio di vedere oltre la superficie”.  Coraggio che ha spinto il suo stile inconfondibile a dare voce anche ai suoni con il  progetto “Le stagioni della musica” : “Una sera al Teatro della Scala, le stagioni sono entrate nella mia anima. Ascoltavo ad occhi chiusi e, nel buio, la musica solleticava colori e forme. (…) Aiutate dal respiro, le immagini appena nate si sono alzate..”.

“Primavera immagine tratta dal libro “Le stagioni della Musica”, 2010

Ad un’attenta analisi del suo percorso dagli esordi ad oggi, ci accorgiamo quindi che non si tratta semplicemente di una scelta di soggetti che si susseguono all’interno di un unico tema ma piuttosto di una crescita in intensità, di una ricerca che scava sempre più a fondo.

 

Immagina tratta dal libro “Respiro Neve”, 2005

 Le immagini di Artioli sono le riflessioni di un animo che “vive e sente il mondo”, sono racconti in versi di sfaccettati e multiformi paesaggi naturali ed umani affrontati con la stessa poetica sensibilità e pacato rispetto:  in “Respiro Neve” la natura è sovrana, il paesaggio non lascia spazio all’uomo se non alle sue silenziose emozioni, in “Beyond the dark” invece l’uomo è muto protagonista di un sordo dolore. Artioli si avventura In ambedue i paesaggi con passo felpato e uno sguardo che non indaga ma piuttosto sonda: registra vibrazioni e le traduce in immagini attraverso un peculiare linguaggio fatto di giochi di luce, visioni, mossi e sfuocati, geometrie ai limiti del grafismo, sperimentazioni , commistioni e contaminazioni.

Immagine tratta da “Beyond in the Dark”, 2009

Ogni immagine di Artioli è un inno alla luce: alla luce fisica che gli consente di scrivere componendo immagini e a quella metaforica che riesce sempre ad emergere dal buio;  i suoi sono racconti di speranza attraverso i quali, come un moderno cantore, invita ad uno stato emozionale di incantata meraviglia. Niente, meglio dei versi di una delle sue poesie tratte dal libro “Respiro Neve” può farci riflettere  sulla ricchezza del suo sentire e vedere:   “Sono un collezionista di stupori.  Li raccolgo ovunque la grazia, il fato, il caso, il tempo mi permette di trovarli. Cammino con il mio bagaglio di stupore, cammino su strade facili e dritte, su quelle curve e in salita. Cammino con il cuore che batte e il corpo che suda di fatica. Cammino con le mie domande senza cercare risposte”.

 
 
Alessia Lombardi
Firenze, 26 febbraio 2012

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8 commenti

  1. Una simbiosi fra poesia e immagine con uno spiccato senso di positività, un equilibrio di emozioni dove l’immagine e la poesia percorrono sentieri apparentemente diversi ma uguali dal punto di vista emotivo.

  2. Le sfumature nei toni bassi e la tenue flessuasità delle linee del campo denotano capacità introspettiva che si esalta in una poetica raffinata. Nella foto della cascata l’autore si allontana dal dettaglio dei toni e delle linee, cercando una visione d’insieme, in cui la fluidità del mosso gioca con il contrasto del colore essenziale e puro. Semplicità e raffinatezza estetica.
    Nella terza foto l’occhio salta gli ostacoli per disperdersi nel bianco puro e nei grigi “innevati”.
    Nell’ultima foto “dita” minacciose paiono emergere dal buio a ghermire la “mala coscienza”.
    Sono foto che mostrano una grande sensibilità artistica ed un raffinato gusto estetico.

  3. Conoscevo le fotografie di Luca Artioli grazie a Lanfranco Colombo che me le aveva segnalate.
    Trovo di grande interesse vedere come la passione, l’intensità e il desiderio di raccontare ci arrivino dal commento e dalla selezione che Alessia ci ha proposto.
    Grazie.

  4. Nell’opera di Artioli i suoni naturali della parola ed il suo ritmo si fondono mirabilmente con quelli delle immagini.

  5. Trovo davvero complicato far convivere parole poetiche e fotografie in un unico progetto espressivo che raggiunga la necessaria sintesi concettuale. In questo senso, va dato atto ad Artioli di avere notevole coraggio autoriale a volersi cimentare in questa sfida.
    Sono tuttavia perplesso per le sue scelte fotografiche. Vi leggo difatti riproposizioni di soluzioni formali che mi appaiono già ampiamente indagate con successo in vari momenti della storia dell’immagine fotografica, e non solo, che ci precede. Questo senza che riesca a vedervi un qualche consapevole citazionismo ovvero un rinnovamento di senso in grado di attualizzarne gli esiti.

    1. E’ vero, affrontando Artioli il pensiero corre inevitabilmente all’individuazione di soluzioni formali già conosciute.
      In casi simili a questo, si tratta tout-court di citazionismo oppure al di la’del concetto di “mimesi”rispetto ad un modello, dobbiamo chiederci se ciò che intuiamo come “riproposizione formale”, non sia “ri-proposizione” ma “pro-posizione” ovvero la scelta di una “modalità espressiva” che a prescindere dall’ utilizzo di altri, il fotografo ritiene sia in linea con le sue corde ?
      Sono grata a Fulvio che da’l’opportunità di poter parlare insieme di questo. Offre inevitabilmente uno spunto di riflessione importantissimo perché, ermeneuticamente parlando, ci spinge a trattare il tema dell’ “intenzionalità” del fotografo e dell’interpretazione conseguente di chi osserva i suoi prodotti.
      In breve: L’”intenzione” è “ri-proporre” oppure rendere un contenuto (visivo) attraverso una precisa “modalità espressiva” che si viene quindi a configurare non più come mimesi avente mero valore ri-propositivo, non più “fine”, ma piuttosto “mezzo”?
      Pongo domande aperte nella piazza di Agorà, non asserzioni e prendo spunto da Fulvio per rilanciare un invito a chi volesse aderire con ulteriori osservazioni portatrici di nuove sfumature.
      Grazie Fulvio!!

  6. Quella di unire versi “visivi” e versi “scritti” è una modalità che condivido e che ho utilizzato anch’io; ritengo che il fotografo debba essere un artista (dipende dalla propria ricerca personale) e quindi, come scrive Mauro Manetti, direttore LABA Firenze, – essere in primo luogo un cercatore, egli scruta la realtà che lo circonda per poi tuffarsi dentro sé stesso cercando la sintesi tra sé e il mondo che lo circonda – , essere capace di raggiungere altri linguaggi da comunicare e da condividere per arricchire l’umanità.

  7. Ognuno di noi forse davanti ad un paesaggio fotografato ha ripercorso mentalmente versi di poesia
    osservare tra frondi / il palpitare lontano / di scaglie di mare”
    si è possibile che poesia e fotografia siano in stretto rapporto, chissà forse la fotografia con il suo potere simbolico e parziale della realtà suggerisce i versi al poeta un linguaggio di sintesi . o viceversa le parole e i sentimenti descritti dai poeti suggeriscono al fotografo il frammento di realtà e renderlo visivo.

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